Francesca Santucci

In primavera vi racconto una favola

(dall’antologia “In primavera…ti racconto una favola”, Associazione culturale Picard “Davide Aino”)

L’anno scorso un palloncino a forma di cagnolino dalmata, sfuggito, probabilmente, dalla mano di un bambino il giorno in cui c’era stata la fiera in paese, restò intrappolato per giorni fra i rami del tiglio davanti casa mia. Per giorni e giorni lo osservai, ne osservai gli spostamenti dovuti ai refoli di vento che riuscivano a penetrare fra il fogliame. Ogni mattina, al mio risveglio, il primo pensiero era quello di accertarmi che ci fosse ancora e non fosse volato via…intanto, però, la mia fantasia volava… Poi, finalmente,un giorno, mi accorsi che era disceso ad un’altezza abbastanza ragionevole per essere liberato e, così, pur se mezzo sgonfio, insieme ad un amico lo tirammo giù e, felice come una bambina, lo tenni per me. E scrissi questa fiabina.

vp2 - IL VOLO DEL PALLONCINO

C’era stata la fiera quella domenica in paese, e tra le vie affollate di passanti e bancarelle che esponevano le più varie mercanzie, nei profumi dello zucchero filato e delle ciambelle di mele inzuppate in dolci mieli, con il sottofondo musicale delle canzoncine infantili che accompagnavano i bambini sulle giostre, alti si erano levati i gridolini di gioia dei più piccoli quando, dopo una brevissima resistenza dei genitori, finalmente erano riusciti a farsi regalare un colorato palloncino volante, dalla forma comune o più strana, a goccia, a sfera, a cuore, a ciambella, a cilindro, decorato, disegnato, fosforescente, brillantinato, che il venditore aveva offerto sorridendo, che loro avevano accolto trionfanti.
Si divertivano un mondo quei bimbi a tendere i palloncini verso l’alto allungando il ditino al quale tenevano legato il filo, e sembravano felici pure i palloncini multicolori, rossi e bianchi, verdi e lilla, arancioni e blu, di protendersi e ondeggiare sinuosi come danzatrici orientali verso il cielo turchino. E quelli che avevano forme di animali, gatto, cane, scimmia, tigre, delfino, farfalla, parevano davvero prendere consistenza ed animarsi, piano dondolandosi nell’aria. Ma, oh, ecco che, per un improvviso colpo di vento, un palloncino a forma di palloncino dalmata, bianco a grandi macchie nere, con un bel collarino fucsia dipinto intorno al collo, si staccò dal ditino del suo padroncino e s’involò, ma non andò molto lontano, finì tra il fogliame di un profumato albero di tigli, e lì restò intrappolato.
Pianse il bambino al quale era stato strappato quel palloncino, e il suo babbo non riuscì a recuperarlo, troppo alto era l’albero, nemmeno allungando un bastone si poteva riuscire a riprenderlo, e, così, non gli restò che cercare di far sparire le lacrime del suo figlioletto acquistandone uno nuovo. Ma il bambino non dimenticò nemmeno nei giorni a venire il suo amico, anche perché, ogni volta che ripassava nel viale, tornando da scuola con la sua mamma o con il suo papà, sempre lo intravedeva, tra le verdi foglie e i bianchi fiorellini del tiglio, con i dolci occhioni tristi, il muso rivolto verso il cielo, le quattro zampe a cavalcioni di un fragile ramo, oppure sospeso a testa in giù, a volte un po’ più in alto, a volte un po’ più in basso, secondo come lo disponevano gli allegri refoli di vento che riuscivano ad aprirsi un varco e ad insinuarsi.
Per giorni e giorni quel palloncino restò sospeso lassù, e il bambino, fra le lacrime per il compagno appena trovato e subito perso, nella sua immaginazione lo trasfigurò, lo animò di vita propria e cominciò a pensare che fosse davvero un cagnolino. Immaginava che di giorno guardasse il cielo azzurro, godesse del tepore dei raggi del sole che, dolcemente, s’insinuavano tra le foglie, ascoltasse il canto degli uccelli liberi nell’aria e si stupisse ai loro voli e alle rincorse delle api che si tuffavano nelle corolle dei fiori per suggere il dolce nutrimento. Immaginava che di notte ammirasse le stelle e la luna luminosi nel firmamento e sognasse che giungesse un nuovo colpo di vento a liberarlo dall’intrico dei rami e del fogliame che lo imprigionavano, che sospirasse, guardando giù verso terra con gli occhioni umidi o guardando su verso il cielo nel quale, credeva, avrebbe ritrovato la libertà … Ma ugualmente il cagnolino restava intrappolato, non poteva discendere dall’albero, che era troppo alto, e lui non era una scimmia per balzare via, non era un gatto per saltare giù, e non aveva ali per spiccare il volo e, dolcemente, planare a terra. Allora non gli restava che porsi in ascolto delle voci della natura, osservare e sognare, cullato dalla brezza leggera che filtrava tra i rami.
Ma quel cagnolino era pur sempre un palloncino che, quando vola in cielo, prima o poi scoppia. Salendo in alto si dilata, la gomma di cui è composto non può reggere la dilatazione e, allora, scoppia, ricadendo lontano in terra in miseri brandelli: era questo il destino che attendeva il povero cagnolino ignaro sull’albero, e ben lo sapevano i genitori del bambino, che comprendevano la malinconia del loro figlioletto per l’amico intrappolato, ma dovevano prepararlo al triste evento!
Allora gli parlarono, prospettandogli con cautela e dolcezza l’inevitabile conclusione, ma anche cercando di consolarlo. Il suo papà lo invitò a pensare che, da quando era nato, quel cagnolino era stato sempre prigioniero, prima legato ad un filo, nella mano del suo creatore, poi in quello del venditore, poi ancora in quello del bambino, infine intrappolato sull’albero, perciò, quando sarebbe riuscito a districarsi dal viluppo vegetale e avrebbe preso la rincorsa verso l’alto, sarebbe andato, sì, incontro a morte certa, ma in libertà, fra le azzurrità del cielo; e la mamma aggiunse che, se avesse espresso un desiderio al cagnolino, quello, prima di scoppiare, l’avrebbe consegnato agli Angeli che vivevano oltre l’arcobaleno, che lo avrebbero esaudito.
Allora il bambino ci pensò su un attimo, sollevò la testa in direzione dell’albero, e poi espresse il suo desiderio: che a nessun bambino mancassero mai l’amore dei suoi genitori e la libertà.
E, così, il giorno in cui ripassando nel viale più non scorse il cagnolino sull’albero, intuendo cos’era accaduto un poco pianse, ma poi, stringendosi ai suoi genitori, si consolò pensando che, finalmente, il suo amico era libero, e che il suo desiderio aveva raggiunto gli Angeli nel cielo.

Francesca Santucci
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