Sono i bulli scolarizzati campioni di vigliaccheria
bulli - IDIOTI 
 EROI DEL MALE

Miseri campioni di negatività senza coraggio, piccoli bulli della scuola dell’obbligo, stupratori degli angoli bui in metropolitana. Hanno in comune due caratteristiche principali: la vigliaccheria e l’aridità di sentimenti. Figli di un malcostume veicolato da sistemi falliti di comunicazione. E’ un grave problema di decadimento dei valori quello di cui la politica deve farsi carico. Pronunciarsi cioè contro le massicce dosi di violenza che bambini e adolescenti assorbiscono da moduli comportamentali assimilati da eventi reali, o film tv, stampa e pubblicità. La scuola deve altrettanto prendere atto che troppo spesso il programma scolastico, o Piano dell’Offerta Formativa, non è sufficiente a dare, insieme alle basi dell’istruzione, anche il fabbisogno di valori e principi a cui fare riferimento per una crescita equilibrata. La famiglia similmente ha perso la funzione educativa che pur con difficoltà riusciva a stabilire con i figli in crescita. Oggi si ha paura di educare. Di porre dei limiti entro i quali comporsi. Se i genitori non dicono più di no come scrive Giuliana Ukmar* capita che i figli credano che tutto sia loro permesso, anche esaltarsi procurandosi scariche di adrenalina a discapito di malcapitati senza difese incontrati sulla loro strada. In una società che s’avvia ad ignorare la sacralità della vita e la considerazione dovuta ai più deboli, i casi di bullismo da parte di giovani e adolescenti si manifestano brutali. Danno la misura che qualcosa non funziona a più livelli. Se giovani di buona famiglia, ragazzi che sembrano anche talvolta ottenere risultati scolastici soddisfacenti, compiono aggressioni gratuite con una rabbiosità senza attenuanti, dobbiamo chiederci che cosa non funziona in questo mondo adolescenziale. Forse tutto è riconducibile alle divulgazioni di fasulli modelli vincenti. Personaggi dei quali si ha ammirazione o addirittura invidia. Soggetti che ispirano processi anche inconsci di emulazione. Eroi, in una parola. Ma eroi sgraziati, fantocci del male, boss del disgusto. Noi siamo quello che giorno dopo giorno immagazziniamo nel contenitore emotivo che è la nostra anima: parole, gesti d’affetto, rimproveri, paure, percorsi gioiosi. Ci nutriamo di pane e suggestioni. La ricerca della felicità, che sembra a portata di mano, si prospetta in fondo facile, se come è dato di capire, la vita e il successo consistono nell’ottenere beni di consumo; balocchi per adulti e bambini; e disponibilità d’acquistare il superfluo. Chi dimostra di avere molto, domina sugli altri. Meglio se è pure bello e palestrato, con gonfiori innaturali da ostentare. Il disprezzo va invece a chi non incarna quel modello vincente. Specie se ha minori possibilità di difendersi. Picchiare un ragazzo diversamente abile è un’azione da vigliacchi. Impensabile in una società sana. Ma ciò che ancora di più sconcerta è quest’esigenza di riprendere la bravata per trasmetterla in Internet. Stupri, aggressioni, abusi, violenza, diventano azioni da assolvere perché nobilitate dalla ripresa video. E’ la commistione, la confusione, tra l’essere e l’apparire. La ricerca spasmodica di protagonismo. Trovarsi nei circuiti di esposizione mediatica per garantire a se stessi di contare qualcosa. Tutto va bene purché non si resti nell’anonimato. Un mio compagno di scuola diceva spesso che lui non voleva fare il lavoro del padre, (barista) che avrebbe cercato una vita di grande successo. “Farò parlare di me”, ripeteva ogni tanto, e noi ci accorgemmo che ci era riuscito quando finì sulle pagine del “Mattino” per una rapina in banca. Gli eroi… li dobbiamo ai mezzi di comunicazione di massa. I danni da sovraesposizione televisiva dovrebbero essere controllati, e risarciti. Non è utopistico prevedere il pagamento di danni da trasmissioni violente. Negli Stati Uniti esiste questo diritto da tempo. Gli effetti della violenza sono oggi sotto gli occhi di tutti, per questa società che va degenerando in schemi comportamentali in cui l’indifferenza verso i più deboli, il disprezzo, la ferocia cieca e gratuita, il bullismo, gli stupri, danno il segnale forte del decadimento dei valori, il distacco dai sentimenti. Popper suggeriva La patente per la tv, cioè un vero e proprio documento di abilitazione ad occuparsi di programmazione televisiva e sistemi di comunicazione di massa.. Si deve cominciare dalla rappresentazione della realtà umanizzata, dove al centro dell’attenzione si ritraggano aspetti di generosa e elevata civiltà. La barbarie del tubo catodico ha fatto già troppi danni. E’ ora di prenderne atto.

Wanda Montanelli

*Ukmar Giuliana – “Se mi vuoi bene dimmi di no”

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