Un libro, un luogo: itinerari dell’anima
Willa Cather (1876-1947) riscoperta intorno agli anni 70, è una delle grandi scrittrici classiche della letteratura americana. Fa parte della schiera di donne scrittrici che hanno portato un contributo tutto particolare alla letteratura americana: Harriet Beecher Stowe, Louisa May Alcott, Sarah Orne jewett, Ellen Glasgow “hanno controbilanciato la tendenza al grandioso e al troppo virile della prosa americana” (1). Willa Cather ha uno stile spoglio ed essenziale nel descrivere con precisione luoghi, discendenze e vincoli di parentela nel romanzo Il mio mortale nemico, storia di un amore quasi perfetto (2). L’opera fu data alle stampe nel 1926, nei mesi che intercorsero tra la pubblicazione di The Professor’s House e Death Comes for the Archibishop, i due romanzi che portarono la Cather alla ribalta del grande romanzo americano.
Nel libro spicca la descrizione della protagonista, Myra Driscoll, nipote di un miliardario rigidamente cattolico, che rinuncia all’eredità per sposare un uomo di grande fascino, estraneo a quel mondo provinciale in cui lei è cresciuta. I due però finiranno per distruggersi a vicenda poiché il desiderio di una felicità ideale difficilmente coincide con la realtà.
Myra, stupendo “ritratto di signora”, è una donna dai gusti raffinati che vive un amore pieno e impossibile per Oswald Henshawe, anche lui raffinatamente “altro” rispetto al mondo da cui l’io narrante, Nellie Birdseye, viene. Molto “europei”, Myra e Oswald ignorano il midwest, le sue consuetudini, vivono a New York e poi in California, “sul bordo estremo di un paese che negli anni in cui la Cather scrive Il mio mortale nemico sembra ripiegarsi su di sé, nella propria povertà, tensione e contraddizione” (Barbara Lanati): “Erano passati dieci anni da quella mia visita a New York e mi trovavo sulla West Coast, in una di quelle città che, prese dalla morsa di uno sviluppo precipitoso, si erano estese a dismisura. La città scivolava rapida lungo il litorale inciampando su se stessa e terminava ruzzolando disordinata sull’oceano”.
Tutti le azioni del romanzo sono caratterizzate dai verbi “entrare” e “uscire”, “andare” e “venire”, che sottolineano un’idea di grande movimento: Myra “esce” di casa per sposarsi e “si allontana” per l’ultima volta; Myra “va” a vivere nella grande casa; Oswald si ribella e “va” a New York; Oswald “torna” nella città in cui era cresciuto da ragazzo; la narratrice “entra” nella casa della zia ecc.
Il movimento è espressioni del grande attivismo americano, del mito dell’ ascesa e del successo economico al quale si oppone il sogno di essere se stessi e di essere felici al di là di ogni materialismo. “John Driscoll (il padre di Myra) si era immensamente arricchito appaltando lavori a operai sottopagati nelle paludi del Missouri. Si era ritirato piuttosto presto dagli affari per ritornare nella città in cui era cresciuto da ragazzo, in povertà. Si era costruito una casa bellissima di cui andava molto fiero. Viveva quella che a quei tempi era considerata un’esistenza di grande sfarzo. Teneva cavalli da corsa e aveva allevato un cavallo da trotto vincitore di gare nazionali. Aveva comperato strumenti musicali d’argento per la banda cittadina…A Myra non mancava nulla…Lui era un vecchio originale un po’ rozzo, così incolto che aveva problemi quando doveva scrivere qualcosa…”.
Questo tema non è nuovo nella storia della Letteratura americana: tutti i cinefili ricorderanno la scena finale di L’ereditiera, tratto dal romanzo di Henry James, Washington Square, in cui Montgomery Cliff bussa disperatamente alla porta della donna che vorrebbe sposare. Nulla da fare, l’eroina, piuttosto bruttina, ha capito che lui era solo interessato solo al suo danaro. Nel film Una Tragedia Americana, tratto dal romanzo di Theodor Dreiser, ancora Montgomery Cliff, ragazzo di povera condizione venuto a contatto con l’alta società, intravedendo la possibilità di essere ammesso nella sospirata cerchia, non esita ad uccidere la sua ex fidanzata, povera, incinta di lui.
Myra trova la forza di ribellarsi: per amore, rinuncia all’eredità, ma constaterà amaramente che “Il denaro ti protegge. Ti tiene al riparo. Ti ci puoi comperare la pace e anche un po’ di dignità…Ci siamo distrutti l’un l’altro. Io sarei dovuta restare a vivere dallo zio. Era il denaro di cui avevo bisogno. Abbiamo buttato via una vita…Non siamo mai stati davvero felici; io sono una donna avida, egoista, salottiera”.
Fausta Genziana Le Piane
(1) Marcus Cunliffe, Storia della Letteratura americana, Einaudi.
(2) Willa Cather, Il mio mortale nemico, Anabasi.
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