di Maria Antonietta Pirrigheddu

Chi di noi non vorrebbe sentirsi “onorato” nel contesto in cui vive? Chi non vorrebbe passare nella vita ricevendo considerazione e stima?
Certo, è una giusta aspirazione… eppure il prezzo da pagare per avere tutto ciò è talvolta molto alto.
Per capire cosa intendo, basta chiedersi quand’è che una persona viene onorata dalla società. Semplice: quando sottostà alle regole comunemente accettate. Quando non trasgredisce le norme, scritte o stabilite dalle consuetudini. E se tali regole stanno un po’ strette… pazienza: potrà storcere la bocca, ma dovrà comunque mantenersi dentro i ranghi.
Ma quante volte i costumi adottati da un gruppo sociale, da un contesto culturale, sono aberranti? E quante volte mascherano le convenienze delle categorie privilegiate?
Fino a qualche decennio fa, ad esempio, rimanere incinta prima delle nozze era ritenuto uno scandalo. Le ragazze che venivano “ingannate” – spesso dallo stesso fidanzato – venivano relegate e condannate ad espiare vita natural durante il loro terribile errore. In compenso l’uomo era libero di abbandonarle, perché poco serie, e di rifarsi una vita con una donna più integra. Per salvare il proprio onore molte ragazze preferivano abortire, spinte anche dalla famiglia. E se riuscivano a farlo senza che nessun altro ne sapesse nulla, potevano proseguire la loro esistenza a testa alta: onorevolmente, appunto. Almeno di fronte alla società.
Allo stesso modo dava scandalo una donna che aveva l’audacia di lasciare il marito: anche in caso di maltrattamenti, una moglie rispettabile era tenuta a resistere e rimanere al suo posto. Diversamente avrebbe dovuto vedersela con le malelingue, o meglio col giudizio delle persone per bene.
Eppure, se la nostra mentalità è cambiata, lo dobbiamo proprio a chi ha avuto il coraggio di andare contro le convenzioni. A chi ha osato trasgredire, tirandosi addosso le ire e lo scherno della massa. A chi ha accettato di rimanere disonorato.
Il senso dell’onore, purtroppo, continua ad essere strettamente collegato alla moralità. Ma la moralità, che cambia a seconda del tempo e del luogo, spesso non ha nulla a che vedere con la rettitudine e il buon senso. Non sarebbe ora, invece, di cominciare a rivedere i nostri parametri di valutazione del prossimo? Perché, al contrario di come accade di solito, dovremmo imparare a onorare chi è capace di andare contro tutto e tutti per ottenere giustizia, per sé e per gli altri. Dovremmo degnare della nostra stima chi non teme di essere deriso, pubblicamente scomunicato, pur di affermare i naturali diritti dell’uomo e delle altre creature. Diritti spesso misconosciuti, perché le cosiddette regole si basano troppo di frequente sulle convenienze di alcuni e sulla paura di molti. Sì, paura: di ritrovarsi ai margini, di essere rifiutati dal gregge, di finire “sulla bocca di tutti”.
Ma se nel corso dei secoli la società è riuscita ad evolvere, lo dobbiamo proprio a coloro che non hanno ceduto al timore di screditarsi di fronte ai più.
Possiede il vero senso dell’onore chi non tradisce la propria coscienza, e piuttosto che l’ossequio verso le consuetudini coltiva la misericordia, la compassione, la solidarietà, il rispetto per se stesso e per gli altri. E merita considerazione e stima non tanto chi si adegua alle norme, camminando sul filo del rasoio per non dare scandalo discostandosi dal comune sentire, quanto piuttosto chi è capace di lottare per ciò in cui crede, pur rimettendoci la faccia.
Il conformismo mantiene l’uomo – e la società – in una condizione di ristagno. E se in tanti, a parole, vorremo andare oltre le convenzioni, in realtà sono ben pochi coloro che hanno il coraggio di alzare la voce, di attirare l’attenzione su ciò che sappiamo essere sbagliato.
Impariamo perciò a sostenere chi è capace di andare contro le istituzioni, che talvolta non sono altro che roccaforti di ingiustizia sociale. Onoriamo chi è capace di lottare, magari pagando di persona, per cambiare abitudini e sistemi che non portano a nulla di buono; chi non si inginocchia davanti al potente di turno per avere una vita più agevole; chi ha la forza di non vendere i propri ideali per il solito piatto di lenticchie, pur sapendo che i benpensanti storceranno il naso di fronte al suo atteggiamento. Facciamo in modo di non doverci vergognare al cospetto di noi stessi, prima ancora che dinanzi agli altri.
Perché l’onore inteso nel suo significato reale non è stabilito tanto dalla tradizione o dalla legge, laica o religiosa che sia, quanto da ciò che prescrive la coscienza. Quando si sia in grado di usarla.

Maria Antonietta Pirrigheddu
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