Uno studio francese riapre il dibattito
I topi trattati con mais transgenico e un erbicida avrebbero sviluppato malattie. Dubbi della comunità scientifica critiche metodologiche e di contenuto
MILANO – Ogm cancerogeni? È quanto afferma un team di ricerca dell’Università di Caen, che in uno studio recentemente pubblicato mette sotto accusa due prodotti targati Monsanto: un certo tipo di mais ogm, la variante NK603, e l’erbicida Roundup. Secondo gli studiosi, topi nutriti per tutta la vita con questi prodotti avrebbero sviluppato, rispetto a cavie alimentate altrimenti, squilibri ormonali, un’alta incidenza di tumori e danni a fegato e reni. L’autore principale della ricerca, Gilles-Eric Séralini, ha dichiarato che gli esperimenti condotti dal suo team hanno preso in considerazione tre gruppi di topi. Il primo è stato nutrito con mais NK603, un granoturco geneticamente modificato per resistere a uno degli erbicidi più usati al mondo, il Roundup, coltivato in più del 50% delle piantagioni statunitensi; al secondo gruppo è stata somministrata acqua contenente Roundup; il terzo è stato alimentato seguendo una dieta standard.
TUMORI AL SENO – Nei primi due casi, afferma Séralini, i ratti hanno sviluppato tumori alla mammella e gravi danni a organi interni. La notizia ha subito riacceso le polemiche sugli ogm, un argomento ancora poco compreso, e uno loro storico oppositore, l’eurodeputato Jose Bové, ha dichiarato: «Quando le imprese hanno detto che non c’erano rischi per la salute, hanno mentito. Tutte le valutazioni fatte finora sugli ogm devono essere riviste alla luce di questi nuovi studi, che mostrano quanto gli ogm siano pericolosi per la salute umana». Ma non si è fatta attendere nemmeno la risposta della comunità scientifica, che giudica il lavoro di Séralini privo di fondamento scientifico, e lo smonta pezzo per pezzo. Lo scienziato francese dichiara che si sono ammalati di più i ratti “trattati”? Secondo Tom Sanders, responsabile della sezione di nutrizionistica al King’s College di Londra, la razza di topi utilizzata per la ricerca sviluppa più facilmente e frequentemente di altre tumori alla mammella, specialmente se le cavie vengono alimentate con quantità di cibo illimitate, o con mais contaminato da un fungo noto per causare nei topi squilibri ormonali. L’assenza di dati sulla quantità di cibo ingerito dalle cavie e la mancanza di test per verificare la presenza del fungo in questione inficerebbero la ricerca.
DUBBI SULLO STUDIO – Discutibile, secondo Sanders, è anche il conteggio dei casi tumorali. I francesi, infatti, invece di analizzare i dati ottenuti con la formula della “deviazione standard” – ovvero l’indice utilizzato dai tossicologi per verificare se una certa variazione riscontrata negli esperimenti è casuale oppure significativa – hanno preferito ricorrere a un’analisi “non convenzionale” che Sanders paragona a una sorta di “pesca statistica”. «Il team francese ha dichiarato che questo è il primo esperimento condotto sull’intero ciclo di vita dei ratti – aggiunge Anthony Trewavas, docente di biologia all’Università di Edimburgo -, ma questo non è corretto: la maggior parte degli studi tossicologici considera la durata standard della vita di un ratto pari a due anni. E i test condotti sinora non hanno riscontrato alcuno degli effetti denunciati da Séralini». Critiche, poi, riguardano la tossicità riscontrata sia nell’assunzione di Roundup che in quella di NK603. «È difficile pensare – continua lo studioso – alla possibilità che un erbicida possa avere gli stessi identici effetti tossici di un tipo di mais i cui geni sono stati modificati per distruggere quello stesso erbicida».
EFFETTI TOSSICI – Si tratta quindi di risultati invalidi? «Non necessariamente – conclude Trewavas -, ma anche dal punto di vista farmacologico va notato che il team francese ha riscontrato lo stesso effetto a tutte le dosi di erbicida e di mais ogm. Questo è inusuale: perché quasi tutti gli effetti tossici peggiorano con l’aumento delle dosi – aspetto, questo, considerato essenziale per dimostrare che un certo agente provoca un certo effetto». Séralini e il suo gruppo, fanno notare i critici, si oppongono da anni alle coltivazioni ogm. Ma i risultati delle ricerche pubblicate sinora non sono stati riconosciuti come scientifici dalla comunità di riferimento; e la scelta del team francese di non consentire ai giornalisti di mostrare l’ultimo paper ad altri scienziati prima della pubblicazione ha fatto alzare più di un sopracciglio. (Elisabetta Curzel, 20 settembre 2012)
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