In Italia circa 350 bebe’ l’anno arrivano dal ‘grande freddo’. Vale a dire che quasi un bambino al giorno nel 2009 (ultimi dati disponibili) e’ nato da ovuli congelati, crioconservati per consentire ad aspiranti genitori di diventare mamma e papa’ al momento giusto. A scattare la fotografia della situazione italiana per l’ADNKRONOS SALUTE e’ il ginecologo Mauro Schimberni, docente della II Facolta’ di medicina dell’universita’ Sapienza di Roma. Oltre al ‘popolo della provetta’, a ricorrere alla crioconservazione sono per lo piu’ pazienti oncologici, che cercano cosi’ di preservare la possibilita’ di avere un figlio in barba al male che incalza e a cure irrinunciabili. Ma le strutture pubbliche, per chi decide di crioconservare i propri ovuli, “sono per lo piu’ assenti – spiega Schimberni – in Italia contiamo su appena due o tre centri pubblici, presenti a Bologna e Milano”. E cosi’ per quelle donne che si ammalano di cancro, ma non vogliono rinunciare alla possibilita’ di avere un figlio “l’unica strada percorribile, dopo aver bussato alla porta dei pochi centri pubblici disponibili, resta quella del privato, con una spesa che si aggira tra i 2 e i 3 mila euro, accettabile ma comunque ingente”. Ma non ci sono solo malate di cancro e donne che ricorrono alla fecondazione medicalmente assistita tra quelle che decidono di congelare ovociti. La “nuova frontiera – precisa l’esperto – e’ costituita da quelle pazienti con una cultura medio alta, che decidono di crioconservare ovociti per posticipare la maternita’”. Queste donne “stanno bene in salute, ma vogliono realizzarsi sul lavoro e riusciranno a farlo solo attorno ai 35-40 anni. Cosi’ decidono di non mettere a rischio la loro voglia di maternita’”. A queste realta’ si aggiungono poi quelle “dei centri, gettonatissimi ad esempio in Spagna – riporta Schimberni – dove vengono raccolti ovociti, resi poi disponibili per quelle donne o coppie che ne hanno bisogno”. Quanto alle novita’ per gli addetti ai lavori, l’ultima frontiera per conservare al meglio ovociti passa attraverso la “vitrificazione, tecnica di origine giapponese perfezionata nel nostro Paese – spiega – che consente di evitare la formazione di cristalli: un limite intrinseco alla crioconservazione che finiva per danneggiare la struttura dell’ovocita”. I limiti imposti dalla legge 40, che vietava il congelamento di embrioni aprendo alla sola possibilita’ di crioconservare ovuli, “hanno consentito agli italiani di approfondire l’uso di queste tecniche, permettendoci di raggiungere importanti traguardi”. (Adnkronos 16-GEN-11)
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