Il ponte di Mostar che non ho mai visto
mi appare ora filmato
da un cineamatore clandestino
-ah, l’ineffabile storia fatta dai clandestini
sopra supporti non cartacei
e con occasionali linguaggi!-

Il ponte di Mostar resiste
alle dure granate e si propone
di morire a poco a poco,
così che la durata della fine
sia inversamente proporzionale
alla quantità di bocche di fuoco
che contro gli rantolano.
La sua agonia
crea effetti di suspence lesinando
avaramente il crollo delle pietre,
ad una ad una.
Il moribondo
vetustissimo ponte
dinanzi all’obiettivo ora si spoglia
come giovane entraineuse nel cono rosso
della scena. Al cospetto
di così grande grazia nel morire
tace persino il rombo dei cannoni.
Solo ronza sommesso il nastro anonimo
del cineamatore.

Volle un sultano
ancorare il ponte tra due opposte rive,
e poi il tempo volse il volere sommo
in quotidiano uso.
Credo sia per questo
che il ponte di Mostar muore lentamente,
come lentamente morirebbe un uomo:
perché a ciascun tonfo di pietra sia accordato
il giusto peso.

Eleonora Bellini
Da “Agenda Feriale”, Rhegium Julii 1997

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