di Valentina Ciliberti
Il DDL sulla scuola introduce una vera rivoluzione rispetto al ruolo del dirigente scolastico, cui il sottosegretario Faraone attribuisce volgarmente il metaforico appellativo di sindaco: chiamerà direttamente i docenti sulla base del loro curricolo e dell’affinità con il progetto di scuola (dunque addio graduatorie, orrida palude ma pur sempre garanzia di giustizia), coordinerà l’organico e il regolare svolgimento dell’attività didattica, stabilirà gli aumenti dei docenti. Non a tutti saranno concessi gli incrementi stipendiali e non ne è certo chiaro il criterio di attribuzione.
Il Dirigente scolastico di questa nuova era manageriale sarà un vero regista nelle cui mani saranno riposte decisioni che avrà il lusso di prendere da solo o quasi, in una scia ipocritamente meritocratica di cui non si riescono a definire le linee guida.
Questo Disegno di legge non risolverà i problemi, ma acuirà gli aspetti negativi di una scuola che diverrà, in brevissimo tempo, tutt’altro che una sede di formazione didattico-educativa: una scuola che gerarchizza le relazioni, stimola la competizione tra i docenti, che tenteranno di accaparrarsi il titolo di meritevoli (dunque pronti a ricevere un aumento), precarizza, ignora i vincoli di un contratto congelato da anni, disconosce, di fatto, i principi costituzionali legati ai diritti dei lavoratori.
In ogni ambiente di lavoro la discrezionalità è pericolosissima: la mancanza di criteri oggettivi di valutazione apre le porte alla vuota competizione, al clientelismo, alla disonestà intellettuale, all’ipocrisia.
Valentina Ciliberti
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