Giovanni Maiolo

Ho saputo da internet che vicino a casa mia, a Roccella Jonica, sono sbarcati dei clandestini. Succede spesso da queste parti. Ma questa volta è stato diverso, l’avventura in mare di circa 150 persone è divenuta tragedia. La carretta del mare si è spezzata. Hanno trovato già sette corpi senza vita. Due li hanno recuperati sulla spiaggia di Gioiosa Jonica, qualche chilometro più a sud. Ho deciso di andare a vedere cosa è successo, per capire. Ma non c’è niente da capire. Ho parcheggiato sulla statale 106 la mia auto, ho scavalcato il guardrail, ho superato i binari della ferrovia e mi sono trovato sulla spiaggia. Il relitto è lì, poggiato sulla sabbia e battuto dalle onde. Diviso. Spezzato. La cabina è staccata dal resto. La prua anche. Il mare mosso e il cielo grigio incupiscono l’animo, come la vista della carcassa. Legno ovunque, per centinaia di metri. E oggetti. Bottiglie di olio, fusti di olio per motore, una scatola di succo di frutta, scarpe. Decine e decine di scarpe e ciabatte sono sparse lungo la costa. Vestiti. Loro, i clandestini sopravvissuti, non ci sono già più, sono stati portati via. Qualcuno è in ospedale per essere curato. Sono palestinesi. Sbarcati a Roccella, a 5 km da Caulonia, il paese di Angelo Frammartino. Un italiano andato a morire in Palestina. Loro, palestinesi, invece sono venuti a morire in Italia. Su una tavola qualche anima buona ha lasciato un mazzo di fiori bianchi, che spuntano come un miraggio all’improvviso in mezzo ai resti. È impossibile non commuoversi. Si respira dolore e salsedine, panico e impotenza. Sul biglietto c’è scritto “Il vostro coraggio è per noi memoria”. Ma io non credo che si trattasse di coraggiosi. E non credo neanche che di questa ennesima tragedia resterà memoria, se non nelle menti di quelli scampati all’orrore. È solo una cattiva notizia al Tg dell’ora di pranzo. Il servizio successivo parla già di altro. Domani non se ne parlerà più. Di immigrazione si continua a morire, in Italia si continua ad arrivare da clandestini, e a morire da clandestini, nel buio della notte col mare in tempesta, quando nessuno può osservare. Quando nessuno può vedere. Esseri umani ammucchiati come bestie sono morti in mare a 5 chilometri da casa mia, mentre dormivo al caldo. Non capisco, non riesco a capire. Pare che abbiano pagato 1500 euro a testa ai trafficanti di uomini. Per finire in Italia, qualcuno a morire, gli altri probabilmente per essere rimpatriati. Non ha senso. Non ha senso un sistema in cui le merci possono attraversare liberamente le frontiere ma gli uomini devono rischiare la vita per superare una linea segnata su una cartina. Non ha senso che accada nel 2007. Non ha senso che si muoia così… I cadaveri sono stati portati via. I sopravvissuti, compreso un bambino di dieci anni, sono stati portati via. La carcassa della carretta sparirà. E la prossima estate torneremo a fare il bagno su quella spiaggia, a cercare sollievo dal sole calabrese. E forse solo qualcuno rivolgerà un pensiero a quelli che proprio lì, in una notte di burrasca, hanno perso la vita in mare. Gli altri continueranno ignari di tutto a godere il mare d’estate. Perché la vita continua. Ma non se sei palestinese e muori in terra straniera ucciso dalle onde e dalla clandestinità.

Giovanni Maiolo
Portavoce regionale Gc

Categorizzato in: