di Gabriella Quattrini

pianse - IL 
 SOLE PIANSE... E FU POESIA

Non c’è nella scrittura della Quattrini un momento di stanca né di ripensamento perché lei, in groppa al cavallo della sua vita, s’inerpica anche su pareti scoscese che si livellano in quanto il suo carattere forte, volitivo, ha anche tale capacità e questo lo si desume dalla proposizione poetica che può rappresentare la seconda parte seppur tutte e due le componenti fanno parte di un insieme omogeneo e quanto mai lirico. […] […] Raramente( e qui mi riporto alla individuazione di eroine letterarie, anche di notissime tragedie)
una personalità femminile ha saputo ergersi superando le condizioni più negative umane perché non solo la forza di volontà, ma il desiderio d’amore vissuto, sono state le molle propulsive volendo aggiungere che ha saputo trovare nella scrittura lo sfogo ideale per acquietare il suo animo. […
[…] L’arte, meravigliosa fonte di sapere, di sensazione vive perché la realtà quanto la fantasia costituiscono un meraviglioso motore manovrato da mani esperte e tra queste mani e con questo motore possiamo dire che l’autrice ha posto un positiva ipoteca perché la sua opera( nel proseguo della sua attività) possa considerarsi importante e duratura nel tempo. […]

Pietro Seddio

… UN ASSAGGIO…

[…] Mi alzo, apro il baule, ne estraggo l’abito di seta turchese tempestato di stelline d’argento che tanto mi ha fatto sognare! Lo appoggio sulla camicia da notte azzurra e, nello specchio, ci vedo Gazzella. Istintivamente incrocio le braccia sul petto come a volerla proteggere. Sia Gazzella che Bibì (le mie alter ego) mi hanno creato, nel corso della mia esistenza, qualche problema di troppo per la loro inesauribile voglia di correre a briglie sciolte nella prateria della Vita. Gli “Orchi” non fanno paura a dei “cavalli pazzi” e loro lo erano!
Dopo la mia separazione molte “signore” impregnate di falso ”perbenismo” mi allontanarono come fossi diventata, improvvisamente, persona da emarginare. Fu allora che incontrai Gigì “mezzana di cuori solitari”. Diventammo, da subito, grande amiche. A lei confidavo amori e delusiomi, certa, ogni volta, di non essere fraintesa. ii suo salotto diventò per me un rifugio sicuro dove mai nessuno mi fece sentire un oggetto ”appiccicato e sporco”.
La sua morte mi procurò sofferenza e rimorsi per averla trascurata negli ultimi anni a causa dei miei impegni artistici. Ma ora il suo fantasma tornava per regalarmi preziosi frammenti di vita.
I fantasmi sono i soli a non temere il tempo e vincono sempre quando chiedono di essere ricordati. Anche Gigì, questa mattina, vince il suo momento di vita: lo reclama, lo pretende, lo merita.
Chiudo gli occhi; sono nel salotto di Gigì, lo riconosco dal suo inconfondibile odore di cose buone. Ed io sono lì per parlarle di Edoardo, ignara che quello sarebbe stato il nostro ultimo incontro. […]

[…] Parlammo e ridemmo ricordando episodi divertenti come i nostri fine settimana trascorsi insieme; ne parlammo come due studentelli che ricordano il tempo in cui marinavano la scuola.
Osservavo compiaciuta la mia amica: piccola, stretta di fianchi, un bel seno importante che tanto piaceva agli uomini, capelli corti biondo platino un po’ mesciati, molto curati, bocca dal sorriso smagliante e labbra non carnose, ma sempre ben disegnate e valorizzate da rossetti tendenti al rosso corallo.
Gigì si muoveva in quel suo salotto come una damina del seiecento in armonia con i bei mobili di antiquariato sparsi un po’ ovunque; non c’era oggetto in quella stanza che non fosse di estrema raffinatezza: dai piatti disposti con arte alle pareti tappezzate di seta avorio, alle statuine di limonge che occhieggiavano dalla vetrina di un troumon di ottima fattura per finire con il salotto, stile inglese, tappezzato di velluto di lino verde-oliva.
L’aria, in quella casa, odorava di fiori e di pulito.
Il pomeriggio aveva ormai dato il passo alla sera, ma noi prolungavamo quell’incontro da entrambe desiderato infiocchettandolo con mille aneddoti e altrettanti pettegolezzi divertenti, proprio come due comari che sciorinano i loro panni al sole.
Feci l’atto d’alzarmi, ma Gigì, prontamente, appoggiò le sue piccole mani, dalle unghie sapientemente laccate, sulle mie spalle e, con una affettuosa ma decisa pressione delle braccia, mi fece nuovamente affondare nell’elegante divano di velluto verde-oliva; mi pregò perché restassi a cena ed io restai. Bevvi un bicchiere di vino e mi girò la testa. Quando le chiesi se poteva ospitarmi per la notte, lei espresse la sua felicità con dei gridolini a me familiari e alla mia domanda “se la stanza degli ospiti avesse ancora la tappezzeria azzurra” Gigì, con tono carico di complicità, mi sospinse verso la stanza, la illuminò con un affusolato lume da terra di ottone brunito a forma di tulipano e, spiando l’espressione del mio viso…
– Guardala!… E’ tutto come allora! La lampadina sul comodino è rossa… proprio come piaceva a te e Renato… vuoi indossare una delle mie camiciole per la notte? –
– Non amo indossare camiciole peccaminose, preferisco dormire vestita di verginale nudità –
Fu la mia ultima battuta della serata. Le palpebre erano diventate pesanti. Gigì capì che era il momento della buonanotte, mi mandò un bacio e, nel socchiudere la porta disse:
– Sogni d’oro Gazzella! – Allontanandosi con il passo discreto e silenzioso che la distingueva.
Mi spogliai frettolosamente. Volevo sdraiarmi su quel grande letto anch’esso tappezzato di damasco azzurro e profumato di pulito. La luce rossa mi avvolgeva il corpo coperto solo da un piccolo slip di pizzo nero. Avvertivo quel magico abbraccio che colorava la mia pelle. Languidamente supina sentivo scorrere nelle vene un delizioso senso di totale abbandono. Il grande specchio fissato al soffitto proiettava l’immagine di una donna ancora molto bella: spalle tornite, seni armoniosi, cosce proporzionate alla rotondità dei fianchi, fondo schiena notevole, vitino da vespa, collo da cigno, capelli biondi e lisci sparsi a raggiera sul cuscino di raso anch’esso azzurro.
Distolsi lo sguardo dallo specchio per guardarmi attorno: quella stanza mi stava riportando indietro nel tempo. Un mare di pensieri bussavano per diventare parola, mentre un meraviglioso assolo, vibrante di emozioni, mi riconsegnava fra le braccia di Renato.
Sul prezioso secreter Luigi sedici troneggiava un quadro di rose azzurre. Scivolai pigramente dal letto. Mi avvicinai al secreter; appoggiata sulla ribaltina trovai della carta pergamenata e… prima ancora di capire cosa volessi farne, vestita solo di pelle colorata, ricordando la favola che mi aveva regalato Renato, scrissi in stampatello a caratteri cubitali:

ETERNAMENTE INSIEME
IN UN CASTELLO INGLESE

Commedia in due tempi

p.s.Ciao Gigì, ci rincontreremo sul “Palcoscenico di stelle” dove tu, su una nuvoletta di coriandoli, potrai gestire (con tanto di licenza) un raffinatissinio salotto per “Anime lussuriose”.
La tua Gazzella.

… per informazioni Gabriella Quattrini email 3 - IL 
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Nicola Calabria Editore – n.calabria@virgilio.it

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