The Homeless Adjunct
Riprendiamo un articolo uscito recentemente su un blog americano, a proposito del processo di graduale privatizzazione e distruzione dell”istruzione universitaria pubblica negli Stati Uniti. Si tratta di un modello ancora ben lontano dal nostro, ma al quale, attraverso i successivi processi di riforma, ci stiamo lentamente avvicinando. La traduzione è di Enrico Natalizio, Paola Perin e Lorenzo Zamponi.
Qualche anno fa, Paul E. Lingenfelter iniziò la sua relazione sul definanziamento della pubblica istruzione scrivendo: “Nel 1920 H.G. Wells scrisse: ‘La storia è sempre più una gara tra l’educazione e la catastrofe.’ Credo che fosse nel giusto. Niente è più importante per il futuro degli Stati Uniti e del mondo della diffusione e dell’efficacia dell’istruzione, in particolare dell’istruzione superiore. Io dico con particolare attenzione all’istruzione superiore, ma non perché la scuola dell’infanzia, la scuola elementare e quella secondaria siano meno importanti. Il successo ai vari livelli di istruzione dipende, ovviamente, da ciò che è accaduto prima. Ma bene o male, la qualità dell’istruzione post-secondaria e della ricerca influisce sulla qualità e l’efficacia dell’istruzione ad ogni livello.”
Negli ultimi anni le discussioni sui vari aspetti per i quali le nostre università non funzionano sono cresciute come l’accumularsi di nubi temporalesche. Il dibattito verte sugli scarsi risultati scolastici nei nostri laureati, sulle tasse studentesche fuori controllo e sui rovinosi prestiti d’onore. Finalmente si presta attenzione agli stipendi enormi dei presidenti e degli allenatori sportivi e allo status riservato alla maggioranza dei docenti: simile a quello dei lavoratori migranti. Ora ci sono movimenti che vogliono limitare le tasse studentesche, condonare i debiti degli studenti, creare più potenti strumenti di “valutazione”, offrire materiali didattici gratuiti online e combattere lo sfruttamento dei docenti a contratto. Ma ognuno di questi movimenti si concentra solo su un particolare aspetto di un problema molto più ampio e nessun aggiustamento su questi singoli punti affronta la vera ragione per cui le università in America stanno morendo.
Per spiegare il mio punto di vista devo andare indietro nel tempo. Torniamo agli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, 1950, quando il G.I. Bill (una legge che tra le altre cose consentì ai soldati reduci dalla Seconda Guerra Mondiale di studiare gratuitamente nelle università. Fonte Wikipedia, NdT) e il costo contenuto – talvolta gratuito – delle università crearono un’ondata di studenti universitari in tutto il paese. Questa ondata continuò a crescere durante gli anni ’60: le università erano il cuore di un intenso dibattito pubblico, di passione per l’apprendimento e del coinvolgimento attivo dei cittadini nelle problematiche di quei tempi. Durante questo periodo il corpo docente era fiorente, gli studenti avevano accesso a una ricca varietà di aree tematiche e la possibilità di un apprendimento ampio. Gli studi umanistici erano il cuore dell’istruzione universitaria e gli studenti venivano introdotti a filosofia, antropologia, letteratura, storia, sociologia, religioni, lingue e culture straniere. Certo, successe anche qualcosa d’altro, a partire dalla fine degli anni Cinquanta fino agli anni Sessanta: le sommosse e il crescente numero di cittadini che partecipavano al dissenso popolare, contro la guerra del Vietnam, contro il razzismo, contro la distruzione dell’ambiente in una cultura sempre più aziendalizzata, contro la misoginia, contro l’omofobia. Quali furono gli incubatori di gran parte di quella rivolta? In quali luoghi si riunirono un gran numero di persone istruite, intellettuali e capaci di farsi sentire? Nei campus universitari. E a chi non piacque il risultato degli anni ’60? Alle aziende, ai guerrafondai, a quelli nella nostra società che vorrebbero tenerci divisi sulla base della nostra razza, del nostro genere, del nostro orientamento sessuale.
