di Anja Tranovich

NAZIONI UNITE, 9 settembre 2005 (IPS) – Nonostante il mercato globale abbia portato nuove opportunità e impiego per alcuni, la maggior parte dei lavoratori poveri del mondo rimane intrappolata in un’economia sommersa, dove i lavori sottopagati e incerti perpetuano la povertà.
Secondo un recente rapporto del Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per la donna (UNIFEM), intitolato “2005 – Progresso delle donne nel mondo: donne, lavoro e povertà”, la disponibilità di lavori riconosciuti sta diminuendo a livello globale, mentre il settore sommerso è in rapida espansione, causando minor stabilità, salario e benefici, soprattutto per le lavoratrici donne.
Nei paesi in via di sviluppo, il lavoro informale ammonta al 50-80 per cento di tutta l’occupazione non-agricola, e la cifra cresce se si aggiungono i lavoratori agricoli.
Questa forza lavoro non ufficiale è smisuratamente popolata dalle donne. Un recente rapporto Onu sul progresso verso gli Obiettivi di sviluppo del millennio (MDG) fa notare che “nella maggior parte del mondo in via di sviluppo, l’accesso femminile a occupazioni retribuite è inferiore rispetto a quello maschile …Per le donne è più difficile ottenere normali lavori retribuiti e spesso vengono impiegate nell’economia sommersa, con scarsa sicurezza finanziaria”.
Gli MDG prevedono di ridurre povertà e fame del 50 per cento; assicurare l’istruzione primaria universale; abbassare di due terzi la mortalità infantile, e di tre quarti quella materna; promuovere l’uguaglianza di genere; fermare la diffusione di Hiv/Aids, malaria e altre malattie; incoraggiare lo sviluppo sostenibile; creare una partnership globale per lo sviluppo tra ricchi e poveri ­- tutto entro il 2015.
Il rapporto UNIFEM rivela che uno dei problemi fondamentali è il diffuso divario tra salari maschili e femminili nella maggior parte delle categorie lavorative, e la richiesta di tempo extra alle donne in termini di cura dei bambini e lavoro domestico. “La totalità del lavoro femminile rimane scarsamente compresa e considerata”, sostiene Noeleen Heyzer, direttrice esecutiva dell’UNIFEM. “Teoricamente, in tutti i paesi e tradizioni del mondo, le donne mantengono le loro responsabilità fondamentali in famiglia (lavoro domestico e cura dei figli), il che ne pregiudica l’ingresso nel mercato del lavoro”. Per le donne non solo è più facile lavorare nel settore sommerso, ma loro stesse tendono a occupazioni più precarie, e a guadagnare salari più bassi. “Questo rapporto associa la povertà all’uguaglianza di genere”, ha detto Heyzer all’IPS. “Riteniamo impossibile ridurre la povertà senza affrontare il problema della povertà femminile“.
Il lavoro delle donne nel settore sommerso in genere non rientra nel quadro legale delle relazioni impiegato/datore di lavoro, regolate a livello locale e nazionale, rimanendo così escluso da protezioni legali e sociali, come le leggi sul salario minimo.
”Lavoro più di 18 ore al giorno, ma non guadagno abbastanza per mantenere me stessa, mio marito e i miei due bambini”, è la dichiarazione di una lavoratrice cambogiana citata nel rapporto dell’UNIFEM.
”’Progresso 2005′ si basa sulla premessa che un lavoro decente sia fondamentale per la sicurezza economica e la riduzione della povertà”, ha dichiarato Martha Chen, co-autrice del rapporto e coordinatrice della rete globale, Donne e lavoro sommerso: globalizzazione e organizzazione. I lavori devono essere ben compensati, stabili e sicuri, ha spiegato.
Il rapporto raccomanda di raccogliere più dati sulla questione, poiché quantificare le ore che le donne dedicano al lavoro non retribuito potrebbe dare maggior visibilità al problema e renderlo più reale agli occhi dei politici. ”Le statistiche sono potenti”, spiega Ela Bhatt, fondatrice dell’Associazione indiana per l’autoimpiego delle donne (SEWA, Self Employed Women’s Association). “Quando le cifre sono nelle mani degli attivisti, la lotta si rafforza“.
Il rapporto UNIFEM spinge inoltre i politici a spostare il nucleo delle politiche economiche nazionali e regionali da questioni relative alla crescita a quelle di lavoro e occupazione. ”Le strategie per ridurre la povertà e promuovere l’uguaglianza dovrebbero essere orientate all’occupazione e concentrate sul lavoratore”, prosegue il rapporto. “Il cambiamento non si attua solo attraverso la politica economica. Le riforme del libero mercato come deregolamentazione e privatizzazione non implicano una riduzione della povertà né diminuiscono la disuguaglianza di genere”.
”Le politiche economiche che non tengono conto della vita reale e dell’andamento dei mercati del lavoro non possono essere considerate obiettive nei confronti del lavoro”, prosegue il rapporto. “In particolare, le politiche economiche che ignorano il fatto che la maggior parte del lavoro di cura non retribuito venga fatto da donne non si può considerare obiettivo nei confronti del lavoro femminile”.
Heyzer ha dichiarato all’IPS che “la buona notizia è che le soluzioni esistono e il cambiamento è possibile ­ grazie a ‘elementi di fattibilità’”. ”Tra questi, ha spiegato, assicurarsi che le donne non solo abbiano il diritto di lavorare, ma che abbiano diritto al lavoro; migliorare le condizioni lavorative; sostenere le organizzazioni femminili in modo che possano rivendicare i loro diritti; aprire i mercati alle donne; estendere il loro accesso al credito e ai mercati finanziari” sono fattori critici.
Secondo Heyzer non si può ottenere un progresso significativo nell’ambito degli MDG – in particolare sugli obiettivi uno e tre, dimezzare la percentuale di persone che vivono con un dollaro al giorno ed eliminare la diseguaglianza di genere ­- se non si affronta il sessismo sul luogo di lavoro e nel mercato occupazionale.
”Abbiamo diffuso questo rapporto per collegarci con l’imminente Vertice Mondiale, quando i leader della terra si incontreranno per osservare le azioni concrete finalizzate al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio”, ha proseguito Heyzer. “Se non viene dedicata maggior attenzione al potenziamento della sicurezza economica femminile, la povertà non sarà sradicata”.
Dal 14 al 16 settembre, il quartier generale delle Nazioni Unite a New York ospiterà più di 175 capi di stato, ma molti attivisti temono che il mandato fondamentale del vertice – affrontare la povertà – venga deviato dalla grande attenzione alle questioni della sicurezza e alla riforma Onu, in particolare per i cambiamenti a largo raggio richiesti dagli Stati Uniti.

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