IMPERMANENZA
Di qua dalla cornice,
anche la polvere
ha il suo cielo egemone
prima che il tempo
la sradichi dal mondo
per una fuggevole
patria di stelle.
Iole Chessa Olivares, La buccia del grido, Lepisma, 2008, p. 15
Ancora una volta nella poesia di Iole Chessa Olivares assistiamo al dilaniarsi dell’uomo tra cielo e terra: polvere, mondo, patria e tempo rimandano alla regno di quaggiù; cielo e stelle a quello di lassù.
L’uomo è polvere e sarà presto sradicato da questo mondo dal breve tempo che gli è dato, tempo che tra-scorre inesorabile. L’impermanenza ci insegna soprattutto a guardare le cose e le situazioni così come sono, senza sviluppare sentimenti di attaccamento o di avversione. Noi soffriamo perché non riusciamo ad accettare che le cose cambino.
Il termine “polvere” è il centro della lirica e la metafora non è certo nuova: Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris.
APPARIZIONE
Se l’uomo è polvere
uomini sono quelli
che attraversano la pianura.
Questi bei versi di Octavio Paz (1914-1998) ci ricordano che anche per Iole appunto l’uomo – una breve ap-parizione e permanenza, avvolte nel mistero e nell’insicurezza – è polvere ed è colui che attraversa la pianura – la vita – con consapevolezza e determinazione. Ma aspira al cielo – anche la polvere / ha il suo cielo egemone – ed è capace di trasformare, trasfigurare la propria umanità in vertiginosa altezza: polvere di stelle. Le stelle manifestano la luce lontana ed eterna nell’infinito della notte (la morte). Sempre presenti nel cielo, al contrario del sole e dei pianeti, le stelle simboleggiano la speranza.
Fausta Genziana Le Piane
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