di Maria Antonietta Pirrigheddu

Questo articolo non è destinato alle persone di una certa età, che bene o male hanno già vissuto le proprie difficoltà e i propri sogni. Si rivolge a chi ancora deve affrontare certi scogli, nella speranza che possa farlo con maggiore consapevolezza e meno danni.

… … …

A quanto pare è sempre sbagliato separare la sessualità dalla procreazione: si rischia di ridurre l’atto d’amore a una forma di droga e di rinchiudersi in un egoismo asfissiante. L’ha ribadito Ratzinger, seguendo le tracce di Paolo VI, ad un congresso internazionale il 10 maggio 2008. Non è una novità. Da secoli la Chiesa cattolica raccomanda ai suoi fedeli di evitare accuratamente ogni rapporto sessuale che non sia finalizzato al concepimento di un bambino.
Ma non dice questo, si potrebbe obiettare, dice solo che i rapporti devono rimanere “aperti alla vita”… Una sottigliezza teologica che non cambia affatto il risultato, visto che l’arrivo di un pargolo è proprio quel che succede, quasi sempre, quando si fanno certe cose senza le dovute precauzioni. Ormai si conosce bene l’inefficacia dei cosiddetti metodi naturali. Così, nonostante si proclami che il sesso “è cosa buona” e che “fa parte dell’economia della creazione”, nella pratica si cerca di snaturarlo e addirittura di impedirlo, caricandolo di risvolti peccaminosi e svalutando l’amore. A nulla vale il fatto che molti teologi cattolici siano in disaccordo. Le chiare affermazioni di Ratzinger sovrastano qualunque altra voce.
Sarebbe molto facile fare dell’ironia anche pesante; oppure si potrebbe chiedere al papa se non sia meglio prendere provvedimenti seri contro la pedofilia, invece di sbirciare nelle camere da letto dei coniugi, ma non è questo il mio intento. Ciò che mi preme è piuttosto indagare i motivi alla base di un diktat tanto innaturale, e soprattutto le sue conseguenze.
Portare al mondo un bambino dovrebbe essere sempre un atto di grande responsabilità. Certamente nessuno può permettersi di avere un figlio all’anno, né lo vorrebbe. E l’unico modo per evitarlo, stando agli insegnamenti di Madre Chiesa, è astenersi completamente dai rapporti. Limitarsi a qualche casto bacetto, insomma.
Lasciamo perdere la retorica infarcita di termini come “dignità umana, “dono fecondo di sé”, “frutto dell’amore” e altri giri di parole: in sostanza è necessario praticare la castità a vita. Come i preti, si potrebbe dire, o meglio non dire.
Ma può una coppia rinunciare alla propria intimità?
Sì, quando non c’è più interesse. Quando l’amore è finito. Oppure quando l’età e le malattie hanno portato la pace dei sensi. Dunque è a questo che si deve puntare, per campare un po’ tranquilli. Diversamente si dovrà affrontare tutti i giorni la dura salita della rinuncia e del sacrificio. In nome di che cosa? In virtù di quale precetto divino?
Ma tant’è: la vita è una valle di lacrime, siamo nati per soffrire, siamo qui solo di passaggio ecc. ecc. Meno male che il cristiano deve coltivare la gioia! E come? Spingendo il proprio partner a cercare amore altrove?
Immaginiamo una giovane moglie che voglia dar retta a Ratzinger. Con tutta probabilità, dopo tre figli in tre anni si disporrà a rinunciare ai piaceri della carne, obbligando il marito a fare altrettanto. Dopo qualche tempo avremo una nuova famiglia disgregata, oppure un’altra moglie tradita e depressa. In compenso la parrocchia avrà guadagnato un’anima assidua da confortare e sollevare dalle pene della vita.
Certo, si sa che il cristianesimo richiede “scelte coraggiose” e “atti d’eroismo”; ma c’è qualcosa d’eroico nel distruggere consapevolmente una famiglia?
Per fortuna quasi nessuno obbedisce. E il risultato è un senso di colpa sottile che pervade tutta la vita matrimoniale. Il senso di colpa genera a sua volta un conflitto interiore e, di conseguenza, una sorta di silenziosa isteria e frustrazione. Tutto ciò non può non riversarsi nel rapporto di coppia, manifestandosi attraverso nervosismi, malumori, rifiuti. Ancora una volta sarà la parrocchia a trarne vantaggio. La parrocchia e il confessionale.

