di Nadia Angelini

Come il XVI era stato il secolo della riscoperta di Roma e il XIX sarà il secolo della scoperta della Grecia, così il XVIII nasce sotto l’egida della rivalutazione dell’Etruria. ll primo tentativo di sintesi sulle conoscenze lasciate dal mondo antico relativamente all’Etruria risale al “ De Etruria regali” che lo scozzese Th. Dempster, scrisse fra il 1616 e il 1619 e che invece venne valorizzato soltanto dalla prima metà del settecento, poiché inizialmente fu ritenuta non esatta e poco rispondente a ciò che gli Etruschi e le loro terre rappresentarono nello scenario complessivo italiano. C’è da ricordare intanto che già dal 1726 era stata fondata l’Accademia Etrusca , però sostanzialmente si può affermare che a causa di quello studioso si sia giunti a notizie certe che l’etruscologia moderna prese in esame studiandone ogni molteplice aspetto. A metà del IX secolo queste genti ed il loro iter storico, si venò di spunti nazionalistici cui fece da sfondo il movimento del Risorgimento italiano. Il nuovo secolo portò con sè infatti una intensissima esplorazione soprattutto delle necropoli dell’Etruria meridionale. Oggi si può affermare che la veridicità di affermazioni che si è in grado di fare , sono frutto delle scoperte importantissime e dai risvolti decisivi che ne conseguirono. Le più minuziose riguardarono in primis l’Etruria Meridionale e sono senz’altro da riferirsi a Tarquinia, Vulci, a Cerveteri, a Perugia, a Chiusi. Questo periodo storico fu quanto mai fecondo ed insieme al fervore patriottico del desiderio di una Italia unita, sembrarono brulicare attività di studiosi italiani intorno al fenomeno “Etruscologia”, che insieme agli approfonditi studi del Lanzi, si esplicò in una monumentale Pubblicazione “Corpus Inscriptionum Italicarum”
La lingua etrusca… questa sconosciuta! Ebbene nell’utimo periodo del secolo in esame, gli studi sulla lingua etrusca presero un deciso orientamento critico.
Molti studiosi si distinsero in questi approfonditi esami tra gli altri, W. Corssen, W. Deecke, C. Pauli, S. Buggele ed ognuno di loro ebbe come intento il risolversi dei metodi di interpretazione e della appartenenza o meno dell’etrusco, al gruppo delle lingue indoeuropee. In quello stesso momento s’imposta anche il problema dell’ origine degli Etruschi, non più soltanto sulla base delle fonti letterarie antiche e delle congetture linguistiche, ma anche in rapporto alle nuove scoperte sulle fasi primitive della civiltà dell’Etruria.
Sono indagini compiute a tutto campo; nulla è lasciato al caso e sembra che gli albori di quel Risorgimento che stava attuando la sua più bella favola, l’Unità d’Italia, avvertisse anche, forte e propulsivo, il bisogno di sapere tutto e di più su questo splendido popolo che per primo nella storia fu detto ITALICUS. Vorrei a questo proposito citare la parte dedicata all’Etruria nella ltalische Landeskunde (1883-1902) di H. Nissen e, più specificamente ed estesamente, la Topografia storica dell’Etruria in quattro volumi (1915-1920) di A. Solari. Ed ancora vorrei spendere due parole per mettere in risalto la capillarità di questi studi che è possibile rilevare dalla tendenza ad affrontare monograficamente le pecularità di singoli centri considerati in tutti i loro diversi aspetti archeologici e storici. Tarquinia (M. Pallottino), Capua (Heurgon), e così via. Molte delle opere generali sugli Etruschi pubblicate negli ultimi decenni danno del resto largo spazio alla trattazione descrittiva e particolareggiata di ogni singola città etrusca.
Quanta storia sembra voler tornare a vivere e… raccontare di sé fra quelle pietre etrusche! Oggi crediamo di saperne tutto o quasi… Sarà davvero cosi?

Nadia Angelini

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