Nadia Angelini
Analizzando le peculiarità di questo popolo, spesso ci si è ritrovati ad osservare quanto il femminile godesse di privilegi ad altre negati.
La donna etrusca infatti godeva di grande emancipazione e disinvoltura.
La sua natura era quella di voler sedurre e sapeva riuscirci scegliendo preziose stoffe che indossava con grande eleganza; amava truccarsi con sapienza per rendere più piacevoli i tratti del volto,oppure per correggerne eventuali imperfezioni.
Senza dubbio Lei, mise sempre molto in risalto il suo esser donna e non fu seconda nella ricerca della seduzione, neppure a quella greca.
Molti profumi sono riportati dalla storia come afrodisiaci e di cui si faceva grande uso.
Senz’altro ancor oggi accade questo; ma la spettacolarità di queste notizie si veste di grande stupore se rapportata ai tempi storici in esame.
Le loro armi di seduzione erano unguenti, profumi, matite per gli occhi.
Gli ombretti erano polveri colorate o sostanze grasse alle quali aggiungevano coloranti minerali o vegetali. Sembra che i colori più ricercati fossero il rosa cenere di petali di rosa e il giallo zafferano.
Tutto ciò nella normalità di un vissuto borghese, poiché invece c’erano anche le “femmes fatales” che, assolutamente non sono da paragonare alle facili donne del presente, ma che invece o per motivi di scelta o poiché avevano necessità di essere più notate rispetto ad altre, usavano colori vivacissimi.
Prova ne è Il rosso acceso che vediamo sulle labbra della truccatissima danzatrice della Tomba dei Giocolieri di Tarquinia, colore che era ottenuto attraverso la lavorazione di un tipo di terra conosciuta come “milton”. Molto usata era la polvere di malachite per il trucco degli occhi, che cospargevano senza parsimonia sulle palpebre, per dar loro un bel verde intenso e rendere lo sguardo intrigante e seduttivo.
In una tomba della necropoli del Crocefisso del Tufo, presso Orvieto, sono stati rinvenuti due balsamari di cui è stato possibile analizzare il contenuto. In uno c’era una sorta di fondotinta da stendere sul viso, composto da argilla, terra d’ocra e talco per ottenere un effetto luminescente; il tutto ben amalgamato con una piccola quantità di grasso animale.
Nell’altro c’era invece del nero fumo preparato con carbone d’ossa, usato per sottolineare ciglia e sopracciglia.
Particolarmente ricercati erano i contenitori di unguenti e profumi, realizzati in avorio, oro o ceramica, sempre finemente lavorati.
Se è vero che in Grecia già dall’VIII sec.a.C , erano state studiate le forme più idonee a contenere i cosmetici, gli Etruschi non furono certo da meno per cui, quando i primi usarono contenitori atti al bisogno cosmetico, gli “aryballoi”, vasetti panciuti, gli “askoi” di varie forme, ed eleganti “lekhytoi”, Essi vantarono portaessenze in alabastro in oro, in bronzo ecc.
Per Questo popolo elegante e raffinato, fu punto d’orgoglio cimentarsi alla ricerca di essenze varie.
Già dal VII secolo a.C. i più ricercati erano quelli citati nel Cantico dei cantici di Salomone: nardo, zafferano, cannella, cinnamomo, mirra e aloe, cui si aggiunsero hennè, ed incenso mentre dal V sec. a.C, fecero il loro ingresso il sandalo, noce, benzoino, tutti di origine vegetale.
Per gli aromi di origine animale, invece, come il castoro, il muschio e lo zibetto, gli eccipienti erano usati per ottenere fragranze afrodisiache.
Gli etruschi, però, apprezzavano anche profumi più a buon mercato, come la ginestra, il pino e il mirto.
I capelli non venivano solo acconciati con cura secondo la moda del periodo, ma anche tinti. Per scurire le chiome ingrigite dall’età si usavano composti di perico salvia, capelvenere e lenticchie. Ma poiché moltissime etrusche amavano mostrare chiome rosse o bionde, come si può evincere dalle pitture che sono nelle tombe a Tarquinia, per schiarirsi i capelli adoperavano feccia di aceto con olio di lentisco e succo di mela cotogna.
L’arte della profumazione non è, si badi bene, soltanto da attribuire alla femminilità etrusca poichè anche gli uomini, se non di ceto troppo basso, amavano usare unguenti odorosi misti ad olio di oliva per cospargersi il corpo nei vari momenti della vita, (soprattutto amorosa).
Per le donne Etrusche però il curare se stesse, profumarsi ed agghindarsi elegantemente (chiaramente tutto ciò dipendeva dal ceto), rappresentò un bisogno intimo apprezzato dai loro uomini e di cui, non erroneamente ,essi sembrarono andar fieri.
La curatissima persona che fu Larthia Seianti, vissuta nel II secolo a.C., mostra ancora al mondo il modo come visse. Sul suo sarcofago in terracotta policroma rinvenuto a Chiusi, i parenti vollero fosse rappresentata semisdraiata sul coperchio, con mani ingioiellate che reggono uno specchio.
Sembra questo il messaggio da recepire:controllare un’ultima volta il suo aspetto prima di entrare nell’oltretomba. Nel suo corredo funebre sono stati rinvenuti vari contenitori e strumenti in argento per uso cosmetico.
Lei curò, come la maggior parte delle donne etrusche, la sua figura da viva: coloro che l’amarono vollero tramandare ai posteri la sua elegante figura.
Nadia Angelini
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