Tweet
Dopo aver rilanciato i risultati degli esami effettuati da un’équipe di biologi francesi sui pesticidi più venduti del mondo, oggi, Fino all’ultimo si occupa nello specifico della multinazionale Monsanto. Questa volta, però ci spostiamo in Australia occidentale, dove l’allevatore bio Steve Marsh attende speranzoso la decisione della Corte suprema nazionale del prossimo 10 febbraio, in merito a una denuncia sporta qualche mese addietro. I destinatari del provvedimento sono i produttori di OGM tout court, sebbene i danni alla sua tenuta e al suo lavoro glieli abbia creati proprio Monsanto.
Leggendo la notizia sul sito di Bastamag, si scopre che Marsh ha perso la certificazione bio posseduta dalla sua fattoria, quindi le necessarie autorizzazioni a confezionare prodotti biologici, in seguito ai danni provocati dagli OGM coltivati nella fattoria antistante. L’utilizzo massiccio delle sementi della colza – pianta da cui si ricava un famoso biocombustile – geneticamente modificata da parte del collega di Marsh, Michael Baxter, ha infatti contaminato (involontariamente, tramite il trasporto del vento) i campi del vicino, annullando così le proprietà genuine possedute dalla colza del denunciante. La colza OGM impiantata da Baxter è stata brevettata da Monsanto, la quale si è subito impegnata a coprire le spese legali del suo cliente; invece Marsh ha rivendicato il diritto di “non coltivare OGM” e in più ha chiesto di vedersi corrisposto un risarcimento economico per i danni subiti.
La denuncia potrebbe non essere seguita da una condanna, anche perché il governo australiano ha autorizzato la coltivazione della colza geneticamente modificata nel lontano 2010. Inoltre, la causa della rovina di circa 325 ettari dei campi di Marsh è stato un agente naturale (il vento, appunto), il cui controllo non dipende dall’uomo, come ha fatto sapere un responsabile legale della Monsanto. Rachel Dujardin, responsabile della Safe Food Foundation – che sta dando il necessario supporto economico e umano alla battaglia di Marsh – ha poi rivelato che “difficilmente Monsanto verrà condannata, poiché la multinazionale non è responsabile degli effetti negativi derivanti dall’utilizzo del prodotto: lo prevede un contratto preliminare stipulato dal compratore e dal venditore”.
La legislazione australiana – diversamente da quella europea – vieta la presenza di percentuali di OGM all’interno di coltivazioni biologiche. Il governo federale di Canberra ha poi previsto, sin dall’inizio, che la distanza tra campi non-OGM e campi OGM fosse di 5 metri, una misurazione ancora troppo bassa per la salvaguardia degli ambienti non-OGM. (04/02/2014)
Commenti