La Federazione nazionale delle donne cinesi sostiene che circa un quarto della popolazione femminile ha subito violenze in contesti familiari
È rivolta a fermare gli abusi fisici e psicologici la prima legge contro la violenza domestica. E, secondo quanto approfondito dall’agenzia cinese Xinhua, le vessazioni sono ora definite come «una ferita fisica o psicologica inferta da parenti, a partire da aggressioni, ingiurie, costrizioni o limiti forzati alla libertà fisica, ma anche ricorrenti minacce verbali e abusi».
La legge si rivolge anche alle coppie non sposate che convivono. Non riguarda, invece, le coppie omosessuali. Come riportato dal Guardian, Guo Linmao, membro della Commissione per gli affari legislativi, ha dichiarato in una conferenza stampa che «per quanto riguarda gli omosessuali, nel nostro Paese non abbiamo ancora riscontrato forme di violenza. Si può affermare quindi che per le coppie di fatto cui si fa riferimento nella proposta di legge non si intendono le coppie omosessuali».
Il disegno di legge prevede che, nel caso di permanenza di un pericolo immediato, entro 72 ore debba essere emesso da un tribunale un ordine di protezione personale. In casi di notevole gravità, i tempi si riducono a 24 ore. Se la vittima ha limitate capacità di presentare una denuncia, o nel caso in cui sia impedita dalla forza o da minacce, la denuncia dovrà essere effettuata dalla polizia, dai servizi sociali o dalle organizzazioni femminili.
Una proposta che tiene conto delle statistiche. Secondo la Federazione nazionale delle donne cinesi, un quarto della popolazione femminile ha subito violenza domestica. A fronte di un problema largamente diffuso, si ricevono solo 50mila denunce l’anno. Nel 88,3 per cento dei casi sono i mariti a maltrattare le mogli, nel 7,5 per cento i genitori i figli e nel 1,3 per cento, invece, sono i figli a maltrattare i genitori. Anche se la percentuale è probabilmente più alta nel caso in cui si prendano in considerazione le aree rurali del Paese, dove la cultura tradizionale è ancora molto forte e dove diminuiscono i casi di denuncia.
Anche se in Cina le relazioni domestiche sono considerate un affare privato, la sensibilità collettiva verso il tema della violenza sta cambiando. Un caso emblematico è stato quello di Li Yan, una giovane donna verso la quale la corte cinese ha sospeso la condanna a morte per l’assassinio del marito, dal quale era picchiata e umiliata. L’emissione della sentenza è valida per due anni. In base alla legge del Paese, se al termine del periodo commutato Li Yan non avrà commesso reati, la sospensione diventerà ergastolo. Una decisione che ha tenuto conto delle pressioni esercitate dalle organizzazioni della società civile rivolte alla tutela dei diritti delle donne. E che testimonia una propensione nuova, anche se non del tutto sufficiente, a reinterpretare la violenza. Dal punto di vista legislativo e del suo peso sociale. (Marta Facchini)
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