di Lytta Basset
Lytta Basset è teologa e pastora protestante. E’ professore di teologia all’università di Neuchâtel, ma anche fine indagatrice di tematiche psicologiche: “Non separo mai lo psicologico dallo spirituale” ha detto in una recente intervista.
Recentemente è apparso in Italia il suo libro Il desiderio di voltare pagina (San Paolo Edizioni, 2008), il cui sottotitolo recita “Perdonare è cominciare ad accettare se stessi” e che ho avuto il piacere di tradurre nella nostra lingua. L’autrice affronta il tema del perdono a partire dal “sé”, dall’essenza più intima del “sé” individuale ferito, offeso, prima che dalla considerazione dell’altro, colui che ha offeso, al quale accordare, per imperativo religioso o etico, il perdono (magari esigendo da lui, prima, la riparazione del torto).
Il libro delinea dunque un cammino che prende le mosse dalla “discesa” nel più profondo di se stessi; dal guardare in faccia il dolore che l’offesa ingiusta, il torto subito hanno provocato; dall’individuazione della ferita che la violenza altrui ha generato. Fatto questo, il dolore potrà essere lenito, la piaga curata.
“Entrando in contatto con la mia parte più intima – quella della quale io sola so a qual punto sia stata ferita – vengo immediatamente messa in contatto con la parte più intimamente sensibile e dolorosa di ogni essere umano: l’isolamento è definitivamente finito, sperimento con tutto il mio essere, senza averla cercata, la profonda affinità degli esseri umani” sostiene l’autrice a pag. 49.
L’argomentazione, condotta, come s’è detto, sia sul piano psicologico, che su quello spirituale ed etico si avvale anche di molti esempi biblici, interpretati con la libertà di lettura propria del protestantesimo. Esemplare a questo proposito è il capitolo dedicato all’ira: “Che fare dell’ira?” La risposta, originale ed inedita, è che “la lamentela, la protesta e l’ira fanno parte del processo del perdono. Sono addirittura costitutive dell’amore!” (pag. 51). Gran parte del capitolo è poi dedicato a Giobbe, uomo dall’”ira esemplare”.
Il percorso dell’offeso verso il perdono si conclude con il raggiungimento della capacità di relazionarsi nuovamente con l’altro, l’offensore; e con la conquista di una lucida visione: non si può obbligare un altro a riconciliarsi. Ma l’apertura alla relazione rimane (non c’è vita umana fuori dalla relazione, afferma la Basset) e rimane la capacità di affrontare nuove esperienze, felici o dolorose che siano, senza più temere la distruzione del sé, perché la persona ha conquistato la capacità di relazionarsi fruttuosamente con il prossimo umano e, per chi crede, con il divino.
Eleonora Bellini
Commenti