Il poeta corre incontro ai suoi sogni, e scalpita come un atleta sulla pagina bianca che è il suo purgatorio.

Il segreto della vita è di non fuggire: schierarsi a pié fermo e accettare la sorte qualunque sia.
Così attendo l’aldilà sereno e preparato: con tutto il bagaglio in spalla, all’erta come un soldato.

Quando sarà la mia ora, morte, riportami le scarpine da bimbo, i miei capelli dorati, gli occhi pieni di sole.

Mi presenterò alla dogana della morte con le braccia alte, come il prigioniero; le mani aperte, a tracolla la bisaccia dei peccati.
E non premi e non lodi chiederò, ma un riparo dal vento della notte, un angolo buio per dormire.

Poeta, ti hanno battezzato con l’acqua del temporale, alle torce dei fulmini, al coro dei tuoni, e negli occhi ancora ti geme la nuvola ferita che scese a benedirti.

Questo muovere d’onda che spinge l’uomo alla riva a ritmo di tempo e indovina l’approdo, e fa lieve l’incontro, in un ammainare di vele che rasserena -come la carezza della madre, il sorriso della sposa-, forse è il segno dell’eternità: la promessa che il cuore non muore.
Poiché la morte è la giovane amante che conduce al nido tenendoci per mano.

Francesco Boneschi (poeta)

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