gro - GROM 
 NON E' UN GELATO ARTIGIANALE: LA VITTORIA DEL CODACONS
 MA IN ITALIA LA NORMATIVA NON ESISTE

Cos’è un gelato artigianale? La legge italiana non lo spiega e la querelle infiamma il settore, che conta 39mila punti vendita sul suolo nazionale. Intanto Grom deve rinunciare al titolo: il suo prodotto non è fresco, ma smistato nel mondo da un unico centro produttivo.

Italia, il Paese del gelato artigianale. È davvero così?
Il mondo del gelato artigianale in balia di un vuoto legislativo. E ancora una volta, dopo l’annosa questione home restaurant, ci ritroviamo a procedere su un terreno di ipotesi, illazioni, cavilli e pretesti, presi in prestito ora dall’una ora dall’altra parte a scapito di una definizione, quella di “artigianalità” che diventa sempre più labile, arrancando tra semilavorati, aromi ed emulsionanti. Quel che è certo è che il settore gelatiero conta in Italia 39mila punti vendita che si dichiarano artigiani e danno impiego a 90mila addetti; com’è vero, per stessa ammissione di Augusto Cestra – presidente di Confartigianato Gelatieri – che nel nostro Paese non esiste una legge che regolamenta il gelato artigianale, distinguendo le lavorazioni di qualità dai prodotti industriali e semilavorati. E allora sono gli stessi gelatieri riuniti nell’associazione di categoria ad aver intrapreso un percorso normativo che porti alla definizione di regole certe, che premino naturalità e genuinità del gelato realizzato con latte e frutta freschi.

Il caso Grom. Il prodotto non è fresco: non è artigianale
Intanto la polemica balza sulle prime pagine per mezzo dell’affaire Grom, premiata gelateria dai natali torinesi ma ormai famosa e multinazionale, che si è vista costretta a eliminare dalla comunicazione del marchio (ormai un vero e proprio brand che conta molteplici punti vendita nel mondo) la definizione di artigianale. L’azienda fondata da Guido Martinetti e Federico Grom, pur rivendicando l’alta qualità del prodotto e la selezione accurata delle materie prime (spesso bio, Dop o Igp), non è riuscita a spuntarla di fronte all’obiezione più evidente che prende in esame le dinamiche produttive che regolano lo smistamento delle miscele: il gelato di Grom non è artigianale perché non è prodotto in loco e quindi non può considerarsi fresco.
Le miscele, infatti, vengono preparate in un unico centro produttivo (a Mappano di Caselle, provincia di Torino), pastorizzate, congelate e poi distribuite ai rivenditori sul suolo nazionale e agli store oltreoceano, per raggiungere folle di appassionati del gelato made in Italy a New York, Osaka, Parigi, Tokyo o Malibù. Solo in negozio si procederà alla mantecazione delle miscele scongelate.

Artigianale, semi-artigianale o industriale?
Una vittoria per il Codacons, quindi, ma la situazione – in mancanza di un provvedimento univoco – è ben lungi dal trovare una soluzione che riporti la pace e non danneggi chi si impegna a produrre gelato senza il ricorso a sostanze chimiche. Eppure sono molte – e in aumento – le agrigelaterie sul suolo italiano che realizzano un prodotto di qualità a km 0 senza ricorrere a scorciatoie, utilizzando il latte di alta qualità prodotto in loco. E dal canto suo la Confartigianato Gelatieri non si stanca di ribadire la sua “guida” al consumo consapevole: diffidare dai colori troppo accesi, valutare la cremosità (i cristalli di ghiaccio non sono un buon segno!), preferire la vaschetta in acciaio. E attenzione anche al numero dei gusti: meglio pochi ma buoni.
Anche perché i semilavorati sono sempre in agguato e spesso se ne abusa per velocizzare le lavorazioni: in questo caso siamo di fronte a un prodotto semi-artigianale e la gamma di gusti può ampliarsi notevolmente con il minimo sforzo. E i prodotti industriali? Latte in polvere e derivati del latte la fanno da padroni. Ma non mancano coloranti, emulsionanti, stabilizzanti e conservanti.

E voi, come riconoscete un buon gelato? (13 Lug 2015)

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