di Luisa Caeroni
In ufficio, al rientro dalle ferie, tutto era cambiato. Niente appariva più come prima, nemmeno la disposizione delle scrivanie. Avevano assunto impiegati a tempo determinato, scovati fra le più antiche liste dell’ufficio di collocamento. Gente precaria e demotivata, preposta ad azzerare fra il lavoro arretrato, quello più noioso, che non richiedeva particolari competenze, accantonato per molteplici motivi, non ultimo la poca efficienza del personale di ruolo. Insieme alle scartoffie, una bruma di stupidità, consentita dal lavoro ripetitivo e dal mancato controllo, aleggiava abbondantemente tra i nuovi venuti. Avevano sempre voglia di scherzare mentre la signora Marchini, accartocciata nella sua vaga malinconia, silente e scontrosa, cercava di isolarsi il più possibile. Per fortuna le restavano due veri amici: Nora e De Mattei.
Con Nora aveva spartito alcune avventure di gioventù e una giuncaia d’amicizie le univano nei ricordi. De Mattei la seguiva con dilezione e lei lo rendeva partecipe di tutti i programmi di lavoro. Il collega era una persona mite, istruita e disponibile. Sposato, ma senza figli, aveva costruito con la moglie un solido legame. La consorte, una bella donna di vecchio stampo, sempre perfettamente agghindata, con la nuca a cuspide e le ciocche zompanti all’insù, amava farsi vedere in giro con il marito a braccetto o mano nella mano, ma nei rapporti interpersonali era assai petulante. Un tipino pepato che aveva trovato terreno fertile nella mansuetudine nel coniuge. De Mattei a volte in ufficio si lasciava andare a piccole confidenze facendo trapelare lo scontento; però non si ribellava. La moglie era troppo esigente, addirittura gli imponeva di muoversi poco nel letto per non stropicciare le lenzuola e lui cercava, per il quieto vivere, di accontentarla. Avanzava tuttavia belanti suffragi quando lei non rispettava l’impegno di intime elargizioni, fissato con molto tempo di anticipo. Nora ed Carla lo scorbacchiavano benevolmente su questi argomenti, ma non mancavano di solidarizzare con lui.
Un giorno avvenne un fatto curioso che insinuò in Carla un pesante sospetto.
Una domenica pomeriggio, mentre Carla stava concedendosi un attimo di relax sdraiata sul divano, entrò in casa sua sorella Anna, la quale, dopo essersi assicurata che nessuno sostasse nei pressi, esordì in maniera concitata:
“Sai cosa mi è accaduto l’altra sera?”
Carla abbandonò repentinamente la sua posizione di riposo per mettersi in ascolto e Anna raccontò: “Rincasando, percorrevo la Via Borgovecchio perché il traffico dell’altra strada mi infastidiva e volevo pensare ai fatti miei, quando a metà percorso vidi venirmi incontro un tipo con andatura ondeggiante, che sembrava avere strane intenzioni. Mi misi in agitazione, perché non c’èra in giro anima viva, ma non potendo far altro, continuai imperterrita la mia strada. Quando ci trovammo di fronte, questi iniziò a praticare movimenti scabrosi, non ti dico in quale modo”.
La sorella ascoltava stupita immaginandosi la scena. Quel viottolo stretto e delimitato da un campo su di un lato e da un corso d’acqua sull’altro, sembra essere l’ideale per loschi incontri. Una strada mantenuta straordinariamente fuori del tempo e che resiste allo sconsiderato avanzare della cementificazione cittadina. Molte persone percorrono quella via, preferendo quel piccolo nastro di natura al movimento incessante del traffico.
Anna continuò a raccontare.
“Vistami ostacolata nel cammino e spaventata per i suoi comportamenti osceni, gli zompai addosso come una tigre ficcandogli le unghie in faccia. Il maniaco, non prevedendo questa mia reazione, schizzò via a razzo. Che spavento!”
Terminato il suo eloquio concitato, senza troppa dovizia di particolari a causa della delicatezza dell’argomento, la sorella solidarizzò con lei.
“Sei stata bravissima. Come ti è venuto tanto coraggio in quel momento?”
“Non lo so, ma se l’avessi sottomano ora, altro che unghiate, una ginocchiata in quel posto!”
Anna si accalorava nel profluvio di intenzioni postume e il frastuono di chiacchiere si interruppe solo quando le due sorelle videro entrare il marito di Carla con una cabaret di biscotti. Gli riferirono l’avvenimento, poi insieme sorbirono il tè scherzando sul mostro.
Il lunedì seguente, mentre Carla sfogliava con poca voglia alcuni incartamenti, entrò De Mattei con un fascicolo in mano. “Buongiorno Marchini, dovremmo vedere insieme questa pratica…..”
La collega lo guardò senza interesse e fece un meccanico cenno di assenso. Il lunedì mattina la loquacità non è di casa. Mentre la donna si appropriava della cartella, si accorse che De Mattei aveva sulla guancia destra dei segni rossi e sottili. Osservò meglio e vide che si trattava di graffi.