Che succede, invece, se una coppia cristiana è sterile? A rigor di logica, visto che i rapporti non possono volgersi alla procreazione, dovrebbe astenersene: altrimenti il sesso diventa una droga, l’ha detto Ratzinger. I due dovrebbero quindi rassegnarsi a vivere come fratello e sorella. Oppure sarà meglio separarsi per non cadere in tentazione? Ma no, sicuramente il dispiacere di non poter avere figli purificherà i loro atti immorali, e potranno abbandonarsi alla libidine senza timore di andare all’inferno.
Per la Chiesa, l’unica cosa che giustifica un matrimonio è la procreazione. L’amore quanto conta? Ben poco, se viene paragonato addirittura agli stupefacenti! Dunque che dovrebbe fare chi scopre troppo tardi di aver sposato una persona sterile? Si suppone abbia tutti i diritti di reclamare. E il Santo Padre dovrebbe annullare questo matrimonio chiuso alla vita, o quanto meno chiudere gli occhi di fronte a un adulterio perpetrato per ottenere quel che spetta: un figlio.
E’ chiaro che il Magistero non si pronuncia in tal modo. Ma questi sono i paradossi a cui si va incontro a voler applicare sul serio la sua dottrina.

Analizziamo ora l’effetto dell’undicesimo comandamento – Sta’ lontano dal sesso – sui ragazzi, su questi adolescenti che stanno tanto a cuore alla Chiesa.
Ratzinger si augura che ad essi venga riservata «un’attenzione del tutto peculiare, perché possano apprendere il vero senso dell’amore e si preparino a questo con un’adeguata educazione alla sessualità». Parole sante, su cui nessuno potrebbe dissentire. Ma vediamo nel concreto in cosa consiste l’attenzione agli adolescenti, ovvero l’educazione sessuale impartita da sacerdoti, catechisti e insegnanti di religione. Sfrondandola dal corollario delle pie motivazioni, può essere racchiusa tutta in tre divieti.
Uno: non devi avere rapporti sessuali di alcun tipo prima del matrimonio.
Due: anche da sposato, potrai concederti solo un certo tipo di rapporto.
Tre: non dovrai mai usare contraccettivi, anche se hai già otto figli.
Ora immaginiamo la reazione di un ragazzo di oggi a queste indicazioni. Nel migliore dei casi reprimerà un sorriso di commiserazione per i suoi educatori; nel peggiore si sentirà spinto a fare esattamente il contrario e a trasgredire in ogni modo.
Dai tempi di Adamo ed Eva sappiamo che le proibizioni non producono grandi risultati, se non sono accompagnati da spiegazioni convincenti. E in questo caso è impossibile darne: perché non ce ne sono!
Ma la cosa più grave è che questa pseudo-educazione impedisce, di fatto, di affrontare l’argomento in modo serio ed efficace. Qualunque discorso, infatti, si infrangerà inevitabilmente sul muro del divieto. Quale catechista andrà mai a spiegare a dei ragazzini che non sarà il sesso prima del matrimonio a danneggiarli, bensì il sesso senza amore, fatto con la persona sbagliata, e soprattutto i rapporti troppo precoci? Chi oserà insegnare che il sesso è una cosa bellissima e sacra indipendentemente dal matrimonio, e che la sua principale funzione è la fusione dei due in uno, prima che il concepimento?
Solitamente l’educazione sessuale data dai genitori – o meglio la mancanza di essa – non è diversa da quella impartita dal Magistero, perché vi si adatta. Ma ci rendiamo conto di come stiamo crescendo i nostri figli? Da una parte televisione, giornali, internet, pubblicità più o meno esplicite propongono il sesso – anche ai bambini – come merce di nessun valore. Dall’altra la Chiesa, incapace di essere con gli uomini e nel tempo, continua a mostrarlo come qualcosa di sporco, come una strada che porta dritta alla dannazione eterna. In mezzo stanno i nostri ragazzi, privi di un punto di riferimento valido e accettabile.
Eppure il loro interesse principale è proprio l’amore in tutte le sue forme. Snaturarlo, proibirlo e renderlo viscido e peccaminoso significa vietare la gioia di innamorarsi. Perché l’amore travolge! Quanto sarebbe più utile spiegare il modo corretto di vivere i sentimenti e le normali pulsioni vitali, invece di ammonire contro l’impurità della carne e gli assalti del demonio? Perché ciò che viene definito “demonio” non è altro che amore. L’invito della vita alla felicità.
Oppure il buon Dio si è proprio sbagliato? E giustamente il papa ha il dovere di correggerlo! Se è vero quel che ci insegnano, quando Dio fece il mondo era già avanti negli anni e un tantino distratto: diversamente non si spiegano tutti gli errori commessi nella creazione, e soprattutto nella creazione dell’uomo.
Una di queste divine sviste dev’essere stata proprio la naturale attrazione che lega gli uomini e le donne. Se è finalizzata soltanto alla procreazione, come Ratzinger ci racconta, perché mai il nostro Dio ci fa trascorrere tutta l’esistenza sui carboni ardenti, permettendo che ci desideriamo l’un l’altro anche quando non vogliamo avere un bambino? Forse anche questo è un modo per metterci alla prova e mandare tanti di noi all’inferno… Dunque siamo vittime di un Dio sadico?
Difficile da credere. Preferisco pensare che a sbagliarsi sia il suo presunto portavoce.

