Prendo spunto dall’articolo di Alberico Giostra su Il tribuno.it
ma il problema della posizione della donna in politica è abbastanza evidente in tutti i partiti, dove la donna ricopre sempre ruoli marginali, secondari o spesso inutili.

Alberico Giostra 11 Settembre 2010
DEDICATO ALLE DONNE IDV

Questo articolo è dedicato alle donne dell’Italia dei Valori. Perchè se è sicuramente impossibile per un uomo onesto resistere in quel partito figuriamoci per una donna. Diceva Friedrich Engels che il livello di una civiltà si giudica in base alla posizione che occupa in essa il genere femminile. Se questo è vero il livello dell’Idv è sicuramente basso. Nel drappello di parlamentari che ancora resiste accanto a Di Pietro le donne sono solo quattro. In percentuale nel gruppo Idv ce n’erano di più nel 2006 e ce n’erano molte di più, sempre in percentuale, nel 1998 a San Sepolcro, quando l’Idv fu fondato.
Ma a parte il numero quello che importa è il loro ruolo. Delle quattro parlamentari solo Silvana Mura, la ragioniera di Chiari, occupa un posto di rilievo. Le altre contano meno del due di picche, brave donne per carità, ma totalmente ininfluenti e del tutto prive di quell’autonomia ideativa e propositiva, almeno sui temi più propriamente femminili che il loro ruolo richiederebbe. Per questo chiediamo: a quale prezzo restano in quel partito? Una domanda che in fondo, non senza qualche fatica, estendiamo anche a Silvana Mura. Forse è un’illusione, ma chi scrive continua a immaginare “l’eterno femminino” come qualcosa di irriducilmente estraneo al cinismo e al disincanto tipicamente maschili, e ci sembra che la componente femminile agisca spesso da antidoto al proliferare di certi ignobili comportamenti.
Il partito di Di Pietro non fa eccezione. Senza arrivare a concludere che lì dentro il dissenso è donna, (a impedircelo resta pur sempre Silvana Mura) gli esempi di “pasionarie” che contestano e hanno contestato l’andazzo nell’Idv e hanno denunciato la truffa politica che esso rappresenta, sono tantissime e la spietata macchina repressiva dei mediocrissimi gerarchetti di Tonino non le ha risparmiate, non facendosi scrupolo di calunniarle e offenderle. La regina delle dissidenti, la madre di tutte le battaglie, potremmo dire, è senz’altro Wanda Montanelli. La Wandissima di Tonino è stata la prima a denunciare i torti che le donne dell’Idv subivano, arrivando a fare persino due scioperi della fame contro la mancata erogazione dei contributi finanziari che per legge spettano alle donne in politica, scioperi interrotti dal preoccupato intervento del capo dello stato, che forse anche per questo l’ex pm detesta.
La sua passione per la giustizia l’ha spinta a citare in giudizio Di Pietro costringendo ad un autogol clamoroso il difensore del leader Idv, il quale in una memoria ha affermato che la Montanelli non aveva alcun diritto di chiedere soldi al partito non essendo socia della famosa associazione a tre, quella di cui Di Pietro nega l’esistenza, l’unica, secondo il legale, legittimata a occuparsi delle finanze Idv. Neanche a Elio Veltri è mai riuscito tanto. Forse solo una donna poteva tirare fuori così magicamente la verità.
Come dimenticare poi Angela Zeoli, una “pasionaria” Idv della prima ora che nel beneventano ha creato dal nulla il partito e ingaggiato una lotta senza quartiere contro Mastella e il suo modo di fare politica, fino a quando è stata estromessa dal più opaco dei colonnelli dipietristi, Nello Formisano, che con Mastella ha stretto un’intesa politica poco prima che fosse travolto dallo scandalo giudiziario. La Zeoli è stata emarginata e costretta ad andarsene dopo essere stata additata come “impolitica”.
Perchè il leit motiv delle accuse alle donne Idv che provano ad alzare la testa è proprio quello di non saper fare “politica”, termine che in questo modo assurge a sinonimo di ogni più losca e inconfessabile pratica.
