ndr. Abbiamo ricevuto, uscito in questi giorni, il volume “Fiori della lirica tedesca”, di Claudio Angelini, che fa seguito a “Poesia Tedesca” del 2008, di cui costituisce la seconda edizione (inviata anche al Sommo Pontefice )…
seconda edizione
Incoraggiato dal successo della prima edizione di Poesia Tedesca, consegno ora alle stampe questa seconda edizione, nuova nel titolo, arricchita di altri quattro poeti e di otto liriche per un totale di sessanta, e soprattutto corredata, a grande richiesta, del testo tedesco a fronte. In questo modo tutti coloro (studenti, ricercatori, appassionati) ai quali il presente volume darà occasione di accostarsi alla cultura germanica, potranno disporre d’uno strumento importante per estendere e approfondire i loro interessi. Ringrazio vivamente quanti con la loro disponibilità hanno reso possibile questo lavoro.
Claudio Angelini
http://www.claudioangelini.it/
FIORI DELLA LIRICA TEDESCA
di Sandra Avincola
Chi si avventuri in un viaggio nella poesia tedesca non potrà non verificare come in essa, sin dalle prime liriche dei cosiddetti Minnesänger (XII-XIV sec.), alcuni elementi si pongono come costanti, sì da riproporsi negli sviluppi successivi ch’essa conoscerà ad opera dei poeti d’epoca posteriore: una sensibilità di prim’ordine nei confronti della natura, vissuta in tutta la sua corposa fisicità (ma anche”occasione” da cui si dipanano le avventure spirituali più sublimi), nonché l’attitudine a confrontarsi con il proprio io interiore, a riflettere, meditare, discettare sulle infinite implicazioni che il rapportarsi di quest’io col mondo necessariamente comporta. La selezione che Claudio Angelini opera all’interno del vasto repertorio lirico tedesco, dai primordi sino alle avanguardie, tiene ben presenti questi due presupposti. Ed ecco che, al famoso Sô die Bluomen del Minnesänger Walther von der Vogelweide, un vero e proprio canto di gioia alle bellezze del maggio e della donna amata, fa da contrappunto Owê war sind verswunden, amara meditazione sul trascorrere del tempo e sul decadere d’ogni umano valore.
Com’è noto, una buona traduzione deve potersi basare sulla sicura competenza del traduttore in ambedue le lingue, quella di partenza e quella di arrivo; ma ciò ancora non basterebbe, se tale competenza attenesse esclusivamente al campo delle cognizioni linguistiche strettamente intese. Queste devono, al contrario, essere integrate dalla conoscenza delle distinte realtà, nei suoi molteplici aspetti, di cui tali lingue sono espressione: il che spiega perché l’atto del tradurre sia, in sé e per sé, così irto di difficoltà. Molte espressioni sono, infatti, a tal punto specifiche di un certo contesto ambientale e culturale, che trasporle sic et simpliciter in altra lingua non avrebbe alcun senso. In tal caso la bravura del traduttore consisterà, pur nel massimo rispetto possibile del testo originario, nel ricreare sotto forme diverse quel che per propria natura sarebbe intraducibile. Le difficoltà aumentano notevolmente quando si abbia a che fare con il testo poetico, un testo che basa la sua specificità, più che sui contenuti, sulla forma: vale a dire sul sistema dei suoni, sui tropi, sui ritmi. Nel caso di “Fiori della lirica tedesca” (Sovera Edizioni, 2009) di Claudio Angelini, il traduttore si destreggia fra due idiomi sostanzialmente molto diversi l’uno dall’altro, il tedesco e l’italiano. Le sue solide competenze linguistiche in ambo le lingue, se da una parte gli consentono di mantenersi sostanzialmente fedele al dettato originario, lo mettono in grado di superare con successo le difficoltà del trasporre in Italiano testi che un’intrinseca complessità strutturale può rendere polisemici. Tutto questo senza perdere mai di vista la necessaria riproduzione, sia pure nei modi e nelle forme proprie di una lingua neo-latina, della suadente musicalità del verso tedesco. Si prenda, come primo esempio, “Die Welt” di Christian Hofmann von Hofmanswaldau (1617-1679). Il testo originario è costituito da quattro strofe tetrastiche di versi alterni endecasillabi e decasillabi, con rime abab, cdcd, ecc. Angelini riesce a riprodurre lo schema originale, optando però per i soli endecasillabi e mantenendo invariato il rapporto delle rime. Il prodotto finale è assolutamente adeguato al modello:
Che cosa è il mondo e il suo splendore augusto?
Che cosa è il mondo, sede ampia e sfarzosa?
Meschino aspetto in uno spazio angusto,
rapido lampo in notte nuvolosa.