Ho il sospetto che, se fosse stato possibile, questi gruppi sarebbero stati contenti di chiudere le università. Distruggerle completamente. Ma un paese che afferma di avere valori democratici non può chiudere le sue università. Ciò rivelerebbe qualcosa su quel paese in contrasto con l’immagine che essi vogliono darne – quella di un paese di libertà, giustizia, opportunità per tutti. Quindi, come si fa a uccidere le università del paese senza farsi scoprire? Come a tutti i bambini cresciuti durante la Guerra Fredda, mi è stato insegnato che i paesi comunisti nella prima metà del XX secolo rinchiudevano i loro studiosi, intellettuali e artisti in campi di prigionia, chiamati “campi di rieducazione”. Da adulto, ho capito che i grandi gruppi di interesse americani disprezzano queste persone proprio come faceva (a loro dire) il comunismo. La differenza è che, invece di fare una cosa così ovvia come gettarle in prigione, qui quelle stesse persone vengono ridotte in miseria. Il risultato è lo stesso. La povertà disperata controlla e infine spezza le persone efficacemente quanto un carcere ….. e alcune ricerche dicono che funziona anche MEGLIO.
Quindi: ecco la ricetta per l’assassinio delle università, e se quello che sto descrivendo non è esattamente ciò che è alla radice di tutti i problemi del nostro sistema di istruzione superiore ditemelo. (Perché quello che sto dicendo è più stato recentemente applicato anche alla scuola pubblica.)
Primo, tagliare i fondi alla pubblica istruzione superiore.
Anna Victoria, scrivendo sul Pluck Magazine, discute questo tema nella recensione del libro di Christopher Newfield Unmaking the Public University (Disfare l’Università Pubblica): “Nel 1971, Lewis Powell (prima di diventare membro della Suprema Corte di Giustizia) scrisse un memorandum, ora conosciuto come il ‘Memorandum Powell’ e lo inviò alla Camera di Commercio Statunitense. Il titolo del memorandum era ‘Attacco al Sistema della Libera Impresa Americana’ e in esso l’autore richiedeva alle imprese americane di ‘accrescere il loro ruolo nella politica, nella legge e nell’istruzione degli Stati Uniti.” In che modo perseguire questo obiettivo? Innanzitutto aumentando la pressione lobbistica sui legislatori in modo da far cambiare le loro priorità. “Il finanziamento per le università pubbliche viene, come il loro nome suggerisce, dallo stato e dal governo federale. A partire dai primi anni ’80 il cambiamento di priorità da parte dello stato forzò le università pubbliche ad affidarsi sempre più ad altre fonti di sostentamento. Per esempio, nel sistema universitario dello stato di Washington, il finanziamento statale per le università è diminuito in termini percentuali sul budget pubblico totale per l’istruzione dall’82% del 1989 al 51% del 2011.” Questo significa una perdita di 1/3 del suo finanziamento pubblico. Ma perché questo cambiamento di priorità? Nel suo nuovo libro Unmaking the Public University, il professore inglese Christopher Newfield dell’U.C. Berkeley ipotizza che le élites conservatrici abbiano lavorato in maniera esplicita per definanziare l’istruzione pubblica a causa della sua funzione creatrice di una classe media più forte, democratica e multirazziale. La sua teoria individua la causa dell’attuale taglio dei finanziamenti in una esplicita preoccupazione culturale e non in problemi finanziari. Il prof. Newfield cita il fatto che le università pubbliche della California sono state forzate a respingere 300.000 domande d’iscrizione per mancanza di fondi. Newfield spiega che molti dei motivi che stanno alla base della richieste conservatrici di definanziamento dell’istruzione pubblica sono di natura razziale, pro-aziende e anti-proteste.
Ancora Victoria: “L’obiettivo finale, come sottolineato nel memorandum (di Lewis Powell), era di epurare istituzioni rispettabili come i media, le arti, le scienze e i campus universitari stessi da correnti di pensiero di sinistra. A quel tempo i campus universitari erano visti come ‘trampolini di lancio per il dissenso’, come lo stesso Newfield li definisce, ed erano per questo motivo considerati come fonti di opposizione agli interessi dell’establishment, finanziati con soldi pubblici. Sebbene sia impossibile sapere quanto profondamente il memorandum abbia influenzato le strategie politiche dei conservatori nei successivi decenni, è straordinario vedere come i principi proposti nel suo memorandum siano stati adottati alla lettera.”
