In vacanza con la storia: crociera sul Nilo

Quanti di noi hanno sognato sulle pagine dei libri di storia studiando le vicende degli antichi Egizi, il mistero delle piramidi, i segreti dell’al di là, la maledizione della tomba di Tutankhamon, pensando di poter un giorno vedere dal vivo i templi di Abu Simbel o le tombe della Valle dei Re o i Colossi di Memnon?
Ebbene, ho avuto la fortuna di poter effettuare nel mese di maggio, una crociera sul Nilo alla scoperta di questo antico popolo e del glorioso passato del fiume Nilo.

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 IL VOLTO DELL'EGITTO DI OGGI, TRA PASSATO E FUTURO

Questo fiume, che nasce dal Monte Gikizi e sfocia nel Mediterraneo, scorre nella sezione settentrionale quasi interamente attraverso il deserto, dal Sudan all’Egitto, un paese la cui civiltà è dipesa dal fiume fin dai tempi antichi e più remoti. La maggior parte della popolazione egiziana e tutte le sue città (con l’eccezione di quelle situate lungo la costa) si trovano lungo la valle del Nilo a nord di Assuan, e quasi tutti i siti storici e culturali dell’Antico Egitto si trovano lungo le rive del fiume. Infatti il Nilo rende fertile le pianure delle sponde lasciando dall’altra parte le dune sabbiose del deserto lambire i confini dei campi lavorati. Il fiume è lussureggiante nello sciorinare la sua vegetazione, palme da dattero, sicomori, acacie coloratissime, e la sua fauna, bianchi aironi e anatre: dalla larga finestra della cabina della motonave sembrava di assistere ad uno spettacolo cinematografico.
Partendo da Milano, il volo ci ha portati a Luxor sulla Lady Mary che fa parte della flotta proprietà della Flash Tour, che ha altre sette motonavi. La nostra motonave è stata varata alla fine di maggio del 2004, è lunga 72 metri, larga 15, alta 11,50, ha un pescaggio di 1,7 metri raggiunge una velocità tra i 12 e 18 metri l’ora, ha 70 cabine, ha 65 dipendenti. Durante i pasti, poiché il ristorante si trova al piano più basso, ci siamo trovati al livello dell’acqua… E’ stato impressionante!
A bordo hanno regnato gentilezza da parte del personale e organizzazione impeccabile, tutto per rendere gradevole il soggiorno dei turisti: dal servire il tè o il caffè con pasticcini oppure pizza sul ponte alla serata araba e alle manifestazioni folkloristiche al bar.
La nostra guida si chiama Gabriel, splendido pifferaio magico che ci ha condotto attraverso le mirabili pietre dei luoghi magici della storia del suo Paese: il Tempio di Luxor, il viale delle Sfingi, le tombe della Valle dei Re, i templi di Abu Simbel, Ramesse III, Philae, Edfu, Karnak, Esna, la diga di Asswan, il Lago Nasser e i suoi grandi coccodrilli, l’isola Elefantina e la tomba dell’Aga Khan, il colorato villaggio Nubiano.