In altri casi, la volontà di rendere poeticamente la potenza delle immagini lo fa optare per un momentaneo abbandono della fedeltà al sistema delle rime, come nella riuscita trasposizione dal goethiano “Meeres Stille” (Calma di mare), dove l’alternanza originaria di ottonari e settenari si converte nella placida sequenza degli endecasillabi, meglio atti, in Italiano, a rendere la maestosa tranquillità di una distesa marina:
Profonda calma domina sull’acqua,
il mare posa senza movimento;
turbato, il navigante guarda intorno
la liscia superficie sconfinata (,,,)
Una delle voci poetiche della raccolta con le quali Angelini entra in maggiore consonanza è, a nostro avviso, quella di Hölderlin. La mai intermessa ricerca di un’unità profonda uomo-natura; l’aspirazione a riassorbire in un tutto armonico le distinzioni nette tra filosofia e poesia; l’anelito a fondere in un abbraccio ideale il sacro della religione cristiana e la solarità del mito greco: tutto quello, insomma, che costituisce il nerbo di una poesia sempre in bilico tra l’esaltazione e lo scoramento, è esemplarmente rappresentato nella traduzione che ne fa Angelini. Si guardi il famoso “An die Parzen” (Alle Parche), un testo nel quale si sono cimentate intere generazioni di traduttori, alcuni dei quali – come Giorgio Vigolo – illustri. La resa che ne fa l’autore ci restituisce, intatta, la musicalità che trasborda in nuove unità metrico-ritmiche grazie alla particolare incidenza degli enjambements:
L’anima che il diritto suo divino
non ebbe in vita, non avrà neppure
pace giù all’orco. Ma se mai ottenessi
la sacra poesia, che porto in cuore,
sii benvenuta, o quiete delle ombre!
Di limpida resa formale è anche la prima delle Elegie Duinesi di Rainer Maria Rilke, così ardue da trasporre in altra lingua, sia per la complessa partitura metrica che le caratterizza, sia per l’ispirazione simbolista che materia di sé l’itinerario lirico-filosofico del poeta praghese. Particolare cura dedica Angelini ai Sonetti ad Orfeo: si noti la suggestione della seconda terzina, in cui decide – molto opportunamente – di sottrarre dalla sua traduzione gli articoli indeterminativi (ein Hauch um nichts…ein When im Gott …ein Wind) per dare maggiore risalto significativo agli elementi di raffronto con cui Rilke identifica le assi portanti della vera poesia (quasi una dichiarazione di poetica, la cui l’importanza non sfugge all’acume del traduttore):
Impara, /scorda ciò che cantasti. Fu un momento.
il canto vero è un altro, soffio schietto,
che va in nulla. Soffio divino. Vento.
La multiforme capacità di Angelini di accordare e variare le sue corde conformemente alla natura del testo originario, si dispiega con non minore sicurezza nell’approccio ai poeti contemporanei, dal rumeno di lingua tedesca Paul Celan, quasi inabbordabile per la notoria oscurità dei suoi versi, a Hans Magnus Enzensberger: di quest’ultimo, Angelini rende pienamente il fondo satirico-polemico dell’unica poesia presente nella raccolta, Die Scheintoten (I falsi morti).
Amore per la poesia tedesca, dunque, e per la lingua che ne veicola i messaggi: condizione imprescindibile, insieme a una nativa capacità d’intendere e praticare i linguaggi della lirica,
di ogni genuina e riuscita “traduzione poetica”.
(s.a.)
Dal Vaticano, 29 Luglio 2009
Pregiatissimo Signore,
è pervenuto particolarmente gradito al Sommo Pontefice Benedetto XVI il volume Fiori della lirica tedesca, a Lui dedicato, che raccoglie significativi testi poetici di Autori tedeschi da Lei tradotti in rima e ritmo, e che Ella ha avuto la gentilezza di offrirGli in dono, in occasione del Suo soggiorno estivo in Valle d’Aosta.
Sua Santità desidera farLe giungere, assieme al’espressione dlla Sua cordiale riconoscenza per tale gesto premuroso e deferente di ossequio, il Suo apprezzamento per l’omaggio, testimonianza e frutto di competenza e di amorosi studi e, mentre auspica che la pubblicazione concorra a far conoscere sempre più i grandi temi e i valori umani e spirituali della civiltà germanica, formula cordiali voti per il prosieguo della sua attività letteraria e artistica e, invocando su di Lei e sulle persone care la protezione della Madre di Dio, è lieto di inviare la Sua speciaìe Benedizione, pegno di grazie divine e di ogni bene atteso nel Signore.
Profitto della circostanza per porgerLe cordiali saluti.
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