Conflitto Stato-mafia, la Consulta accoglie il ricorso di Napolitano:
L’Huffington Post
La Consulta, dopo circa quattro ore di camera di consiglio, ha deciso che la procura siciliana deve procedere alla distruzione delle intercettazioni che vedono coinvolto il presidente della Repubblica. Sulla questione, i giudici palermitani si sono sempre espressi a favore ma solo dopo un udienza tra le parti.
Messineo: “Aspettiamo di leggere il provvedimento”. Nessun commento, per il momento dal procuratore di Palermo Francesco Messineo. “Non credo che si debbano fare commenti allo Stato. Aspettiamo di leggere il provvedimento”.
All’una, dopo un’ora e quaranta, si era chiusa l’udienza pubblica in Corte Costituzionale.
Le posizioni
Il Quirinale. Il conflitto è stato “un passo obbligato” e “tuttora la situazione non è mutata e persiste l’omissione della richiesta al gip di distruzione delle intercettazioni”. Lo ha rilevato l’avvocato generale dello Stato Michele Giuseppe Dipace illustrando il motivo dei ricorso del Capo dello Stato intercettato in alcune sue conversazioni con l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, indagato nel processo di Palermo per la trattativa tra pezzi dello Stato e boss mafiosi dopo la stagione delle bombe del 1993.
“La Procura di Palermo ha trattato queste intercettazioni come normali intercettazioni, non ha tenuto presente il fatto che siano intercettazioni illegittime”, perché riguardano il Capo dello Stato e vietate dall’art. 90
della Costituzione e dalla legge collegata 219/1989. Lo ha sottolineato l’avvocato dello Stato Michele Dipace nell’udienza in Consulta sul conflitto Napolitano-pm di Palermo. E la collega Gabriella Palmieri ha sottolineato che per questa via si è “prodotto un vulnus nella riservatezza del Presidente”.
Sia Dipace che Palmieri hanno ricordato che, a loro giudizio, la procedura individuata dai magistrati di Palermo per le intercettazioni indirette che hanno coinvolto Giorgio Napolitano, ossia l’udienza stralcio di fronte al gip e alla presenza delle parti, “esponeva al rischio che quelle comunicazioni fossero rese pubbliche” violando “il principio della loro riservatezza”. Secondo l’avvocatura generale la strada per la distruzione delle registrazioni è indicata dall’art. 217 del codice di procedura penale sulle intercettazioni vietate, in base al quale “il giudice decide senza contraddittorio”, – hanno osservato i legati del Colle – con “l’obbligo che la loro distruzione debba avvenire senza possibile divulgazione” dei contenuti.
La Procura di Palermo. “Non è il caso attuale, è solo un’ipotesi, ma se venisse intercettata casualmente una conversazione del Capo dello Stato dalle quale si evince che sta ordendo un colpo di stato, la Procura cosa dovrebbe fare? Distruggere i file? Distruggere le intercettazioni?” E’ il quesito che Alessandro Pace, uno dei legali della Procura di Palermo nel conflitto d’attribuzione con il Quirinale, ha posto nel corso del suo intervento nell’udienza di fronte ai giudici costituzionali.
Un quesito al quale ne ha aggiunto un altro: “Il ricorso dell’avvocatura dello Stato – ha detto Pace – prospetta un surplus di garanzia per il Presidente della Repubblica legato alla sua carica, anche se l’Avvocatura non ha usato il termine surplus perché sarebbe stato un autogol”, ha aggiunto. “Ma bisogna chiedersi – ha sottolineato Pace – perché di questo surplus non debbano godere anche il presidente del Consiglio e i ministri, che rispetto al Capo dello Stato hanno poteri attivi.
E soprattutto: che conseguenze avrebbe per la nostra Repubblica se quest’ambito di garanzia aumentasse e si allargasse in questo modo? I magistrati dovrebbero astenersi da disporre intercettazioni a carico di moltissimi soggetti”.
“Una possibile soluzione lineare” del nodo intercettazioni sotteso al conflitto d’attribuzione tra il Presidente e la Procura di Palermo “potrebbe essere la richiesta dell’apposizione del segreto di stato da parte del Presidente della repubblica al Presidente del consiglio”. Lo ha detto in chiusura d’udienza l’avvocato Alessandro Pace che rappresenta la procura di Palermo. (Pubblicato: 04/12/2012)
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