“Ippopotami” è il titolo di una canzone di Roberto Vecchioni, “Rinoceronti” è il titolo di un’opera teatrale di Ionesco. Il cantautore milanese prende di mira la borghesia con le sue routines e l’autore rumeno esprime nella sua “commedia” il timore dell’uniformità.
Mai più di oggi questo timore è fondato. Uniformità di abbigliamento, uniformità di “non-pensiero”, uniformità di comportamento. Dalla parte opposta si collocano l’eccentricità e l’ostentazione.
E’ così difficile pensare con la propria testa senza essere od apparire pericolosi, vestirsi come detta il gusto personale, senza preoccuparsi di sconvolgere chi guarda, esprimere le proprie idee dopo un esame attento dei fatti, cercare di capire il prossimo senza giudicarlo?
C’è di più. Si va a caccia di idee, si “rubano idee”, si “fa i furbi” per “restare a galla”, perché sono venute meno la fantasia e la curiosità viva nei confronti di ciò che merita la nostra attenzione.
Che cosa merita la nostra attenzione?
Il dolore -quello vero- in tutte le sue forme e le grandi conquiste del sapere. Il resto è decorativo, quando non è futile.
Antonia Chimenti
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