Le osservazioni della radiazione cosmica di fondo, considerata l'”eco” del Big Bang, sono compatibili con questo modello. Tra gli studiosi anche ricercatori italiani
di Massimiliano Razzano
30 gennaio 2017
DA STAR WARS a Superman, da Ritorno al Futuro a Star Trek, il cinema di fantascienza ci ha fatto conoscere molto bene gli ologrammi. Siamo infatti abituati a vedere ologrammi di personaggi, astronavi, e ovviamente alieni di ogni specie. Ma quel che forse non immaginiamo è che l’intero Universo potrebbe essere un gigantesco e sofisticato ologramma. E’ questa la conclusione di una nuova ricerca internazionale, che combina aspetti teorici della fisica dell’universo primordiale a studi legati alla struttura fondamentale della materia. Una complessa analisi, a cui hanno partecipato in Italia ricercatori della Sezione di Lecce dell’Infn e dell’Università del Salento. Lo studio, pubblicato su Physical Review Letters, potrebbe aprire la strada per una migliore comprensione del cosmo, spiegando come sia nato e come si siano prodotti lo spazio e il tempo in cui viviamo.
Un modello per l’Universo. Secondo il modello attuale, il nostro Universo è nato dal Big Bang, una colossale “esplosione iniziale” avvenuta quasi 14 miliardi di anni fa. Dopo il Big Bang l’Universo ha iniziato a espandersi in modo continuo fino a raggiungere l’aspetto attuale. Resta da capire come mai questa espansione stia procedendo in modo accelerato, ovvero perché l’Universo si “gonfi” sempre più velocemente. Il modello attuale, supportato dai dati sperimentali, si basa su una combinazione fra materia visibile e materia oscura e sull’azione della misteriosa Energia Oscura, che sarebbe la principale responsabile dell’espansione accelerata. Ma secondo la nuova ricerca, le osservazioni sarebbero in accordo anche con un modello alternativo, basato su un Universo olografico. “L’ipotesi che il nostro universo funzioni come un enorme e complesso ologramma è stata formulata negli anni ’90 del secolo scorso da diversi scienziati, raccogliendo evidenze teoriche in vari settori della fisica delle interazioni fondamentali”, ha spiegato Claudio Corianò, ricercatore dell’INFN e professore di fisica teorica dell’Università del Salento, fra gli autori dello studio.
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