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 IL VOLTO DELL'EGITTO DI OGGI, TRA PASSATO E FUTURO

Il tempio di Abu Simbel, che si trova nel governatorato di Assuan, sulla riva occidentale del Lago Nasser, è uno dei più belli. Il complesso è composto da due enormi templi in roccia ricavati dal fianco della montagna dal faraone Ramses II nel XIII secolo a.C., eretti per intimidire i vicini Nubiani e per commemorare la vittoria nella Battaglia di Kadesh. Il sito archeologico fu scoperto nel 1813 dallo svizzero Johann Ludwig Burckhardt ma quasi completamente ricoperto di sabbia, fu violato per la prima volta nel 1817 dall’archeologo italiano Giovanni Battista Belzoni. Sulla facciata spiccano le quattro statue di Ramsete II, ognuna delle quali alta 20 metri, in ognuna il faraone indossa le corone dell’Alto e del Basso Egitto, il copricapo chiamato “Nemes” che gli scende sulle spalle ed ha il cobra sulla fronte. Ai lati delle statue colossali ve ne sono altre più piccole, la madre e la moglie Nefertari mentre tra le gambe ci sono le statue di alcuni dei suoi figli, riconoscibili dai riccioli al lato del capo. Sopra le statue, sul frontone del tempio ci sono 14 statue di babbuini che, guardando verso est, aspettano ogni giorno la nascita del sole per adorarlo. Una delle statue di Ramses è rimasta senza testa, infatti questa è crollata pochi anni dopo la costruzione del tempio a causa di un terremoto ed è rimasta ai piedi della statua. Nel crollo ha distrutto alcune delle statue più piccole che si trovavano nella terrazza del tempio, si tratta di rappresentazioni dello stesso faraone e del dio Horus (falco). Sopra la porta di entrata del tempio in una nicchia scavata nella roccia, c’è la statua del dio Ra’ Ho Akthi, è il dio falco unito al disco solare, la mano destra del dio poggia sullo scettro indicante trasformazione, detto WSR, mentre la sinistra poggia sull’immagine della dea Maat rappresentante la giustizia. Questi due simboli uniti al disco solare Ra’ si ritrovano nel cartiglio di incoronazione di Ramsete II, quindi il faraone vuole indicare che il tempio è dedicato sia al dio che a sé stesso. Ai lati della nicchia ci sono due altorilievi raffiguranti il faraone mentre fa offerta del simbolo della giustizia al dio. Ai lati delle statue poste presso l’ingresso ci sono delle decorazioni, c’è Hapy dio del Nilo, simbolo dell’abbondanza, che lega fiori di loto, simbolo dell’Alto Egitto, con i fiori di papiro, simbolo del Basso Egitto, per dimostrare l’unione del paese. Sotto queste scene, nel lato destro, sono rappresentati dei prigionieri asiatici legati con corde che terminano con il fior dei papiro, simbolo del Nord, mentre nel lato sinistro, sono rappresentati dei prigionieri africani legati con corde che terminano con fiori di loto, simboli del sud. L’entrata del tempio conduce alla grande sala dei pilastri, otto dei quali raffigurano il faraone con sembianze di Osiride, si tratta di statue alte 11 metri. Nel soffitto ci sono disegni incompiuti che rappresentano la dea Mut, che protegge il tempio con le sue ali distese. Le pareti della sala nel lato destro sono ricoperte di scene che rappresentano la vittoria di Ramses nella battaglia di Kadesh combattuta contro gli Ittiti. Nel lato sinistro ci sono altre imprese di Ramses. Da qui si entra nella sala più piccola del tempio, detta dei nobili, con quattro pilastri quadrati coperti da rilievi raffiguranti il faraone con varie divinità. Sulle pareti c’è il faraone mentre offre profumi ed incensi alla barca di Amon, seguito dalla moglie, la regina Nefertari. Questa sala conduce al Sancta sanctorum. Da sinistra Ptah, Amon-Ra, Ramses II deificato e Ra. Il Santuario contiene quattro statue sedute che guardano verso l’entrata, che a sinistra a destra raffigurano Ptah (dio dell’arte e dell’artigianato), Amon-Ra (dio del sole e padre degli dei), Ramses II deificato e Ra (il falco con il disco solare).

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 IL VOLTO DELL'EGITTO DI OGGI, TRA PASSATO E FUTURO

All’epoca queste costituivano le divinità più importanti del panteon egiziano. Qui, grazie all’orientamento del tempio calcolato dagli architetti, due volte all’anno, il 21 febbraio, il giorno della nascita di Ramses II, ed il 21 ottobre, giorno della sua incoronazione il primo raggio del sole si focalizza sul volto della statua del faraone. I raggi illuminano parzialmente anche Amon-Ra e Ra-Harakhti. Secondo gli antichi egizi i raggi del sole avrebbero così ricaricato di energia la figura del faraone. Il dio Ptah considerato dio delle tenebre non viene mai illuminato. Dopo lo spostamento del tempio non si è riuscito a replicare questo fenomeno.
A nord del tempio maggiore, a un centinaio di metri, si trova il tempio, scavato nella roccia, dedicato ad Hathor ed a Nefertari moglie di Ramses. La facciata è ornata da sei statue alte 10 metri, tre ad ogni lato della porta di ingresso. Le statue raffigurano quattro volte Ramses e due Nefertari. Ai lati delle statue del faraone ci sono i figli in dimensioni minori, mentre ai lati di Nefertari sono raffigurate le figlie. È l’unico tempio egizio dove una regina ha la stessa importanza del faraone. L’entrata del tempio conduce ad una sala contenente sei pilastri alti 3,20 metri sulla cui sommità vi sono le teste di Hathor. Sui pilastri ci sono iscrizioni che raccontano la vita del faraone e della regina e rilievi colorati che rappresentano sia Ramses che Nefertari con alcune divinità. Alle pareti vi sono scene del faraone e della moglie che offrono sacrifici agli dei. L’ultima sala è quella con la statua della dea Hathor.
Con la testa rivolta al soffitto, gli occhi estasiati dalla bellezza delle immagini circostanti, dalla grandezza e maestosità delle dimensioni delle statue, noi visitatori ci immergiamo in un mondo retto da una affascinante simbologia, complessa e poetica, che cerchiamo di capire. Gabriel si emoziona nel parlare di questo tempio e ci trasmette il suo amore. Approfitto per porgergli alcune domande.