Sotto la maschera dei tanti “conflitti”, come gli scontri per il budget, o le quote, il risultato è stato costantemente il taglio dei fondi. Il problema del finanziamento è stato anche usato per riformulare l’offerta didattica e gli obiettivi curriculari dei campus universitari. Victoria scrive: “Gli attacchi alle materie umanistiche, al ‘politically correct’ e all’affirmative action(strumento politico che mira a ristabilire e promuovere principi di equità razziale, etnica di genere, sessuale e sociale. Fonte Wikipedia – NdT) hanno spostato a destra il dibattito sulle università pubbliche e hanno creato un clima di scetticismo sulle università finanziate dallo stato. Il dibattito sul budget statale è divenuto per i conservatori la piattaforma da utilizzare per spiegare i motivi per cui discipline come la sociologia, la storia, l’antropologia, gli studi sulle minoranze, la lingua e gli studi di genere debbano essere definanziate: ”…da una parte hanno sostenuto la tesi che queste discipline non offrono agli studenti le abilità pratiche necessarie per il mercato del lavoro: questo è stato un modo potente per dare la precedenza alla formazione professionale invece che alla reale istruzione superiore e per svalutare quei corsi che allenavano ed allargavano la mente, sviluppando un essere umano più completo, una persona dalla intelligenza più attiva e un cittadino più coinvolto. Dall’altra un’ulteriore tesi utilizzata per attaccare le scienze umane è stata “…la promozione di opinioni contrarie all’establishment. Gradualmente, queste tesi si trasformarono in reali e spesso profondi tagli dei budget del sistema universitario,” specialmente in quelle aree “indesiderabili” che ponevano più ostacoli alla capacità della classe dirigente di controllare i pensieri e il comportamento della popolazione. Sarebbe necessario discutere qui dell’idea di “fabbrica del consenso”: eliminando le lezioni e le discipline che sono più utili per sviluppare il rigore intellettuale di livello superiore si ottiene una cittadinanza più facilmente manipolabile, meno capace di porsi interrogativi profondi e di esaminare I messaggi provenienti dall’establishment.
Secondo, deprofessionalizzare e impoverire la classe docente (e continuare a creare un surplus di dottori di ricerca sotto-occupati e disoccupati)
Qualche mese fa il vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto che le tasse universitarie sono fuori controllo a causa dell’alto costo delle università. Lui NON HA IDEA di ciò di cui sta parlando. Secondo le ultime statistiche ci sono 1.5 milioni di professori universitari negli Stati Uniti, 1 milione dei quali sono professori a contratto. Quindi, un milione di professori negli Stati Uniti sono assunti con contratti a breve termine, molto spesso per un semestre alla volta e senza alcuna sicurezza lavorativa – che significa che essi non hanno idea di quanto lavoro avranno durante il semestre e che spesso saranno completamente disoccupati durante i mesi estivi, quando è praticamente impossibile trovare lavoro (e molti dei professori aggregati disoccupati non hanno titolo per ricevere sussidi di disoccupazione). Quindi, un milione di professori universitari americani guadagnano, in media, 20 mila dollari lordi l’anno, senza benefici, assistenza sanitaria o assicurazione quando sono senza lavoro. Bisogna tenere a mente, inoltre, che molti dei recenti dottori di ricerca sono entrati nel loro settore spesso con il peso sulle spalle di un debito a 6 cifre contratto quando erano studenti.
Un recente articolo parla della distruzione mentale e fisica a lungo termine causata dalla povertà e dall’insicurezza lavorativa – come il lavoro precario o il “sotto-lavoro”. L’articolo dice che negli anni dal collasso economico del 2008 a oggi i problemi medici di questo gruppo di persone sono aumentati esponenzialmente. Questo è il terribile stato d’insicurezza che i professori universitari americani subiscono già da trent’anni. Questo stato di cose può distruggere una persona – disgregandone la salute mentale e fisica. Ad esempio: il salario annuale medio di partenza di un professore della Temple University nel 1975 era un po’ sotto i 10000 dollari l’anno, con pieni benefici, assistenza sanitaria, pensione e benefici per l’istruzione familiare (i membri della famiglia potevano frequentare l’università gratuitamente). Indovinate ora? Il salario medio alla Temple è ANCORA circa lo stesso – perché i professori aggregati ora sono la maggioranza nelle facoltà e guadagnano da 8000 a 14000 dollari l’anno (a seconda di quanti corsi vengono loro assegnati in ogni semestre – SENZA garanzia di impiego continuato) – ma, al contrario di un professore a tempo pieno del 1975, questi professori aggregati NON godono di alcun beneficio, nessuna assistenza sanitaria, nessun beneficio per l’istruzione dei familiari, nessuna posizione accademica. Quante altre professioni hanno salari che sono rimasti immutati ai livelli del 1975?