Ma su cosa poggia questa dottrina? Su quali basi la Chiesa ha stabilito che il sesso è quasi sempre peccato, e peccato mortale per giunta?
La maggior parte dei cattolici crede che sia scritto da qualche parte nella Bibbia, o che sia l’esatta interpretazione del comandamento che recita “Non commettere atti impuri” (così almeno è stato tradotto). E invece non è così. Si fonda unicamente sulla tradizione ecclesiastica.
Per la Chiesa cattolica la tradizione ha lo stesso valore delle Sacre Scritture. Ma che cos’è, in fondo, la tradizione? In questo caso non è altro che la continuazione nel tempo di un decreto o di un’abitudine inaugurata da un Padre, un papa o un vescovo – da un uomo, insomma – per qualche scopo preciso.
Qual è dunque lo scopo dei divieti in materia di sesso? A che servono? Chi ne trae giovamento? Le famiglie no di certo. I giovani nemmeno. Quindi neppure la società. Forse servono a Dio? Tutt’altro: ne fanno un ritratto assai meschino!
Ahimé, a trarne vantaggio è proprio la Chiesa. Madre Chiesa che per tenere in vita seminari, ordini, monasteri ha bisogno di vergini, o almeno di celibi e zitelle, di persone che per un motivo o per l’altro hanno rinunciato all’amore.
Madre Chiesa che per poter elargire il perdono di Dio, di cui è l’unica depositaria, ha bisogno di peccatori.
Madre Chiesa che ha avuto l’intelligenza di capire, fin dai primi secoli, che non c’è potere più grande del dominio sulle coscienze, e che il modo migliore per esercitarlo è seminare sensi di colpa.
Così gli uomini perdono la loro libertà, e spesso anche la gioia di vivere. La naturale pulsione verso il sesso, anziché essere vissuta in modo consapevole e sano, viene repressa e frustrata, trasformandosi talvolta in patologia fisica, eccesso o aberrazione. I nostri ragazzi, privi di un’educazione illuminata e concreta, sono incapaci di salvaguardare se stessi e di scoprire i veri piaceri della vita. Le iniziative umanitarie volte a porre un freno alle malattie a trasmissione sessuale vengono boicottate. E non di rado, nel segreto del confessionale, un sacerdote insiste morbosamente per conoscere tutti i particolari dei presunti peccati altrui.

«… Era nata sotto le mura della chiesa, cresciuta in parrocchia, educata in oratorio. Le avevano insegnato che avvicinare un ragazzo era pericoloso, lasciarsi sfiorare una grave impurità, concedere un bacio un peccato mortale. E l’inferno era terribile, con fiamme divoranti e diavoli lussuriosi. Lei aveva paura del fuoco. Perciò, quando venne il suo tempo, se ne tenne lontana. Aspettando l’amore pulito, quello appreso dai preti, vide gli uomini passarle accanto col loro carico di sporcizia. Ma quando morte arrivò, si accorse che il suo abbraccio era ancora più sporco.»
(da “Le parole assassine”, ed. Kimerik)

Maria Antonietta Pirrigheddu
www.lunadivetro.it

Categorizzato in: