di Luca Tremolada
Ne abbiamo sentite di tutti i colori. Ora basta. Proviamo a mettere un po’ di ordine.
Cosa sappiamo? Pokèmon Go è l’applicazione per smartphone più veloce a raggiungere la testa delle classifiche su iOS e Android. Quasi certamente è il gioco mobile più scaricato di sempre. Ed è la gioia degli azionisti di Nintendo. Il prezzo delle azioni è passato in una settimana da 16 a 25 dollari (per tutti i numeri e le curiosità finanziarie andate su Info Data). Chi ancora non sa di cosa stiamo parlando può trovare qui una mini-giuida. Tutti gli altri possono invece concentrarsi sul fenomeno mediatico dopo appena undici giorno dal lancio. In questo fazzoletto di tempo è accaduto di tutto, in termini mediatici, si intende: allarmi per la privacy dei più piccini, terrore di incidenti stradali, moniti alle famiglie. E poi il mercato nero degli account, l’invasione in aree segrete. Più della caccia al pupazzetto digitale, Pokémon Go ha scatenato un circo mediatico che non si vedeva dai tempi di World of Warcraft e della Wii, sollevando peraltro domande di natura legale di non immediata soluzione.
Come ad esempio: a chi appartiene la realtà aumentata? Si può impedire ai giocatori di giocare perché in luogo non è adatto? Chi decide dove compariranno i Pokémon? E ancora: se nel tuo appartamento Niantic (la società che ha il database e geolocalizza i Pokèmon) decide di aprire una “palestra” per far lottare i mostriciattoli, e arrivano stormi di fan nelle vicinanze con chi possiamo prendercela? Per quanto paradossale prima o poi qualcuno porrà in modo più serio il tema. Ma ora andiamo con ordine. (18 luglo 2016)
Fenomenologia della Pokémon-mania, tra bufale, incidenti e allarmi …
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