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 DENARO PUBBLICO COME L'ACQUA NON VA SPRECATO
IL TESTO E IL SOTTOTESTO

Ezio Mauro: ” Parlava contro lo Stato viaggiando sulle sue auto blu, oltraggiava il tricolore rappresentandolo nelle istituzioni, attaccava la Costituzione dopo averle giurato, da ministro, fedeltà repubblicana..” (La Repubblica 6.4.12)

Antonio Polito: “… sulla gestione dei rimborsi ai partiti: .. C’è da fare subito una cosa: affamare la bestia. Chiudere il rubinetto dei soldi pubblici e vedere chi sopravvive … ” (Corsera 6.4.12)

Michele Brambilla: “… Così è strana la vita: il politico del «celodurismo» cade per essere stato troppo debole in famiglia; e l’uomo che dal niente aveva messo in piedi un impero, cade per mano di mediocri cortigiani …” (La Stampa 6.4.12)

La questione degli ingenti foraggiamenti finanziari ai partiti viene fuori come un vulcano in eruzione, in questa indecente gestione privata affidata a un peracottaro e circoscritta in un cerchio pseudo-voodoo da una moglie ignorante quanto superstiziosa che dietro le quinte ha maneggiato denaro e si è esaltata di potere monetario casalingo piuttosto che stregonesco.
Non solo di oggi è il monito sul malaffare in politica. Carlo Esposito*, uno dei maggiori costituzionalisti italiani, scriveva già oltre mezzo secolo fa: “L’interpretazione razionale della disposizione [Cost. It., art. 49; ndr] vuole dunque che si riconosca l’illegittimità dei partiti retti autocraticarnente dai capi, dai duci, dalle élites o dalla burocrazia dei partiti,…”. Ed aggiungeva:” la solenne dichiarazione (della Costituzione italiana, ndr) che i singoli possono associarsi in partiti «per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale» (se ha un significato e non consta di parole in libertà) implica innanzi tutto che i partiti siano organizzati in modo che i singoli cittadini associati determinino essi l’indirizzo dei partiti, attraverso cui dovrebbero concorrere in seconda istanza a determinare l’indirizzo politico dello Stato (…).

La pentola scoperchiata e l’abisso tra Tangentopoli e Partitopoli
Tutto questo appare un’utopia sempre più irraggiungibile, visto come sono gestiti tanti partiti affidati a figure proprietarie dell’organismo che più di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, cooperano con amici e affini a impinguare i loro possedimenti in termini di case, terreni conti in banche italiane o estere. Nel caso della Lega e del suo tesoriere la materia suggestiva di cui è contornato l’illecito va dalle focacce al vino al cappello in cui nascondere il denaro. Qui il parallelo che fa Antonio Polito sul Corriere tra Severino Citaristi e Francesco Belsito è quanto mai azzeccato. Senza nulla togliere alla gravità delle azioni: “L’abisso che divide e il filo che unisce Tangentopoli e Partitopoli – scrive Polito – è tutto nella storia di questi due tesorieri, l’uomo della cassa dello Scudo crociato e l’uomo della cassa di “The family”. Citaristi laureato alla Cattolica, Belsito neanche a Malta. Citaristi partigiano, Belsito buttafuori. Citaristi di professione editore, Belsito autista. Citaristi 74 avvisi di garanzia, condanne per sedici anni di carcere, 128 miliardi di lire di tangenti e mai un soldo trovato nelle sue tasche. Belsito… beh, lo sapete…”
Il timore è che lo scoperchiamento delle pentole, in questo caso “d’oro”, come nelle fiabe irlandesi di Croker, usate anche a quel tempo per satire sull’irresponsabilità dei politici, è avvenuto per dabbenaggine e avidità, sicché non bastando agli sconsiderati gestori della cosa pubblica di contentarsi del riempimento di un solo cappello, hanno gonfiato tasche, e bisacce, colmato ogni contenitore fino al punto che è apparso loro logico, visti traboccanti tutti i pertugi, investire all’estero: Grecia o Tanzania tutto va bene, che sempre un conto in caso di improvvisa fuga può tornare comodo.
L’analisi dei tre begli articoli da me citati è comprensiva di considerazioni tutte legittime che vanno dallo sdegno alla umana commiserazione delle debolezze dovute a eccessiva indulgenza verso i figli.