-Dove sei nato, Gabriel?
A Luxor.

-Com’è la situazione di questa città oggi?
Da quando c’è stata la rivolta, il panorama è incerto perché le attività sono principalmente nel campo turistico e tanti negozi sono chiusi, molte motonavi ferme, gli alberghi sono vuoti: stiamo aspettando l’arrivo del nuovo Presidente.

-Come mai hai studiato la lingua italiana e ti sei così appassionato alla nostra civiltà?
Ho sempre avuto contatti con gli Italiani, ho lavorato con un’impresa milanese di costruzioni a Luxor, quella che ha eretto lo Sheraton.

-Ti rechi spesso in Italia?
Sì, perché conoscere l’Italia mi aiuta anche nel mio lavoro: spesso faccio paragoni, anche se non è giusto.

-Come vedi il futuro del tuo Paese?
Spero che sarà meglio di prima: è normale che dopo ogni rivoluzione ci sia disordine, caos, però l’uomo deve ritornare alla sua normalità. E il carattere dell’egiziano è di amare l’ordine, la parità, la giustizia, la pace. E’ anche un popolo ambizioso: il governo in passato l’ha un po’ abbandonato, avrebbe dovuto stimolarlo. Vedo che quelli che hanno avuto occasioni oppure sono emigrati all’estero hanno avuto successo perché hanno lavorato e hanno trovato chi apprezza il loro impegno e sono stati anche ben pagati. L’Egitto è un Paese moderato, ha un ruolo molto importante per tutti i Paesi Arabi, che aspettano che noi superiamo il nostro problema e otteniamo un Presidente che governi tutti gli Egiziani per i Nubiani, i Musulmani, i Cristiani, i Beduini, e non solo una categoria.

Kifaya è oggi il contenitore di molta dell’insoddisfazione al regime di Mubarak. Dai liberali agli islamisti, dagli ex marxisti agli antiamericani. Cairo non è ancora come Beirut, ma il paesaggio egiziano si sta facendo più mosso. A seguito delle sommosse popolari in Egitto del 2011, il 12 febbraio 2011, il Presidente Mubarak si è dimesso. Il Primo ministro Ahmed Shafiq, da lui nominato, è rimasto in carica fino al 3 marzo 2011: giorno in cui si è insediato il nuovo primo ministro Issam Sharaf, scelto dal Consiglio supremo delle forze armate, per traghettare l’Egitto al referendum sugli emendamenti alla costituzione e alle elezioni presidenziali e legislative che daranno un volto nuovo al paese. I gravi incidenti nuovamente esplosi nella seconda metà del novembre del 2011 hanno portato alle dimissioni anche questo gabinetto e il Consiglio Supremo militare ha allora incaricato di formare una nuova compagine governativa un politico della vecchia nomenclatura, accreditato di personale onestà, comunque legato tuttavia al deposto regime di Mubarak. La condanna di Moubarak all’ergastolo, l’incertezza del risultato delle elezioni, la povertà estrema, il calo del turismo, una delle fonti di ricchezza del Paese (da 320 barconi che lavoravano sul Nilo si è arrivati a 20) rendono il quadro politico e sociale instabile.

