di Alessandra Antonelli
(ANSA-ANSAmed) – AMMAN, 27 APR – I partiti che riusciranno ad arruolare piu’ donne nei loro ranghi avranno piu’ finanziamenti pubblici: questa l’ultima ‘trovata’ dei legislatori giordani per dare nuovo impulso alla presenza femminile nella vita politica del regno hascemita. La strada che conduce alla piena emancipazione politica delle donne giordane, iniziata nel 1944 con la nascita della prima ‘Unione delle Donne’, e’ ancora in costruzione e l’attuale proposta di legge sui partiti ne rappresenta solo l’ultima tappa. Una proposta che, pur criticata, ha il pregio di mettere nero su bianco l’indispensabilita’ della partecipazione femminile nella vita politica dei partiti, base e dirigenza. Per accedere ai finanziamenti, almeno il 10 per cento di un partito deve essere costituito da donne. Ancora un 10 per cento deve essere riscontrabile nel segretariato generale e qualora la loro presenza dovesse eccedere il 20 per cento, il partito avrebbe diritto a ulteriori sovvenzioni.”Non possiamo che apprezzare gli sforzi di questa legge”, ha detto ad ANSAmed Amal Sabbagh, segretaria generale della Commissione Nazionale delle Donne ”ma ci sarebbe piaciuto vedere delle percentuali anche per le posizioni decisionali”, aggiunge. Il meccanismo che introduce una quota minima femminile cinicamente riassumibile con la formula ”piu’ donne, piu’ fondi” e’ un aspetto che preoccupa anche l’Organizzazione delle Donne Arabe. ”Il rischio e’ che si finisca con il porre l’accento sulla quantita’ piuttosto che sulla qualita”’, ha osservato la direttrice Leila Hamarneh. Per ovviare al pericolo, molte associazioni femminili si stanno preparando per emendare l’articolo che le riguarda. L’entrata in politica delle donne giordane risale al 1974 quando venne loro riconosciuto il diritto al voto. Dal 2003, grazie all’adozione di un ‘quota system’, le donne giordane sono anche una presenza, minima ma certa, nei centri legislativi ed esecutivi del potere: 6 le parlamentari, 7 le senatrici (su nomina) 4 i ministri. Un inizio che reclama un seguito: stando ai dati dell’Unifem, l’agenzia delle Nazioni Unite per le donne, la rappresentanza femminile nei parlamenti in Medioriente e’ tra le piu’ basse al mondo, con un complessivo 6,9 per cento. In Europa la percentuale e’ del 39,7 per cento. La donna, la sua crescita nella societa’ e il suo contributo allo sviluppo del paese e’ tra i punti cardine di una serie di riforme che la Giordania ha intrapreso gia’ dal 2000. La principessa Basma, sorella dello scomparso re Hussein e instancabile attivista, ha recentemente esortato le donne ad entrare nelle realta’ politiche locali ma nonostante l’introduzione di meccanismi legali ed educativi,il numero delle donne coinvolte in attivita’ politiche rimane estremamente esiguo. Per un duplice ordine di fattori. ”Innanzitutto la resistenza culturale”, ha spiegato Sabbagh, alludendo alle forti tradizioni patriarcali della societa’ giordana. ”Ma anche per un sistema politico e partitico ancora in rodaggio”. Fino ad un decennio fa, nel regno, non esistevano nemmeno i partiti.Piu’ ottimista Munira Shabaan, direttrice della Federazione delle Professioniste. ”Sempre piu’ donne giordane sentono il bisogno di imparare, di offrirsi un’alternativa al modello di vita che gli e’ stato imposto, di partecipare al processo di sviluppo del proprio paese”, ha detto. Anche lei riconosce pero’ che la strada sia ancora in salita per la diffusa disinformazione e insiste sull’urgenza di ”esperti e progetti che illustrino la necessita’, le possibilita’ e il vitale significato di una attivo contributo femminile alla vita politica”.
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