Interlinea, 2007
Libro verità di Maria Adele Garavaglia
Maria Adele Garavaglia è nata e vive a Novara. Dopo aver conseguito la laurea in Filosofia all’Università statale di Milano si è dedicata all’insegnamento, attività che esercita, anche attualmente, nella sua città. Vivacemente impegnata in iniziative sociali, culturali e letterarie, in particolare riguardanti il mondo femminile, dal 1986 collabora con diverse case editrici sia come autrice di testi scolastici, sia come narratrice per adulti e soprattutto per ragazzi (per la casa editrice Mursia ha ideato la collana di successo “Apprendista scrittore”).
Il suo ultimo libro, Grido silenzioso. Una storia di dignità riconquistata (Interlinea, 2007) racconta le storie di giovani donne africane, reduci dalla tragica esperienza della prostituzione coatta. L’autrice le racconta con tutto il brio e l’inventiva propri della narrazione romanzesca ma anche, e soprattutto, con tutto il drammatico spessore della verità e dell’evidenza. Assistiamo così a dialoghi quotidiani, tormenti profondi, coincidenze inaspettate, tutte per costruire delle storie che, nel caso delle protagoniste di questo libro,
trovano una via d’uscita positiva: la riconquista della libertà, della dignità, del lavoro. La pubblicazione, così come la precedente Aurora e le altre è stata sponsorizzata, per il suo indubbio valore umano e sociale, dalla provincia di Novara.
In provincia di Novara, tuttavia, un’iniziativa autofinanziata di carattere spontaneo, nata nel piccolo paese di Borgo Ticino si era già occupata, senza pretese letterarie, del tema della prostituzione coatta, nell’ambito di un’iniziativa interculturale denominata “Chicchi di caffè”. Essa, però, sfuggì ai più. Si era nel 2003 e la sensibilità verso questo tema, nelle nostre terre, era agli albori, per non dire quasi inesistente. La pubblicazione che ne derivò, La speranza e le lacrime, recava all’inizio della storia di ciascuna ragazza una citazione dalle opere di Giulia di Barolo Colbert, la prima in assoluto che in Piemonte, nella Torino di inizio Ottocento, si fosse occupata, tra l’altro, anche delle donne “perdute” (lo stesso titolo di quel libro fu ispirato da una sua frase). E’ bene che ora questa sensibilità abbia preso le ali e che istituzioni politiche e culturali l’abbiano fatta propria, affidando il compito di diffonderne la conoscenza a penne esperte e felici come quella di Maria Adele Garavaglia.
Eleonora Bellini
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