Fuit Coleo corporis statura
erecta atque habili,adeoque
formosus et agilis,ut regina
Joanna ingenio procaci mulier,
avidaque virorum fortium,
Coleonis amore caperetur.
(Paolo Giovio vescovo di Nocera)
Fu proprio nel castello di Malpaga, una delle costruzioni più tipiche della Bergamasca e della Lombardia, collocato non, come altri castelli, sulla cima d’un colle o su rocce scoscese, ma al centro di una fertile pianura, in prossimità del fiume Serio, che, il 2 novembre del 1475, a 80 anni, si spense il grande condottiero bergamasco Bartolomeo Colleoni, eroico capitano di ventura e bell’uomo, alto più di un metro e ottanta, prestante, dagli occhi cerulei, coraggioso e affascinante a tal punto che, intorno ai 28 anni , ebbe una relazione con l’avvenente regina Giovanna di Napoli, già nei paraggi della sessantina.
Quando si congedò dalle fila del suo esercito, nel quale aveva militato per un po’ di tempo, la regina, talmente entusiasta dei servigi da lui resi, gli concesse l’onore di fregiarsi del suo stemma, due barre bianche in campo rosso con ai lati due teste di leone, al quale il Colleoni aggiunse poi la scritta: Divi Bartolomeo Colioni De Andegavia.
Bello, coraggioso, virile, ricco, famoso, anche un po’ vanitoso (infatti sull’età barava e si scontava cinque anni), dopo una vita avventurosa, negli ultimi anni, spinto dall’esigenza di una residenza più consona alla sua dignità, si ritirò nella quiete di Malpaga, poco distante da Cavernago, dove possedeva un altro castello, acquistando, per 100 ducati d’oro, insieme al latifondo circostante, un vecchio fortilizio in rovina, del quale s’intravedono ancora oggi i merli inglobati nelle nuove mura, sul quale fece edificare il suo castello, inizialmente solo postazione fortificata dalla quale sferrare attacchi con la cavalleria e la fanteria, poi divenuto dimora sontuosa.
Qui trascorse gli ultimi anni della sua esistenza, dedicandosi incessantemente ad abbellire la sua dimora, circondandosi da perfetto mecenate, com’era in uso nelle corti italiane del tempo (benché poco preparato a studi di cultura classica e ad un’educazione letteraria), di letterati ed artisti, come il poeta bergamasco Jacopo Tiraboschi e il pittore Bartolomeo da Prato, ospitando e intrattenendo con gare, tornei e feste signorili, illustri ospiti dell’epoca come Borso ed Ercole d’Este, Alessandro Sforza, Astorre Manfredi di Faenza, Gian Francesco della Mirandola, Bonifacio del Monferrato, Diafobo d’Anguillara, Carlo Fortebraccio e persino il re Cristiano di Danimarca, del cui passaggio resta traccia in un grande affresco.
Attualmente Malpaga, di cui ignoto resta l’architetto, sicuramente di capacità e fama notevoli a giudicare dall’eleganza della costruzione, non differisce molto dal primitivo aspetto, se si eccettuano gli imponenti lavori di restauro che hanno consentito il recupero di molte sue opere di grande valore storico- artistico.
Al complesso fortificatorio, di forma quadrata, tutto realizzato in ciottoli alternati con masselli di cotto, con le sue torri merlati, circondato da fossati invasi in primavera di erbe verdissime, in inverno di sterpaglie, si accede tramite un ponte levatoio ligneo appoggiato a un battiponte in muratura, con un cortile di armoniosa struttura, portici ad arco e robuste colonne culminanti in capitelli su cui sono riprodotti gli stemmi del Colleoni.
I muri, robusti e massicci secondo la caratteristica dell’epoca, sono magnificamente affrescati con scene di battaglia, di feste, dame, cavalieri e soggetti sacri. La loggia è adorna di affreschi, secondo alcuni studiosi del Romanino, secondo altri del Fogolino, rievocanti le lotte storiche dei bergamaschi contro i milanesi.
Al primo piano si accede mediante due scale a mattoni dove ci si trova subito al cospetto di una fuga di stanze ampie e disadorne, con grandi finestre rettangolari ed enormi caminetti irrimediabilmente in disuso. Attraverso una porticina della parete a ovest si entra, poi, nella stanza del capitano, quella in cui il Colleoni spirò: ha una grande finestra protetta da una robusta inferriata, un piccolo tavolo d’altra epoca, vari affreschi cinquecenteschi strappati dalle pareti di un salone attiguo e, sul fondo di una nicchia, circondata da una cornice in gesso aggiunta nel ‘700, una Madonna con Bambino, tanto cara al Colleoni, abbastanza ben conservata. Sulla torre castellana, da dove probabilmente il suo sguardo azzurro spaziava verso la pianura in cerca del nemico, in vecchiaia solo immaginario, si perviene attraverso una scala in legno.
Visitare il castello di Malpaga è proprio come salire su una macchina del tempo e fare un bel salto indietro nel passato e, se la fantasia sostiene, può quasi sembrare di vedere contadini con le schiene curve tra i campi, uomini in pesanti armature pronti a recarsi in guerra, castellane in trepida attesa del ritorno dei loro uomini, soldati al galoppo tra i campi su destrieri riccamente bardati, paggi e cavalieri e, tra corni di caccia e squilli di tromba, per un’imminente caccia al falcone o per un torneo, sovrastante gli altri partecipanti, più alto e più fiero di tutti, il valoroso capitano di ventura che onorò Bergamo tanti secoli fa.
Francesca Santucci
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