Perplessa, si riallacciò a quanto raccontato da sua sorella la sera precedente. Anna aveva attaccato il bruto ad unghiate e De Mattei aveva delle tracce di unghie sul viso! Una strana combinazione. Presa dalla frenesia di indagare, si alzò di scatto, appoggiò davanti al collega alcuni fogli e iniziò ad interrogarlo su come procedere, ma gli occhi erano spudoratamente fissi sulla guancia destra del suo interlocutore. Avrebbe voluto, strappargli delle giustificazioni o almeno intraprendere un dialogo che permettesse di tirare le giuste conclusioni. L’uomo, vistosi pressato dallo sguardo dell’amica, si mosse dal posto e con una scusa si diresse in un’altra stanza. Carla considerò la fuga come una chiara conferma dei suoi sospetti. Che senso aveva il sottrarsi se non c’era nulla da nascondere? Rimase a lungo sbigottita. Non voleva credere. Fece qualche passo in direzione dello studio di De Mattei, poi si fermò considerando in cuor suo che sarebbe stata un’inutile indagine: i colpevoli si costruiscono alibi solidissimi, trasformando le menzogne in verità anche per se stessi. De Mattei era il depravato nel quale era incappata sua sorella! Purtroppo gli indizi lo incastravano. Abitava nello stesso quartiere e percorreva quella strada per ritornare a casa; era un uomo, né alto né basso, come era stato descritto; né giovane né vecchio, e normalmente indossava un cappotto scuro come quello dell’increscioso evento. L’assioma la portò a conclusioni che mettevano in crisi il suo presunto acume: era stata a contatto per lungo tempo con una persona sordida e non se ne era mai accorta! Credeva di conoscere tutto di lui, della sua vita, ma vedeva solo una superficie lisciata ad arte, non la sua vera personalità! Quali erano infondo i suoi hobbies? leggere molti libri, andare a cavallo, fare escursioni in montagna….,. tutte attività di uomini che amano la solitudine. Una persona solitaria, ecco l’elemento a suo sfavore, la ragione di tutto! I solitari manifestano spesso delle perversioni, anche se all’apparenza sembrano persone perfette. Così De Mattei, sempre educato e servizievole, doveva nascondere la propria vera indole. Intelligente e capace, ma troppo timido per esprimersi al meglio. Questo carattere era forse la chiave della sua deplorevole debolezza che l’aveva portato a frustrazioni, quindi a inconsce alterazioni psicologiche, fino ad arrivare ad essere pervertito. Che cos’è la natura umana! Eppure, per lui avrebbe messo la mano sul fuoco!. Inoltre De Mattei aveva una moglie e sembrava si amassero ancora dopo tanti anni di matrimonio.
– L’apparenza inganna, signore e signori.- Carla si immaginava sul banco del pubblico ministero nella fase accusatoria. – E’ storia antica quanto il mondo. I più barbari delitti sono stati perpetrati da persone apparentemente ineccepibili.” – Frattanto prese a considerare altri Dr. Jekyll e Mr. Hyde a portata di mano, tutto il carcame di cui era a conoscenza. Chissà quanti individui che frequentiamo hanno una vita pubblica di riguardo ed una vita segreta inconfessabile! Ma per De Mattei non riusciva a credere a tanta doppiezza, però le graffiate sul viso e tutte le altre prove davano sempre più corpo al suo sospetto. Tutti manifestiamo delle ambiguità nello scorrere della nostra vita, abbiamo un po’ di perbenismo da ostentare e poche o tante debolezze da nascondere. Le molteplici sfaccettature della nostra personalità non sono sempre esposte al pubblico. Come le canne di un organo: quelle finte sono ordinatamente disposte in luogo prospiciente, ma tutte le altre che concertano i suoni, grosse e sottili, lunghe e corte, sono nascoste dietro la barriera delle prime. Le dissonanze, si sa, possono essere mistificate dal suono globale. In un frenetico flash back passò in rassegna anche il suo fardello di ambivalenze e il rimuovere quella pietraia le costò una certa angustia. Poi Nora entrò nella stanza e Carla fu felice di sospendere le riflessioni. Pensò subito di riferire il sospetto, ma la loquacità della sua interlocutrice le permise di riflettere e di decidere che tacere era meglio. Il cuore è sempre pronto ad assecondare benevoli intenzioni; tuttavia la lingua iniziò ad agitarsi, finché sputò la prima frase:
“Hai visto che segni ha De Mattei sul viso?”
La collega, con sguardo malizioso rispose:
“Si, deve averlo graffiato la moglie. E’ una belva.”
Sogghignarono al pensiero della moglie che graffia il marito, ma tutto ad un tratto si affacciò De Mattei con aria candida:
“Signore, ci prendiamo un caffè insieme?”
Superando ogni ritegno la Marchini chiese senza perifrasi:
“Che cosa ti è capitato De Mattei, sei stato graffiato dal gatto?”
“Zitta, per fortuna non ha preso l’occhio; è stata la sferzata di un ramo in un momento di distrazione, ieri andando a cavallo.”
Quella stessa sera Carla telefonò a Anna perché le descrivesse meglio il lubrico. Dopo i necessari chiarimenti, capì che non poteva essere De Mattei: non era calvo né portava gli occhiali.
Successivamente il fattaccio fu motivo di ilarità fra i Nora e Carla, senza naturalmente che la signora Marchini confessasse le sue elucubrazioni all’interessato. La baldanza vinse il rimorso di aver trasformato, anche se per fortuite combinazioni, una pecorella smarrita in un lupo famelico e, per giunta, ai danni di un vero amico.
Luisa Caeroni
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