-Dai tuoi commenti si capisce che sei innamorato del tuo Paese: che cosa ti ha trasmesso il grandioso passato dell’Egitto, la sua bellezza?
Mi ha lasciato un amore profondo: ogni volta che parto, non resisto lontano, ho radici molto profonde qui. Abbiamo un cielo aperto, siamo abituati a vedere il sole, la luna, le stelle e non sappiamo vivere al chiuso.

-Quale è la posizione degli Italiani nei confronti del vostro Paese? Lo ammirano?
Gli Italiani amano l’Egitto come io amo l’Italia. Fino a qualche anno fa quello italiano era il turismo più importante come numero e come qualità. Ora però è quello russo.

-Quali sono i punti di forza dell’Egitto in economia a parte il turismo?
Il petrolio, il canale di Suez,

-Durante la visita al mercato di Edfu, abbiamo visto il negozietto sulla strada dove gli Egiziani hanno l’abitudine di fermarsi per fare colazione: cosa hanno l’abitudine di consumare al mattino?
Le fave (full medamas) che sono alla base delle polpette dette taamia. Con il nostro pane arabo è facile fare il panino che può essere farcito con pomodoro, polpette, un po’ di verdura (lattuga). Per noi è come cemento armato: chi mangia fave al mattino rimane sazio fino alle prime ore del pomeriggio.

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 IL VOLTO DELL'EGITTO DI OGGI, TRA PASSATO E FUTURO

-Altri piatti tipici?
Mulukhia: verdura stagionata, paragonabile ai vostri spinaci, tritata in brodo di carne, di pollo e si mangia con il pane. Poi c’è il bamia, ocra o cornetto greco che può essere mangiato in due modi o è tritata o tagliata a pezzi come le zucchine e salsa di pomodoro soprattutto d’estate, infine il koshari, insieme di pastasciutta, riso, lenticchie, ceci e salsa di pomodoro.

Gabriel esprime le incertezze e le speranze dell’Egitto di oggi, nel tentativo di conciliare la tradizione e la modernità. Da tempo la letteratura si è fatta portavoce dei fermenti politici e sociali: oltre al notissimo Naguib Mahfouz (1911-2006, Vicolo del mortaio, Storie del nostro quartiere, Tra i due palazzi, Il Palazzo del desiderio), Premio Nobel per la Letteratura nel 1988, ricordiamo ‘Ala Al-Aswani (Piccolo Yacoubian), nato al Cairo nel 1957, che esercita anche la professione di dentista, e le scrittrici Radwa Ashur, nata al Cairo nel 1946, il cui romanzo più famoso è Granada, del 1994, Salwa Bakr, nata nel 1949, una delle prime scrittrici egiziane ad aver acquisito una certa fama al di fuori del suo paese, Nawal al-Saadawi (1931, Ho imparato ad amare -1957-, la novella Memorie di una dottoressa -1958-, Firdaus. Storia di una donna egiziana), psichiatra, nonché militante femminista, che ha perorato contro la mutilazione genitale femminile e tante altre.

“Per la sua amata Rabab Zaki bey fu costretto a sopportare moltissime seccature. Dovette trascorrere notti intere al bar Cairo, in un luogo sudicio, angusto, poco illuminato e senz’aria, quasi soffocato dalla folla e dal fumo di sigarette. Il volume assordante dello stereo, che trasmetteva ininterrottamente le canzoni più popolari e triviali, l’aveva reso quasi sordo. Per non parlare dei litigi e delle zuffe fra gli avventori – una mescolanza di manovali, malfattori e vagabondi -, delle coppe di brandy di infima qualità che era costretto a trangugiare, dei conti spropositati, pieni di errori madornali che fingeva di non vedere” (‘Ala Al-Aswani, Palazzo Yacoubian, Feltrinelli, p. 12).

“La contrarietà alle donne è universale e non riguarda solo il mondo arabo. Penso al fronte cristiano, ai cosiddetti ‘valori della famiglia’ con doppio standard; e poi il radicamento dell’idea di verginità obbligatoria, i cosiddetti ‘delitti d’onore’, le mistificazioni culturali, le violenze fisiche e psicologiche…” Nawal al-Saadawi

DESERTO

Scavo a mani nude
nella sabbia,
con rabbia:
deserto,
rendimi,
restituiscimi
le radici nascoste della mia anima
assetata della tua luce
e dei tuoi miraggi.

L’hai rubata al mio paese.

Fausta Genziana Le Piane

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