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 PAKISTAN L'ARMA DELLA BLASFEMIA "IN FAVORE" DELLE 
 SPOSE-BAMBINE

Blasfemia! Cosa non si fa in tuo nome… Cominciammo noi europei, la Francia del XIV secolo, per la precisione, Luigi IX che nella lotta agli eretici – ebrei e musulmani – punì con la morte l’attacco alla purezza della religione. Parigi, però fu anche la prima a disarmarla, eliminandola dalla legislazione con la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, nel 1789.
Il Pakistan, invece, ancora oggi la usa come arma, propria e impropria. C’è l’articolo 295c del Codice Penale che prevede l’ergastolo e la pena di morte per il vilipendio all’islam, al profeta Maometto e al Corano (per l’abolizione del quale è in atto una campagna, che non ha però troppe speranze). Ma c’è anche – e soprattutto – una classe di clerici che utilizza l’anatema della blasfemia sferrando fendenti in ogni direzione. Come quello – reale, realizzato con una falce – con cui il 15enne Anwar Alì, nel Punjab, s’è mozzato la mano erroneamente alzata in moschea alla domanda dell’imam su chi non amasse il Profeta: troppo forte la stigmatizzazione della sua guida spirituale.
L’accusa di blasfemia è invece stata appena rimossa nei confronti di YouTube: Islamabad ha riaperto le porte al sito di video di Google a condizione però che il colosso americano eliminasse i contenuti considerati, appunto, contrari al Libro Sacro. A controllare che i censori di YouTube facciano il loro lavoro sarà l’Autorità pachistana delle Telecomunicazioni. Una struttura politica e amministrativa, dunque.
Ben più drastico è l’atteggiamento di un’altra istituzione che fa della “blasfemia” uno dei suoi strumenti principali d’azione: il Consiglio dell’ideologia islamica, l’organismo che “consiglia” il governo a proposito della compatibilità delle leggi con la religione islamica. Proprio il Cii ha voluto ora opporsi al progetto di legge che andava a colpire il fenomeno delle spose bambine: con le nuove norme in discussione, le nozze sarebbero state vietate per chi ha meno di 18 anni (invece di 16) e le pene per i trasgressori aumentate a due anni di prigione (invece di un mese) e 100mila rupie (875 euro, prima erano solo 8).
Blasfemia!, ha però tuonato Maulvi Sherani, il capo del Consiglio, e così il Comitato per gli affari religiosi dell’Assemblea nazionale del Pakistan ha rigettato il progetto. Gli attivisti civili del Paese chiedono a gran voce la rimozione di Sherani: la legge sarebbe stata importante per limitare un fenomeno che, secondo l’Unicef, qui riguarda il 3% delle ragazze sotto i 15 anni e il 21 di quelle inferiori ai 18 (nella foto, la polizia salva una piccola coppia). Il Cii ha precisato che loro intenzione era solo di abolire le pene. E un portavoce, Inamullah, ad Al Jazeera ha precisato la sua idea: «Se i segni della pubertà sono visibili, un ragazzo può sposarsi già a 12 anni e una ragazza a 9. Se invece non vi fossero, l’età legale dovrebbe essere fissata a 15 anni». Questa sì dovrebbe essere considerata blasfemia.
Ora Sherani, 54 anni, considerato da molti il “campione” dell’anti-modernità in Pakistan, ha voluto scendere in campo: per chiedere di «riaprire il dibattito» sul tema della blasfemia per i casi punibili con la pena di morte, che andrebbero «valutati» di volta in volta. Sul tema delle “spose-bambine” Sherani non ha voluto svelare la sua posizione nel Consiglio, ma solo limitato a dire che secondo lui «dopo il raggiungimento della pubertà – “maturità” – l’individuo ha il diritto di rigettare l’unione». Ha poi aggiunto che molti dei problemi del Pakistan, inclusa la violenza contro le minoranze religiose, sono il risultato del fallimento del governo nell’essere «sufficientemente islamico» e al contrario «nel voler difendere gli interessi occidentali». (Edoardo Vigna)

http://globalist.corriere.it

(leggi anche) Mai più spose bambine – Facebook

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