E’ esattamente quello che è capitato ad Anna Rivelli che a Potenza ha sfidato il ceto politico Idv pigramente e pavidamente aduso ad ogni impresentabile compromesso, ha gettato i suoi sassi nel paludoso stagno dell’Idv locale con alcuni coraggiosi articoli e alla fine, dopo essere stata accusata da Felice Belisario appunto, di “non saper fare politica”, è stata costretta ad andarsene dal partito tra le minacce di querela di Don Felice.
Minacce e calunnie infatti hanno spesso dovuto subire le donne che si sono opposte alle liturgie di potere dei gerarchetti di Tonino. E’ capitato ad Alessandra Piva, di Varese, una delle fondatrici dell’Idv nel ’98 e della Base Idv, il primo movimento organizzato del dissenso interno, subdolamente accusata di aver avuto rapporti con esponenti politici condannati penalmente e, udite, udite, di essere stata iscritta alla Margherita, come se l’Idv non fosse un partito di riciclati e transfrontalieri della politica.
Di calunnie è ad esempio oggetto in questi giorni, Serenella Moroder, assessore regionale che ha deciso di candidarsi a coordinatrice del partito nelle Marche. Minacce ha subìto una giovane dissidente marchigiana, Cristina Casturà costretta a fuggire dall’Idv per abbracciare le fabbriche di Vendola. Calunnie ha subìto Alessandra Sartorio, ex assessore provinciale a Torino, dimessa dal presidente della giunta senza essere stata difesa dall’Idv.
La Sartorio era troppo per l’Idv, troppo elegante, troppo bella, troppo alta, troppo ricca, troppo onesta, troppo indipendente, troppo disinteressata alla politica dei compromessi e dei ricatti. E anche troppo coraggiosa perchè ha denunciato al nostro Fabrizio Colonna le indecorose pressioni e le richieste subìte dai capibastone Idv. Mai nessun’uomo aveva trovato questo coraggio, mai nessuno aveva vuotato il sacco come ha fatto lei. Per questo doveva andarsene, era un granello di polvere in un ingranaggio che prevede sì le donne, ma al massimo come angeli del focolare burocratico, segretarie tuttofare, portaborse, e se possibile amanti. In un partito familista e di destra come l’Idv l’unico spazio lasciato alle donne è questo: segretarie, mogli, figlie e amanti. Di queste il partito di Di Pietro è pieno.
E vengono esibite senza imbarazzo, come nel caso della bellissima Marylin Fusco, fidanzata del ras ligure del partito, Giovanni Paladini, che perdutamente innamorato di lei (e lo capiamo) l’ha fatta arrivare con le sue indubbie capacità fino alla poltrona di vicepresidente della Regione Liguria, prestigioso traguardo raggiunto in soli due anni di militanza in Idv, un record impensabile in qualsiasi partito che non fosse il Pdl.
Una carriera “monstre” all’ombra della quale è stata sacrificata un’altra donna, Carmen Muratore, dieci anni di militanza e una certa pericolosa tendenza all’autonomia di giudizio e di azione: un soggetto inaffidabile, dunque da cestinare il prima possibile. In fondo le donne nell’Idv per affermarsi devono assomigliare ai loro “carnefici” maschi, vittime di una sindrome di Stoccolma grazie alla quale si guardano allo specchio e ripetono compiaciute che il sesso debole non esiste più.
Ma forse a non esistere è proprio quello specchio nel quale credono di vedere riflessa la loro immagine. Per questo siamo vicini alle donne che resistono ancora nell’Idv, stordite dalla bruttura morale degli spettacoli ai quali assistono e comunqne coscienti del profondo disagio che provano.
Pensiamo a Emma Tedesco, Franca Carbone, Rosanna Bevilacqua, ed Emanuela Ferrari, tanto per citarne solo alcune, militanti che ogni giorno lottano per provare a cambiare un partito che le sta deludendo mortalmente. E siccome una donna delusa sembra ferita assai più gravemente di un uomo, anche a loro dedichiamo queste righe.

Pubblicato da Monia Lustri

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