(AGI) – Roma, 4 apr. – L’infibulazione in Italia si pratica, con molta frequenza, e costa anche poco. Il piu’ delle volte e’ “fai da te”, in casa: ci pensa la nonna o l’anziana che ricopre in famiglia il ruolo di infibulatrice ufficiale. Chi va dal medico, clandestinamente, paga in genere 500 euro. L’allarmante denuncia, emersa all’1° Congresso della Societa’ Italiana di Ginecologia e Ostetricia che si e’ svolto a Bologna nel settembre scorso, e’ stato del professore Aldo Morrone, Direttore della Medicina delle Migrazioni dell’Isstituto San Gallicano di Roma. Tante le infibulazioni inItalia, e non mancano i viaggi di ritorno al Paese di originedelle ragazzine, durante le vacanze scolastiche, proprio per sottoporle alla terribile mutilazione genitale. Chi ha i soldi parte dall’Italia e va in cliniche private specializzate in Siria e a Dubai. Per tutte le altre ad attenderle lo spettro di una pratica terribile attuata in condizioni igienico-sanitarie precarie. “E’ la nonna o comunque l’anziana della famiglia – spiego’ Morrone – colei che in Italia pratica l’infibulazione in famiglia alle bambine, tra i 4 e gli 8 anni. Non sappiamo l’esatto numero ma ci rendiamo conto che stanno
crescendo. In questo momento sono piu’ di duemila le bambine in Italia che corrono il rischio di essere sottoposte alla mutilazione. Ma sbaglia chi crede che questa terribile pratica avvenga solo tra le mura domestiche. Addirittura, fino a poco tempo fa, un medico a Roma la praticava quotidianamente, pur se in clandestinita’”. Davanti a questa drammatica realta’ si e’ corso ai ripari con una Legge votata all’unanimita’ in dicembre dal Parlamento. La legge prevede sanzioni per chi pratica una qualunque forma di mutilazione dei genitali femminili. Le pene vanno dai 6 ai 12 anni di reclusione e la radiazione per i medici e pesanti provvedimenti anche nei confronti delle strutture che ospitano questo intervento. La realta’ dell’infibulazione in Italia ha anche registrato un processo inverso e cioe’ la deinfibulazione: in cinque anni si sono avuti novanta casi a Firenze e 132 al San Gallicano di Roma. Si sottopongono alla deinfibulazione soprattutto donne del Corno d’Africa, in particolare dell’Etiopia e del Mali.

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