Foto: promujer.org
Perché le donne sono considerate storicamente più affidabili degli uomini nel gestire un prestito? Per quale ragione gli istituti di microcredito piú tradizionali pullulano di clienti femminili e scarseggiano di “gruppi di credito” al maschile? Perché, ogni volta che visito delle comunità, i miei occhi sono abituati a ricevere gli onori di casa di tante madri di famiglia, e la presenza dei mariti risulta quantomeno inconsueta durante le loro riunioni?Una cosa è certa, lavorare nella microfinanza non solo ti immerge nelle teorie di inclusione finanziaria, ma, letteralmente, ti catapulta nell’universo della psicoanalisi femminile. Più umili sono i clienti serviti, più probabile sarà imbattersi in donne (e viceversa). Le stesse donne, madri, signore di casa, che sono al contempo microimprenditrici, titolari di negozietti di abbigliamento, venditrici ambulanti di bolones, o coltivatrici di cacao. Sono loro le candidate stellate, leader ideali su cui punta il mirino il microcredito. Ma come mai?
Le donne, nel sud del mondo, ma non solo, hanno da sempre vissuto una posizione subordinata nell’industria finanziaria, a causa di fattori penalizzanti di disuguaglianza e instabilità socio-economica. Il 70% dei poveri nel mondo è donna, e sono i soggetti più vulnerabili nelle economie a basso reddito. Lavorano nei settori informali, in condizioni spesso precarie, in assenza di benefit o ammortizzatori sociali, e trascorrono una parte significativa della giornata svolgendo lavoro non pagato. Vivono sulla loro pelle abusi e violenze (nella maggior parte dei casi impuniti), che hanno paura di denunciare. Soffrono di stress, si sentono emarginate dalla società e sono prede di strozzini e usurai. Se ad esso si aggiungono le influenze dei mariti, le restrizioni legali e una generale carenza di istruzione, il quadro è fedele quanto drammatico. D’altro canto se ne evince che le donne hanno un enorme peso come catalizzatrici di cambiamento sociale. E sono il principale motivo di successo della microfinanza moderna.
Il suo fondatore, Mohamed Yunus, ha avanzato cinque ragioni fondamentali, legate alla personalità femminile, sul perché si sono concentrati tanti sforzi sulle donne. Innanzitutto le donne hanno dimostrato di saper fare un uso più lungimirante dei microprestiti: rispetto ai colleghi uomini le donne reinvestono in media il 90% del proprio reddito nelle proprie famiglie o comunità d’appartenenza, gli uomini soltanto il 40%, e generalmente sperperano il resto. Le donne sono soggetti creditizi più affidabili: diversi studi hanno provato che, ceteris paribus, le donne hanno migliori record creditizi, e maggiori prestiti al gentil sesso sono associati a portafogli a rischio più bassi, minori incagli e accantonamenti. Sono anche un bacino di risorse professionali, ancora poco esplorato (pensiamo al Banlgadesh o all’India rurale). Inoltre, il diritto delle donne di accedere al capitale è tante volte violato per questioni culturali e ciò impedisce una lotta più efficace alla povertà. Infine, le donne a cui viene concesso un credito tendono ad assumere stili di vita più sani, che poi trasmettono ai figli. Ecco perché: “investi in una donna e trasformi una famiglia”.
D’altra parte Mary Ellen Iskenderian, Presidente di Women World Banking, aspira a servire quell’oltre un miliardo di donne che nel mondo non riescono nemmeno ad aprire un conto in banca: “non solo rappresentano una straordinaria opportunità di mercato, ma avrebbero un effetto moltiplicatore sulla crescita economica”. Spesso capita di soffermarsi sugli effetti positivi di un credito o un conto di risparmio, ma non si pensa che una malattia imprevista possa trascinare una persona alla rovina quando non si possiede un’assicurazione sanitaria. O che un semplice scippo ti possa mettere fuorigioco se non hai una polizza antifurto. Certi prodotti microfinanziari sono stati disegnati perché ancora più utili a una donna, attorno alla quale, si sa, germogliano i commerci del sud.
Ci sono istituzioni che sulla fiducia delle donne ci hanno letteralmente costruito la propria ragion d’essere. Pro Mujer è una delle reti di microfinanza più antiche e consolidate dell’America Latina, nata per soddisfare le esigenze di tante donne di buona volontà, dotate di spirito imprenditoriale e dimestichezza coi conti. Dalla sua fondazione, nel 1990 in Bolivia, Pro Mujer ha liberato il potenziale di oltre due milioni di donne, dei loro figli e familiari, elargendo più 3 miliardi di US$ in piccoli prestiti e fornendo servizi di salute e programmi di formazione su aspetti critici della loro vita. Pro Mujer è infatti un’istituto pioniere nell’offerta di servizi integrali, che non si esaurisce nel denaro ricevuto, ma combina, tra il resto, formazione e medicina preventiva. Mira a insegnare pratiche di vita salutare, tecniche efficaci di amministrazione dei loro negozi, sensibilizzare sull’importanza dei controlli medici e sulla riappropriazione del proprio ruolo di donne all’interno della società. Tutto questo in gruppi di donne autogestiti, che si riuniscono periodicamente, spesso nelle proprie case di quartiere. Col passare dei cicli da vicine di casa diventano amiche affiatate e creano un legame fiduciario che va ben oltre la responsabilità solidaria di un pagamento. Pro mujer vuole mettere le donne nelle condizioni di esprimere tutto il loro potenziale. Non a caso la maggior parte del personale interno è femminile e costituito da ex clienti. Nella regione, quella latina, con i più alti tassi di violenza di genere e la disuguaglianza di reddito più elevata al mondo, la scommessa si complica, ma permane l’urgenza.
La stessa urgenza che in queste settimane ha indotto la borsa di Singapore a quotare il primo social sustainability bond su un mercato di titoli finanziari. L’obiettivo è di accelerare l’espansione di credito ed educazione finanziaria alle donne del Sud-Est Asiatico, per mezzo di istituti di microfinanza e progetti sociali locali che ne suffragano le attività produttive. Il Women’s Livelihood Bond della Impact Investment Exchange (IIX) avrà un valore di 8 milioni di US$, con un ritorno quadriennale del 5,65%, garantito all’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAid). Si stima che più di 385 mila donne otterranno benefici da questo strumento. Gli incredibili prodigi della finanza; se solo si prestassero più spesso al lato oscuro della cravatta…
Dall’inglese empowerment si puó tradurre come affrancamento, emancipazione. È pur vero che tante donne, in Asia come in Africa, vivono in uno status di sudditanza per la quale si trovano obbligate a negoziare la propria affinità e il proprio ruolo all’interno di strutture familiare estesissime. E non sorprende che dietro ai loro prestiti si nascondano le scelte e il controllo di mariti e parenti maschili. Ma altrettante donne si oppongono, destinano i soldi ai propri progetti e finiscono per ottenere il loro rispetto, cosa meno immaginabile per vie alterne. Anche questo è il potere del credito nelle mani di una ragazza.
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