Dal quotidiano “Il manifesto” del 7 giugno 2008 col titolo “Buoni esempi da copiare”

Marinella Correggia e’ nata a Rocca d’Arazzo in provincia di Asti; scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi dell’ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta’, della nonviolenza; e’ stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia, Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e’ occupata di campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e’ dedicata allo studio delle disuguaglianze e del “sottosviluppo”; ha scritto molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull’uso delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e Solidale); e’ stata il focal point per l’Italia delle rete “Global Unger Alliance”; collabora con diverse testate tra cui “il manifesto”, e’ autrice di numerosi libri, e’ attivista della campagna europea contro l’impatto climatico e ambientale dell’aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia:
Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998; Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni, Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una bomba in volo? L’utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone dell’indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di), Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa’ dei consumi, Altra Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell’Italia in un fine settimana di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007; La rivoluzione dei dettagli, Feltrinelli, Milano 2007

Buone idee da copiare per garantire a tutti il diritto al cibo – ma le copieranno? – crescono nel quadro dell’Alba, la “Alternativa bolivariana para las Americas” nata per iniziativa di Venezuela, Cuba, con la successiva adesione della Bolivia e piu’ di recente del Nicaragua (e di alcune municipalita’ progressiste del Salvador). Il progetto Alba e’ nato con l’aspirazione di coinvolgere tutti i paesi latinoamericani. E ha al suo centro un consistente capitolo agricolo: programmi di cooperazione paritaria in materia di sicurezza alimentare, sviluppo rurale e sovranita’ agroalimentare locale, nazionale, regionale, Sud-Sud. Il “Fondo per la sicurezza alimentare”, in cui il Venezuela ha messo circa 100 milioni di dollari, sostiene iniziative nel campo delle sementi, degli input agricoli, l’irrigazione, la trasformazione e l’accesso al credito e alla commercializzazione, per rafforzare le capacita’ produttive soprattutto di piccoli e medi produttori. Una “Rete di commercio alimentare” facilita lo scambio di input agricoli e derrate fra i paesi aderenti, permettendo di sottrarsi al monopolio delle grandi imprese multinazionali dell’agroindustria. L’Alba agricola lavora molto con meccanismi di scambio fra competenze e prodotti, derrate e servizi (ad esempio fagioli contro consulenze commerciali e via barattando). Dopo la fine del petrolio sovietico in cambio di zucchero, Cuba ha sviluppato, obtorto collo, sistemi basati su risorse rinnovabili; adesso le competenze dei suoi agronomi sono richieste nella regione, come quelle dei suoi medici. Oltre 1.600 tecnici cubani cosi’ stanno aiutando l’agricoltura venezuelana, abbandonata un secolo fa in favore del petrolio (ultimamente la produzione di derrate e’ aumentata del 40% grazie a leggi di recupero di terre incolte e sistemi di credito e commercializzazione).
Programmi di cooperazione e aiuti di emergenza riguardano inoltre Haiti, fra i paesi in testa alla lista rossa della crisi alimentare; progetti nel campo delle energie rinnovabili e della fornitura di attrezzature sono in corso nelle campagne andine della Bolivia; nel quadro dell’accordo Petrocaribe il Venezuela fornisce carburante agricolo ai piccoli paesi caraibici a prezzi di favore.
L’indipendenza dalle multinazionali dell’agrobusiness (semi, fertilizzanti, pesticidi, energia) e’ ritenuta fondamentale: per ridurre i costi e massimizzare l’autonomia. Il vertice presidenziale “Alimentos para la vida”, che si e’ svolto in Nicaragua a maggio, ha deciso di creare una “banca degli input”, con questi punti forti: produzione di semi e loro scambio, creazione di imprese statali di fertilizzanti a basso impatto ambientale, sviluppo di una rete di input naturali con la necessaria formazione degli agricoltori al loro uso, potenziamento di istituti di ricerca e divulgazione tecnologica.
Per il sostegno alle necessarie infrastrutture rurali anche in altre zone povere del mondo il Venezuela ha proposto agli altri produttori di petrolio una formula petroalimentare: un “Fondo agricolo speciale” alimentato da una percentuale per ogni barile venduto. Questa conversione dall’insostenibile al sostenibile finanzierebbe sistemi di irrigazione, le reti di innovazione scientifica e tecnologica (anche di fronte alla sfida climatica) e le banche di input sostenibili ed economici. Altro denaro al Fondo verrebbe da una tassa sui consumi santuari: di lusso e voluttuari. Chi accettera’?

Fonte: http://web.peacelink.it/mailing_admin.html

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