Questo è come si distrugge la maligna, perfida e sinistrorsa classe accademica in America: li si trasforma in precari malpagati, accrescendo il numero dei lavoratori americani il cui impiego è costantemente precario. In tutta la nazione, chi insegna ai nostri studenti vive sulla soglia di povertà o vicino ad essa, non ha diritto a discutere di come le lezioni debbano essere impartite, di quanti studenti dovrebbe essere formata una classe o di come il percorso di studi sia stato progettato. Spesso non hanno uffici nei quali incontrare gli studenti, nessun supporto professionale da parte dello staff e nessun aiuto per la loro crescita professionale. Un milione di nostri professori universitari stanno combattendo per continuare ad offrire il loro meglio di fronte al deserto del deterioramento della loro professione, mentre vivono nel peggiore tipo d’insicurezza economica. Al contrario di quei paesi comunisti, che qualche volta giustiziavano i loro intellettuali, qui noi saremo uccisi dalla mancanza di assistenza sanitaria, a causa di una qualche malattia legata allo stress come un attacco di cuore o un colpo apoplettico. Visto che ci siamo, aggiungiamo anche il suicidio alla lista dei killer – dato che i lettori di questo blog ricorderanno che ho parlato a lungo in passato di suicidi di professori a contratto.
Terzo, introdurre una classe di manager/amministrativi che assume la governance dell’università
Questa nuova classe assume il controllo di gran parte del funzionamento dell’università, inclusa l’allocazione dei fondi, la costruzione dei curricula, l’offerta formativa. Se siete abbastanza vecchi da ricordare quando la medicina venne cambiata per sempre dalla comparsa del modello ‘HMO’ del management in medicina, avrete un’idea di quello che è successo al mondo accademico. Se non siete abbastanza vecchi – lasciate che vi racconti che c’era una volta, tanto tempo fa, un mondo dove i dottori gestivano gli ospedali e i dottori prendevano decisioni su quali trattamenti fossero necessari ai pazienti. Negli anni ’70, durante l’infame amministrazione Nixon, l’HMO fu un’idea venduta al pubblico americano come sistema per controllare i costi della medicina. Ma una volta che Nixon ebbe fatto passare l’HMO Act nel 1973, le organizzazioni passarono rapidamente dall’operare secondo un modello non-profit, focalizzato sul controllare i costi di un’assistenza sanitaria di alta qualità, al divenire organizzazioni for-profit, finanziate con molto denaro da parte delle aziende – e improvvisamente l’idea di assistenza sanitaria di alta qualità venne sacrificata in favore del profitto – il che significava incamerare premi assicurativi sempre più alti e offrire servizi sempre più ridotti, negare sempre più richieste ed imporre sempre maggiori limitazioni ai dottori, che divennero una “professione controllata”. Potete vedere lo stato dell’assistenza sanitaria negli Stati Uniti e come sia disastroso. Beh, durante lo stesso periodo, ci fu uno sviluppo simile: qualcosa come l’HMO – chiamiamolo “EMO”, Organizzazione Manageriale dell’Educazione – iniziò a prendere piede nell’accademia americana. Dagli anni ’70 ad ora, mentre il numero di posti da professore a tempo pieno continuava a diminuire, il numero di posti amministrativi a tempo pieno iniziò ad esplodere. Mentre i docenti venivano deprofessionalizzati e precarizzati, ridotti ad insegnare come lavoratori stagionali a contratto, le posizioni amministrative offrivano ora buoni salari solidi, benefit, cariche, prestigio e potere. Nel 2012, gli amministrativi superavano di numero i docenti in tutti i campus del paese. E tanto era stata disastrosa la HMO per la pratica della medicina americana, così il modello EMO è disastroso per la pratica dell’accademia americana e per la qualità dell’educazione dei nostri studenti. Benjamin Ginsburg scrive di questo in dettaglio nel suo libro The Fall of The Faculty.
Vorrei anche menzionare qui che le università spesso difendono il loro uso dei precari – che sono ora il 75% di tutti i professori del paese – sostenendo che non hanno scelta se non quella di assumere precari, come “misura per tagliare i costi” in un’università sempre più sottofinanziata. Ciò che non dicono, e senza richieste di trasparenza non diranno MAI, è che non hanno risparmiato denaro assumendo precari – hanno ridotto salari, sicurezza e potere ai docenti. Il denaro non è stato risparmiato, poiché è stato semplicemente riallocato ai salari degli amministrativi, ai salari degli allenatori e agli spaventosi salari dei presidenti delle università. C’è stata una redistribuzione dei fondi: tolti da coloro che insegnano realmente, gli studiosi – e quindi tolti all’educazione degli studenti – e spostati a favore dei salari amministrativi e manageriali, delle spese sportive – e di un aumentato utilizzo di “consulenti”, ditte di marketing e PR, studi legali. Dobbiamo anche aggiungere che gli stipendi dei presidenti sono saliti dai 25-30mila dollari degli anni ’70, fino a centinaia di migliaia o MILIONI di dollari – salari, rimborsi, fondi discrezionali, alloggi gratuiti o affitti generosamente rimborsati, auto blu, costose tessere di esclusivi country club.
Quarto: fare entrare la cultura aziendale e i soldi aziendali
Per controllare ulteriormente e dominare l’”utilizzo” dell’università, un fiume di soldi aziendali ha consentito di modificare i valori e la missione dell’università da quelli di un luogo dove l’istruzione della cittadinanza è vista come un bene sociale, dove intelletto e ragione si sviluppano e si acuiscono per il bene dell’individuo e della società, a quelli di un luogo dove si impara una professione, focalizzato sul profitto. La cultura aziendale ha dirottato la narrativa – si è smesso di andare all’università per sviluppare la propria mente. Si andava per ottenere un “buon lavoro”. Tutto ciò che non era direttamente e immediatamente correlato alla preparazione al lavoro o ad una assunzione veniva denigrato e visto come inutile – la filosofia, la letteratura, l’arte, la storia.
Anna Victoria scrive, su Corporate Culture: “Molte università hanno adottato metodi del settore privato per generare ricavi, come la formazione di imprese private, brevetti, strategie di marketing, partnership aziendali, affitto dei campus e imprese for-profit di e-learning. Per tagliare i costi, le università pubbliche hanno assunto impiegati non-statali di aziende esterne fornitrici di servizi e snellito le loro operazioni finanziarie”.
Potreste chiedervi: qual è il problema con il denaro delle aziende? E’ un grosso problema. Quando il denaro delle aziende inonda le università, i valori delle aziende rimpiazzano i valori accademici. Come abbiamo già detto, gli studi umanistici vengono definanziati e le scuole di economia ottengono montagne di soldi. Iniziano a sorgere seri problemi etici quando le aziende iniziano a fare donazioni e ad affiliarsi con i dipartimenti scientifici – dove i loro soldi acquistano influenza non solo sul tipo di ricerche da condurre ma anche sui risultati di tali ricerche. Le aziende donano ai dipartimenti e ottengono in cambio l’uso dei ricercatori universitari – E ANCHE la possibilità di detrarre il denaro speso come donazione, sfruttando nel contempo il lavoro, controllando e e impossessandosi della ricerca.
Improvvisamente, i laboratori universitari non sono più luoghi ove la ricerca è obiettiva. Per esempio, le aziende che non amano le avvisaglie dei “cambiamenti climatici” doneranno denaro e controlleranno ricerche universitarie che pubblicheranno confutazioni delle prove di riscaldamento globale. OPPURE, le aziende controlleranno laboratori universitari coinvolti nella ricerca per l’approvazione da parte dell’FDA (Food and Drug Administration, NdT). Ciò è particolarmente pericoloso quando le compagnie farmaceutiche prendono il controllo di laboratori universitari per testare l’efficacia o la tossicità e quindi spingono per far approvare farmaci alle agenzie governative. Un ulteriore esempio è nei dipartimenti di economia – e film come The Inside Job hanno fatto un eccellente lavoro nel mostrare come Wall Street abbia corrotto economisti di alto profilo da Harvard, Yale, Stanford, o dal MIT per parlare dello stato del mercato azionario e della stabilità finanziaria della nazione. Sono stati presentati e pubblicati lavori che erano palesemente falsi da parte di economisti riconosciuti che erano a libro paga di Goldman Sachs o Merrill Lynch.
L’accademia non dovrebbe essere la prostituta delle aziende, ma questo è ciò che è diventata. Un tempo l’accademia celebrava se stessa come una istituzione indipendente. L’accademia è una cultura che offre una visione del mondo a lungo termine che valorizza il continuo e rigoroso sviluppo intellettuale, emotivo, psicologico e creativo del cittadino. Rispetta e valorizza i contributi dello studioso e dell’intellettuale alla società. Fa tesoro della promessa insita in ogni studente e si impegna per offrire il supporto più pieno possibile che consenta alla promessa di crescere. Non lo fa solo per il bene dello studioso e dello studente, ma per il bene della società. Come la medicina, l’accademia esisteva per il bene comune. Nessuna delle due dovrebbe essere un’impresa totalmente votata al profitto. E tuttavia, sia nel caso dell’HMO che dell’EMO, siamo stati colonizzati da una cultura del profitto aliena e la nostra sovranità sulla nostra professione e sulle nostre istituzioni ci è stata strappata.
Ciò che controlla le nostre università è ora un modello aziendale, dove il profitto dipende dal 1) mantenere una forza lavoro a basso salario e 2) far pagare prezzi sempre più elevati per i suoi “servizi”. I docenti vengono spremuti ad una estremità, gli studenti all’altra.
Quinto, distruggere gli studenti
Mentre proclamano di offrire loro la speranza di una vita migliore, le nostre università aziendalizzate stanno rovinando la vita dei nostri studenti. Questo è il risultato di una tattica su due fronti: abbassi e distruggi la qualità dell’istruzione in modo che nessuno nel campus impari davvero a pensare, a mettere in discussione, a ragionare. Invece, stanno imparando a obbedire, ad affrontare “test” ed “esami”, a seguire regole, a sopportare assurdità e ingiustizie. I nostri studenti non possono avere docenti disponibili a tempo pieno, professori in grado di essere mentori e consiglieri, programmi preparati dai docenti e nuovi ogni semestre, un’ampia varietà di corsi tra cui scegliere. Invece sempre più università hanno curriculum prefissati che dettano gran parte dei corsi di studio, in cui la maggior parte delle lezioni è costituita da corsi comuni scelti dall’amministrazione e impartiti da un esercito di docenti part-time sottopagati, in un modello che somiglia più a una fabbrica dell’industria alimentare o a un fast food che a un istituto di alta formazione.
Il secondo fronte: rendi il college così incredibilmente caro che solo gli studenti più ricchi provenienti dalle famiglie più ricche possono permettersi di andare a scuola senza fare debiti. I giovani potrebbero non sapere che per gran parte del XX secolo molte università negli Stati Uniti sono state gratuite, compreso il sistema statale californiano: potevi trasferire la tua residenza in 6 mesi e andare a Berkeley gratis, o a un prezzo molto basso. Quando ero uno studente, alle metà degli anni ’70, la retta della Temple University era intorno ai 700 dollari all’anno. Oggi è quasi 15 mila dollari all’anno. Le rette sono aumentate, utilizzando ancora la California come esempio, di oltre il 2000% dagli anni ’70. Il 2000%! Questa è la situazione più direttamente pericolosa per i nostri studenti: caricarli di un debito opprimente che li seguirà fino alla tomba.
Un altro aspetto pericoloso di ciò che sta accadendo può essere trovato nell’ambigua collaborazione che si è formata tra chi presta denaro e i Dipartimenti di Aiuto Finanziario delle università. Questa è un “empia alleanza”. Ho avuto studenti nei miei corsi che lavoravano per l’Aiuto Finanziario. Mi dicono che sono addestrati a NON dire “Questo è quello che hai bisogno di prendere in prestito” ma “Questo è quello che puoi avere” e ad adescare gli studenti con la più alta cifra possibile. Ci sono stati parecchi scandali di tangenti tra università e prestatori e sono sicuro che ci sono altrettanti affari loschi ancora da scoprire. Così, i costi delle rette sono fuori controllo a causa degli stipendi dell’amministrazione, della dirigenza e degli allenatori e i numeri dei prestiti continuano a crescere, facendo rischiare una vita da indebitati alla maggior parte dei nostri studenti. Per di più, non c’è nessun incentivo all’università aziendalizzata affinché si occupi del problema.
La macchina della propaganda è stata potente. Gli studenti sono stati convinti dai loro genitori e dai loro insegnanti a scuola, che hanno ripetuto costantemente che DEVONO andare all’università per avere un’allettante vita da classe media. Sono stati convinti che fare debiti per pagare la retta “vale la pena” e impareranno troppo tardi che li vincolerà. Per chiarezza: non è colpa dei genitori o degli insegnanti. Questo è un messaggio che è stato consapevolmente ripetuto, anno dopo anno, per convincerci tutti della qualità irrinunciabile dell’educazione universitaria.
Ecco fatto.
Nel giro di una generazione, in cinque facili passi, non solo gli studiosi e gli intellettuali di tutto il paese sono stati messi a tacere e quasi cancellati, ma l’intera istituzione universitaria è stata dirottata e trasformata in una macchina attraverso la quale le future generazioni sono COMPLETAMENTE impoverite, indebitate e messe a tacere. Ora, insegnanti sottopagati e nomadi insegnano corsi ripetitivi che non hanno progettato a studenti che viaggiano su una specie di nastro trasportatore, solo per essere sputati fuori, indebitati e disperati, in un’economia senza posti di lavoro. Gli unici ad avere un guadagno immediato da questo sistema sono le amministrazioni – puttane dei colonizzatori aziendalisti, che incassano soldi per sovrintendere alla truffa. Ma la cosa più importante da tenere in mente è questa: i veri vincitori, gli unici che veramente guadagnano dalla complessiva distruzione dell’università americana, sono quelli che negli anni ’60 vedevano quei vibranti campus universitari come una minaccia al loro potere costituito. Sono le stesse persone che ora lavorano febbrilmente per smantellare altre strutture sociali, dal sistema sanitario alla pensioni fino al servizio postale.
Guardando al disastro dall’accademia americana, dobbiamo riconoscerlo: hanno vinto.
Ma questi sono vincitori che non canteranno mai vittoria, perché l’illusione capitalistica, attentamente protetta, dell’”istruzione universitaria”, va ancora a loro vantaggio. Non ammetteranno mai e poi mai che l’università è morta. No, no. Al contrario: continueranno invece a insistere che l’università è l’UNICA via per raggiungere una soddisfacente vita da classe media. Diranno che l’università è obbligatoria per essere degli adulti felici. Nel frattempo, manterranno questa classe precaria e sottopagata di edu-nomadi, continueranno a diseducare e indebitare gli studenti per assicurarsi la loro docilità, trasformeranno le istituzioni a seconda dei loro interessi aziendali. È una vittoria sicura per la destra: hanno paralizzato quelli che potrebbero opporsi a loro e hanno sabotato le istituzioni universitarie in maniera così attenta e ben congegnata da trasformarla in un meccanismo della macchina neoliberista/neoconservatrice, a vantaggio ulteriore degli obiettivi della destra.
E adesso?
Il processo di distruzione ha impiegato circa una generazione. Riusciremo a riparare il danno? Possiamo forzare il rifinanziamento del nostro sistema pubblico d’istruzione? Possiamo professionalizzare i docenti, cacciare l’eccesso di amministrazione e i sabotatori aziendalisti? Possiamo fornire un’istruzione di alta qualità gratuita o a basso prezzo ai nostri studenti in un modo che NON si concentri solo sulla formazione professionale, ma su un sviluppo personale e intellettuale di alto livello? Credo di sì. Ma solo se capiamo questo processo nel suo insieme e rifiutiamo di permettere al governo o ai megafoni dei media posseduti dalle stesse aziende di dividerci e sconfiggerci ulteriormente. Questo assalto disastroso è parte di un attacco più grande ai valori progressisti, alle istituzioni del bene sociale. La battaglia non è solo per reclamare la dignità della docenza, cancellare il debito degli studenti, migliorare i risultati dell’istruzione, anche se ognuno di questi obiettivi merita che si lotti per raggiungerlo. Ma sarà una vittoria di Pirro, se non capiamo la natura della guerra e resistiamo in una maniera molto più forte, per riprenderci i valori del nostro paese, per il bene dei nostri concittadini.
Sono ansiosa di parlare con quelli di voi che sono stati coinvolti in questa battaglia, o stanno per entrarci. Abbiamo molto lavoro da fare e stiamo affrontando in nemico molto potente, in una battaglia da Davide e Golia. Sono disponibile ad ascoltare idee su come costruire una fionda molto, molto migliore. (2 sett.09)
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