Ciao,
non so a chi sto scrivendo e, forse, neanche perché. Inoltre ho quasi la certezza che sarete sommersi da tanti di quei messaggi che questo non lo riuscirete neanche a leggere. Sono arrivata su questo blog quasi per caso. Volevo dire ad Antonio Di Pietro perché secondo me non doveva lasciare la magistratura ed entrare in politica, ma ora non mi ricordo più le mie motivazioni. Anzi le ricordo ma mi sembrano un po’ lontane. L’ignoranza, che brutta bestia, leggendo le sue pagine ho capito che forse, prima di scrivergli dovrei studiarlo un po’ di più. E’ una promessa per lui, ma è una promessa anche a mia figlia ed al suo futuro.
A parte tutto, sono approdata a questo spazio tinto di “ROSA” ed allora mi fa piacere condividere con voi la mia esperienza.
Avevo neppure 20 anni quando fui assunta da una multinazionale americana. Allora contavano molto le raccomandazioni ed io, che non avevo santi in Paradiso, mi sentii molto lusingata ad avere potuto raggiungere quel traguardo. Questo succedeva 18 anni fa. All’interno di quella multinazionale io ho potuto fare una buona carriera. Sempre senza “santi”, basandomi sul lavoro duro, molto duro. Oggi posso dire che ho lavorato molto di più dei miei colleghi maschietti per poter dimostrare di essere ALMENO quanto loro. Circa 10 anni fa questa azienda creò un gruppo per “la tutela e le pari opportunità delle donne” ed io MI INDIGNAI!!! “Non sono un panda, una specie protetta, non ho bisogno di essere difesa da chicchessia! Mi basta fare bene il mio lavoro!” questo pensavo. Ed infatti fioccavano promozioni e riconoscimenti. Ero una “donna in carriera perfetta”: lavoravo 18 ore al giorno, niente vita sentimentale, niente famiglia, niente amici. Valigia sotto il letto pronta a partire per ogni angolo del mondo. SEMPRE. Ma accadde che, dopo un primo matrimonio fallito, si incontri la persona giusta e l’orologio biologico faccia il proprio corso. Si scopre che anche io avevo un apparato riproduttivo e la mia splendida Federica era infine tra le mie braccia. Ho lavorato seriamente fino all’ultimo mese utile, grazie ad una splendida gravidanza. E sono tornata al lavoro quando mia figlia aveva 5 mesi, perché a me il lavoro PIACE. Al mio capo ho detto con serenità che secondo me era possibile bilanciare la mia attività lavorativa e il mio essere madre. Mi misi a disposizione per una qualunque attività che mi permettesse di lavorare fino alle 15.00 (invece che fino alle 18.00…), ben comprendendo che se non potevo più offrire una totale disponibilità di tempo non potevo continuare sulle attività precedenti.
La risposta? Un muro. In maniera più o meno velata mi fecero capire che per me non c’era più posto. O rinunciavo alla mia riduzione di orario e tornavo “quella che ero” oppure niente. E niente voleva dire NIENTE, non un lavoro di minore pregio o prestigio, ma proprio NIENTE=FUORI DI QUI. Dopo 15 anni non ci potevo credere, allora mi sono “affacciata” al famoso team di “Donne protette” chiedendo se era giusto tutto questo ed una collega, che guidava il team, mi ha spiegato ben bene che ERO IO AD AUTOLIMITARMI!!! Ho chiesto: cosa vuol dire “AUTOLIMITARSI”? E lei mi ha spiegato che lei, quando la bambina aveva 7 mesi, accettò un incarico a Parigi in cui lei era fuori 5 giorni alla settimana, ma poi “IL WEEK END ERO TUTTA PER LEI!!!”. Ed ha precisato a dire che “LA SUA CARRIERA NON HA RISENTITO DI ALCUN FERMO”… ma la sua “carriera di madre”?!??!?! Vorrei sapere cosa ne pensa sua figlia…
Solo per amor di cronaca vi informo che dopo 3 anni di lotte, più o meno leali, più o meno sanguinose, io ho lasciato l’azienda e ne ho fondata una mia. Si chiama LIZARDS (in inglese “LUCERTOLE”) ed il nome vuol dire che sono brava a cambiare pelle e che, come le lucertole, se mi tagliano la coda, mi ricrescerà. Ora lavoro, la mattina mi alzo prestissimo, ma vesto mia figlia e la porto a scuola e sono lì quando lei esce. Poi la sera spesso, quando lei dorme devo lavorare ancora un po’, ma sono FELICE. E mia figlia è felice. E il mio compagno è felice.
Questa esperienza mi ha insegnato una cosa importantissima: ben vengano le tutele per le pari opportunità. Perché per ora esiste soltanto l’opportunità di una donna di “ESSERE COME UN UOMO” e non di essere una donna che copre le stesse responsabilità e ruoli degli uomini. La differenza è sottile, ma c’è.
La mia azienda è una azienda “di pari diversità”, in cui le donne sono donne e gli uomini sono uomini, ognuno con le proprie meravigliose e necessarie diversità.
Ho scritto tantissimo, capirò se non leggerete, ma avervi scritto mi ha fatto star meglio.
Grazie.

Valentina

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