La battaglia di una “sopravvissuta”
contro lo sfruttamento sessuale di donne e bambine
Somaly Mam
SOSTENERE IL LAVORO DELL’AFESIP E DI SOMALY MAM, DI ECPAT, E’ DOVERE DI TUTTI PER AIUTARE I BAMBINI E LE BAMBINE A USCIRE DALL’INFERNO…
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“Mi chiamo Somaly; o, per lo meno, così mi chiamo adesso. Come tutti, in Cambogia, di nomi ne ho avuti parecchi. Un nome deriva da una scelta provvisoria, lo si cambia come si cambia vita se la sfortuna si accanisce contro di noi, per esempio. Ma non mi ricordo bene dei nomi che ho avuto quando ero piccola.
Del resto, non ricordo quasi niente della mia prima infanzia; non so granché delle mie origini e ho ricostruito a posteriori, da vaghi ricordi, quel minimo di storia che sto per raccontarvi…”
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Riascolta la registrazione alla radio dell’incontro con Somaly Mam: Link alla locandina dell’incontro
Nata nella poverissima campagna cambogiana, dove i genitori arrivano a vendere i propri figli all’età di cinque o sei anni per pochi soldi, Somaly Mam, oggi trentacinquenne, ha vissuto parte dell’adolescenza in un bordello, in condizione di schiavitù. Violentata, picchiata e torturata, è riuscita a sottrarsi al suo destino e insieme al marito Pierre Legros ha creato nel 1997 un’associazione no-profit, la AFESIP (Agir pour les femmes en situation précaire) che dalla Cambogia, dove ha la sede principale, si è rapidamente sviluppata in Tailandia, Vietnam e Laos.
Nonostante abbia subito numerose minacce, finora Somaly Mam è riuscita a salvare dalla prostituzione e dalla schiavitù migliaia di ragazze. Il silenzio dell’innocenza racconta la sua storia, la storia di migliaia di persone come lei, il dolore e la rabbia, ma anche la speranza che il mondo possa cambiare.
Somaly Mam nel 1998 è stata insignita del Premio Principe delle Asturie per la cooperazione internazionale su segnalazione di Emma Bonino, sua grande sostenitrice. Candidata al Premio Nobel per la pace dalla Regina di Spagna, da anni le televisioni e la stampa di tutto il mondo si occupano di lei. Ma in Italia Somaly Mam è diventata un personaggio pubblico soprattutto con le Olimpiadi invernali di Torino quando, il 17 febbraio 2006, ha portato la bandiera olimpica assieme ad altre sette grandi donne come la keniota Wangari Maathai Kenia (Nobel per la pace 2004), la scrittrice cilena Isabel Allende e l’attrice e ambasciatrice dell’Unicef Susan Sarandon. Oggi Somaly Mam vive vicino a Phnom Penh con i suoi figli Melissa, Adana e Nicolai.
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“Sono colpita dalla drammaticità del racconto di Somaly, ascoltato il giorno 25 ottobre al teatro Flaiano di Roma. Quello che accade in Cambogia, ma anche in tante altre parti del mondo, non può essere accettato. Bisogna che ognuno di noi, secondo i propri mezzi, politici, economici, di risorse sociali faccia qualcosa…
Wanda Montanelli”
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