I Revisori dei conti della Camera dei Deputati
In tutte e tre i testi c’è un chiaro ordine ineludibile. Chiusa la Seconda Repubblica va reimpostata rettamente la Terza. Tale impostazione non può che iniziare dalla effettiva, reale applicazione dell’art. 49 della Costituzione. Ne deriva la riprovazione dei partiti che non dimostrano di aver applicato una vera democrazia, con regole trasparenti, gestione del denaro pubblico palese e “leggibile” dal cittadino stesso che ne paga gli oneri, e dalla Corte dei Conti che deve entrare, con competenze stabilite da nuove leggi, nell’analisi accurata delle spese di partito. Ad oggi questo non è. I partiti più saggi e direi quelli che non hanno nulla da nascondere, hanno scelto di certificare i loro bilanci da società esterne qualificate come da tempo fa il Pd. Il piano anti-corruzione del ministro Severino prevede un’Authority per certificare i bilanci dei partiti.
Fino ad ora taluni responsabili politici, invece refrattari ai controlli, si sono nascosti dietro la revisione dei conti della Camera dei Deputati, ben sapendo che – sulla base di quanto fanno i Revisori parlamentari – dichiarare che un bilancio ha le disponibilità di cassa, quindi gli ammortamenti livellati con le uscite, non significa aver effettivamente controllato. Ciò sta a significare che se in calce alla pagina di rendiconto la cifra delle entrate “risulta” pari a quella delle uscite, non è detto che tutte le voci di bilancio “in uscita” siano vere e dimostrate da pezze d’appoggio. Nessuno oggi sembra avere la facoltà di fare tale controllo. A meno che non vi siano indizi di reato per cui i giudici del tribunale penale debbano fare le loro motivate indagini, come nel caso odierno della Lega.

Una sentenza insolita da tenere nella dovuta considerazione
Tuttavia, esiste una recente sentenza, della causa civile per discriminazione femminile che mi riguarda. Il giudice del Tribunale di Milano, risponde agli avvocati di partito che si trincerano dietro la esclusiva competenza del Parlamento in tema di rimborsi elettorali, e sentenzia:
“Va esclusa – scrive il giudice – l’assoggettabilità della presente vertenza alla giurisdizione domestica del Parlamento. E con questa frase si respingono le eccezioni di Idv di carenza di giurisdizione e decadenza …”.
In pratica il giudice Orietta Micciché e mi dà ragione a metà (ma è pronto l’Appello per la parte che la stessa respinge) per quanto riguarda il controllo dei fondi di partito, e stabilisce che non è vero che è il Parlamento a dover decidere nel merito di come il partito spende i contributi elettorali, ma la competenza è del giudice ordinario, poiché, – aggiunge in sentenza – ” Non è stato contestato, l’atto parlamentare di attribuzione dei rimborsi, ma esclusivamente la ripartizione interna all’IDV che agli stessi l’associazione avrebbe dato, escludendo – in ipotesi – un certo settore del partito. Risulta evidente – conclude il magistrato – come la questione non involga in alcun modo l’organizzazione interna delle Camere, ma attenga a pretese azionate esclusivamente nei confronti di un soggetto terzo rispetto al Parlamento”.
Questo è un innovativo modo di “entrare” per la prima volte dentro i bilanci di partito da parte di un giudice del tribunale civile.
Mi pare importante dare questa informazione, dato che i tempi sono maturi. Visto il susseguirsi di indagini sulla destinazione dei fondi pubblici elargiti ai partiti. Emerge ormai la consapevolezza che, specie in tempi di sacrifici che riducono gran parte della cittadinanza allo stremo delle forze, non si può più restare a guardare e far finta di nulla. A questo proposito è interessante l’analisi del sottotesto, citato in quattro o cinque punti nella eccellente rassegna stampa di Massimo Bordin (“Stampa e regime” di Radio Radicale) che leggendo Ezio Mauro su Repubblica scandaglia il testo celato tra le righe, non per questo meno risoluto nell’urgenza di far sì che lo Stato controlli i soldi pubblici dati ai partiti. Altrimenti è giusto, come scrive Polito “affamare la bestia, chiudere il rubinetto dei soldi pubblici e vedere chi sopravvive..”
Fino ad ora si sono affamate, purtroppo, solo le donne, che fanno politica con denaro proprio e risorse interiori, forse inesauribili. Sopravvissute della politica, queste sì. Nonostante tutto.

Wanda Montanelli
(6 aprile 2012)

Citati nel testo:
• La Caduta degli idoli, di Ezio Mauro, la Repubblica (http://www.repubblica.it/politica/)
• La fine della Seconda Repubblica, di Antonio Polito, Corriere della Sera (http://www.corriere.it/opinioni)
• Bossi, la resa che chiude un’era, di Michele Brambilla, La Stampa (http://www.lastampa.it/)
*Esposito C., I partiti nella Costituzione italiana, in ID., La Costituzione italiana. Saggi, ed.Cedam, Padova, 1954;
**Thomas Crofton Croker, Fairy Legends and Traditions of the South of Ireland , 1862

(nella foto, Siena, 9 luglio 2011: Pina Nuzzo, delegata nazionale Udi, intervento in piazza)

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