“Morandi è il poeta delle “cose ordinarie”, è il cantore di quelle realtà che per Carrà (a lui si deve la definizione) “operano sul nostro animo in quella guisa così benefica che raggiunge le estreme vette della grazia, e chi le abbandona crolla inevitabilmente nell’assurdo, cioè nel nulla, sia plasticamente che spiritualmente”, così Lorella Giudici in Giorgio Morandi (Lettere a cura di Lorella Giudici, Abscondita, 2004) riporta una valutazione di Carlo Carrà in Pittura metafisica (Vallecchi, Firenze, 1919). Continua Lorella Giudici: Ma Morandi non dipinge semplicemente le cose: prima di tutto le sceglie e, fra le tante possibili seleziona quelle che per forma, storia e contenuto sente più vicine; poi le dispone, le ordina in composti e scrupolosi insiemi e, infine, lascia che si raccontino, che svelino gli heideggeriani segreti del loro essere nel mondo, che perpetuino, con la loro semplice presenza, l’illusione di una quotidianità eterna, immutabile (op. cit. p. 131).
Queste parole ci introducono immediatamente nel cuore della mostra che dal 28 febbraio fino al 21 giugno 2015 è visitabile al Complesso del Vittoriano.
Si tratta di una nutrita selezione di opere – oltre100 – che delineano l’itinerario artistico del pittore nel tempo organizzato secondo alcuni temi fondamentali, sempre ripetuti e sempre costantemente rinnovati: autoritratto, nature morte – spesso di conchiglie -, paesaggi e fiori.
A proposito delle conchiglie rappresentate in tutte le posizioni, c’è da sottolineare il valore simbolico di questa scelta: Botticelli o Tiziano hanno rappresentato numerose Nascite di Venere illustrando l’associazione tra fecondità e piacere sessuale (la conchiglia richiama l’organo sessuale femminile). Dunque, bellezza, vita.
La scelta delle opere è stata attuata tenendo conto di tutte le tecniche in cui il grande maestro bolognese si è espresso: pittura, incisione (sono esposte alcune lastre originali conservate nei depositi della Calcografia Nazionale di Roma), acquerello e disegno, in una ricerca, che si è svolta in parallelo, spesso intersecandosi. Fu grazie all’opera incisoria, che fu riconosciuta prima di quella pittorica, che Morandi ottenne, per chiara fama, la cattedra d’incisione all’Accademia di Bologna.
Il percorso narrativo inizia con le opere di esordio degli anni Dieci la cui ispirazione spazia da Cézanne alle aperture verso le avanguardie europee. Fondamentale, subito dopo, già nel 1920, il suo avvicinamento alla realtà in sintonia con “il richiamo all’ordine” che si propaga in tutta Europa nel primo dopoguerra e che nel pittore bolognese coincide con il recupero delle “cose” e con un nuovo senso della luce e dello spazio. In questi anni Venti Morandi formula tutti i “motivi” della sua pittura che svilupperà, variandoli, nei decenni successivi.
Con gli anni Trenta, e ancora nel decennio successivo, Morandi si allontana dalla verità testuale. Nelle nature morte l’insieme degli oggetti si sfalda in una struttura compositiva che tende ad allargarsi: i profili sono incerti. A partire circa dalla seconda metà degli anni Trenta, i Paesaggi di Grizzana (da cui non si allontanava mai, lavorando assiduamente nel suo studio) e del Cortile di Via Fondazza assumono un’impronta drammatica.
Pittura ridotta all’essenziale attraverso uno zoom estremo (usava un cannocchiale) che esclude l’orizzonte dal campo visivo. Negli anni Quaranta ritroviamo nel Paesaggio una rinnovata chiarezza formale. Anche la serie di Nature morte degli anni Quaranta dimostrano il lento procedere per minime variazioni sullo stesso tema.
Altro tema ricorrente negli anni Quaranta e Cinquanta è quello dei fiori in cui Morandi subisce le suggestioni di Renoir e dell’arte orientale.
Nelle opere dei primi anni Cinquanta la composizione si semplifica, il registro cromatico si riduce.
In una ricerca parallela, anche negli assolati Paesaggi, si fanno più insistenti le campiture geometriche stilizzate, i rapporti cromatici si riducono avviandosi verso una smaterializzazione della realtà nella luce.
Le opere dell’ultimo Morandi sono di piccolo formato, i motivi hanno variazioni sempre più complesse, la forma, più stilizzata, è ai limiti dell’astrazione.
Fausta Genziana Le Piane
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