Vittorino Andreoli, perito nel processo a Maso: la morte è diventata banale
Lo psichiatra Vittorino Andreoli
Il caso di Pietro Maso, che con tre amici, a Montecchia di Corsara, uccise i genitori per motivi di eredità, risale al 1991. Con la strage di Novi Ligure, del 2001, il massacro di Verona torna fatalmente alla memoria ogni volta che avviene un parricidio e/o un matricidio. Lo psichiatra Vittorino Andreoli eseguì, per i pm, la perizia sul giovane Maso: da quell’esperienza uscì un libro.
Professor Andreoli, a quanto pare il delitto di Ferrara non avrebbe al centro un movente economico. Secondo lei, ci sono comunque delle analogie con il caso Maso?
«Il confronto è quasi obbligato per mettere in evidenza come si possa andare oltre. Allora l’omicida voleva eliminare l’ostacolo dei genitori che non concedevano al figlio il denaro per l’acquisto di un’automobile molto costosa. Lo scopo del delitto era accaparrarsi l’eredità di un miliardo e mezzo di lire. Qui si tratta di due adolescenti, più giovani di Maso, che hanno ucciso per motivi, a quanto si sa, ancora più futili: una questione di risultati scolastici… Come allora c’è stata una premeditazione, come allora è stato coinvolto un amico (là erano tre), come allora non si può parlare di atto automatico, ma di atto organizzato.
Organizzato in modo ingenuo, se è vero che i due non sono riusciti a occultare le loro tracce e sono capitolati subito di fronte ai carabinieri.
«Nonostante la premeditazione, colpisce che l’arma del delitto sia un’ascia, inadeguata a uccidere, se non sei un professionista. Maso e i suoi amici usarono delle spranghe e persino una pentola. Il che dimostra come la voglia di ammazzare, oggi come allora, abbia il suo fondamento in una pulsione immediata: deve essere soddisfatta in qualunque modo e con qualunque mezzo, anche improvvisato. Direi che la premeditazione c’è ma è un po’ stupida, priva di una tecnica all’altezza sia prima sia durante sia dopo. E il fatto che sono stati promessi mille euro all’amico rende ancora più protagonista il figlio».
di Paolo Di Stefano
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