Il fondatore dell’associazione raccoglie l’appello del Comitato del comune del cosentino dove si muore per mancato soccorso, lanciato dal nostro sito. “Accerteremo se il bisogno è reale. Ma serve che la Regione Calabria ci autorizzi a intervenire. Potremmo creare un ospedale dove nessuno paga il ticket. E restituire il 30% dei rimborsi, che in genere sparisce”

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 STRADA: PRONTO SOCCORSO A PRAIA A MARE, EMERGENCY PRONTO ALLA 
 SFIDA

Gino Strada: “Pronto Soccorso a Praia a Mare, Emergency pronta alla sfida”ROMA – Contatto. Gino Strada ha raccolto l’appello del Comitato dei cittadini di Praia a Mare, in provincia di Cosenza, dove la dismissione del locale ospedale ha lasciato 60mila persone, distribuite in una quindicina di comuni, prive di un Pronto Soccorso. La richiesta: sia Emergency a creare una sua struttura per l’intervento d’urgenza. Che ridia serenità a una comunità che si sente abbandonata dallo Stato.
Dal centro di cardiochirurgia “Salam” di Emergency a Soba, 20 chilometri da Khartoum, in Sudan, la voce di Strada giunge forte e chiara. Per dire che Emergency c’è, per Praia a Mare come per chiunque anche in Italia abbia bisogno. Ma occorre la collaborazione delle istituzioni: la Regione Calabria si dimostri pronta non solo ad autorizzare l’intervento di Emergency, ma anche a raccogliere la sfida di una “medicina al di fuori del profitto”.
Da Praia a Mare arriva questa richiesta di aiuto per porre rimedio all’emergenza creatasi con la chiusura dell’ospedale. Ovvero, manca un pronto soccorso. Emergency può realisticamente fare qualcosa?
“Io ho parlato con le persone del Comitato di Praia a Mare. Dobbiamo innanzitutto renderci conto della situazione, penso che qualcuno dell’Ufficio Umanitario di Emergency andrà a constatare di persona i bisogni, la situazione. Poi, è chiaro che per la nostra associazione aprire qualsiasi progetto sanitario in Italia non può prescindere da una collaborazione con le istituzioni. Senza un’autorizzazione della Regione, perché la Sanità in Italia è, aggiungo purtroppo, regionale, non si può fare nulla, anche da un punto di vista legale. Se ci fosse questa disponibilità e verificati i bisogni, certamente. Emergency interviene in molte parti d’Italia, non c’è ragione per cui non dobbiamo dare una mano lì se il nostro lavoro serve”.
Conoscere bene la situazione, dice lei. Al di là dei casi di morti per mancato soccorso riportati dalla stampa, quali altri aspetti vanno accertati?
“Credo che bisognerebbe conoscere la realtà del territorio, capire quel posto che tipo di servizio può offrire, come è distribuita la popolazione. Anche perché mettere in piedi un Pronto Soccorso, una struttura d’emergenza, se questa struttura deve riferire i pazienti da un’altra parte c’è tutta una logistica da valutare. Ma questi sono aspetti successivi e che quasi sempre si riescono a risolvere. Il problema di fondo resta quello di avere o non avere una collaborazione a livello della autorità sanitarie, delle istituzioni, di coloro che hanno la responsabilità. Non decide Emergency. La nostra disponibilità c’è, per Praia a Mare e per tutta Italia. Ancora una volta aggiungo purtroppo. Perché trovo sconvolgente che si richieda ad Emergency di intervenire in Italia. La dice lunga sullo sfascio a cui si è arrivati nella Sanità italiana”.
L’appello di Praia a Mare ha avuto una grande esposizione grazie a Repubblica.it. Ne avete ricevuti altri simili?
“No, devo dire che una richiesta del genere è molto particolare, credo sia la prima volta che la riceviamo. In tutti gli altri nostri interventi in Italia si tratta di situazioni di disagio, di discriminazione, ma comunque situazioni croniche. A Praia a Mare, invece, si tratta di una situazione con le caratteristiche della vera emergenza”.
Esiste una problematica di tipo economico che potrebbe ostacolare l’operazione?
“Non posso dirlo, io adesso non conosco neanche la situazione dell’Ospedale di Praia a Mare, del presidio sanitario che è stato dismesso. Quindi non so in che condizioni sia, come sia l’equipaggiamento. Ma se c’è volontà di collaborazione da parte della Regione Calabria io credo che si possano fare le cose. Farle bene e con dei costi giusti. Intendo dire che sulla Sanità bisogna spendere non un euro di più né uno di meno. Bisogna spendere quanto serve. Per far questo bisogna eliminare tutto quello che va sotto le voci profitto, malagestione, spreco, corruzione o quant’altro. Ecco, questo noi lo possiamo garantire, a Praia a Mare come ovunque in Italia”.
Un ospedale di Emergency. Come sarebbe?
“Se noi gestissimo un ospedale in Italia, essendo Emergency un’organizzazione privata, oggi avremmo bisogno di convenzionare Emergency con la Regione, come se fosse una clinica privata. Però potremmo dare vita a un ospedale diverso da una clinica, un ospedale dove nessuno paga un centesimo, neanche il ticket. Dove si è accolti non solo con professionalità, ma anche passione, attaccamento e interesse per i problemi dei pazienti. Credo che facendo questo, e avendo accesso ai rimborsi come qualsiasi altra struttura sanitaria, alla fine di ogni anno potremmo restituire alla Regione che ci ospita almeno il 30% di quanto ci è stato rimborsato. Il 30% che in genere sparisce in quelle voci di cui sopra. La sfida non ci fa paura. Bisogna trovare una Regione disponibile ad accettare questa sfida: vedere cosa può essere la medicina al di fuori del profitto”.
Emergency è stata sempre associata all’intervento in zone di guerra, alcuni lettori hanno commentato: l’Afghanistan è qui.
“Starei attento a fare questi paragoni, perché si rischia di andare fuori tema. La guerra è guerra, quella della Calabria immagino sia una situazione di forte disagio sociale per una Sanità che non funziona o che, in qualche modo, è stata amputata. La mia riflessione è di ordine generale. Nel nostro Paese oggi si sta svolgendo una guerra contro i poveri, contro gli strati sociali più deboli. Soprattutto in alcuni settori chiave, come la Sanità. La Sanità italiana era la migliore del mondo fino a una ventina di anni fa, ora è diventata un grande supermercato. Demotivando molti medici, ma soprattutto infermieri. E la Sanità si basa soprattutto sugli infermieri, più che sui medici. Demotivando chi ci tiene a lavorare bene e con passione. E’ preoccupante che accada questo in Italia”.
Emergency ha un suo poliambulatorio a Polistena, in provincia di Reggio Calabria: il contatto con quella realtà che tipo di fotografia restituisce?
“Girando con gli ambulatori mobili di Emergency o guardando le attività dei nostri poliambulatori fissi a Polistena come a Palermo, a Marghera (Venezia), scopriamo tutti i giorni che c’è una situazione inimmaginabile. In Italia esistono sacche di vera e propria schiavitù, eppure non se ne parla. La prospettiva medica è una delle più facili, perché lì i problemi vengono a galla più direttamente, in modo più evidente” (di PAOLO GALLORI)

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