da Osservatorio Iraq

La disoccupazione è cresciuta in maniera costante dopo l’occupazione Usa e le prime vittime sono state le donne. Complice la discriminazione di genere, molte ragazze – anche se ben istruite – sono state costrette ad accettare i lavori considerati più degradanti. Nell’Iraq di oggi non è raro incontrare medici che lavorano come parrucchiere, dentiste che fanno le cuoche e ingegnere impiegate nelle lavanderie a gettone

Irin – Reuters, 25 luglio 2006

Baghdad – Najla Muhammad è una biologa di 34 anni, che si è laureata in una delle migliori università della capitale. Ma la crescente disoccupazione l’ha obbligata a cercare un lavoro come domestica, in modo da poter sostenere la propria famiglia.
“Non ho avuto scelta. Se non avessi trovato un lavoro migliore, la mia famiglia sarebbe morta di fame”, dice Najla. “Per anni ho lavorato in un laboratorio di ricerca a Baghdad, che però non era in grado di pagare tutti i suoi impiegati. Ero rimasta con tre bambini e una madre di cui prendermi cura”.
Adesso Najla per sopravvivere lavora come domestica, guadagnando tra i 100 e i 120 dollari al mese (80/95 euro, ndr). Nel frattempo suo marito ha una laurea in economia, ma è disoccupato da quasi un anno e ha poche prospettive di lavoro.
I dati sulla disoccupazione nazionale sono cresciuti in maniera costante dopo l’invasione del Paese da parte delle truppe guidate dagli Stati Uniti, tre anni fa. Le Ong locali sostengono che questo ha portato un numero crescente di donne dotate di istruzione superiore a cercare lavoro come collaboratrici domestiche.
“In molti casi, cercano lavoro come governanti”, spiega Mayada Zuhair, vice presidente della Women’s Rights Association of Iraq. “Ma ti può capitare anche di trovare medici che lavorano come parrucchiere, dentiste che fanno le cuoche e ingegneri impiegate nelle lavanderie a gettone. Sono disperate e, vista la crescente povertà, la situazione potrebbe diventare molto peggiore”.

Lo stato della disoccupazione
Attualmente risulta disoccupata oltre la metà della popolazione irachena, di cui le donne rappresentano circa il 60 per cento. “Per le donne, il dato sulla disoccupazione è quasi del 70 per cento, che vuol dire che molte di loro sono costrette a cercare lavori umili” dice Zuhair.
Stabilire dei dati precisi sulla disoccupazione non è facile. Nel 2005, il ministero della Pianificazione aveva parlato di 30 per cento, mentre il ministero del Lavoro e degli Affari sociali aveva fatto una stima del 48. Secondo il rapporto 2005 per l’Iraq del Brookings Institute di Washington, il dato varia tra il 28 e il 40 per cento.
“Sono stata alla ricerca di un’occupazione da quando ho perso il mio lavoro precedente nel 2003, e alla fine ho deciso di lavorare come domestica”, racconta Suha Abdel Kareem, ingegnere 30enne di Baghdad. “Da quel momento, mi sono messa a pulire le stanze e a lavare vestiti – nonostante avessi studiato per quattro anni per diventare un ingegnere. Ma, dopo che sono diventata vedova, ho dovuto prendermi cura dei miei bambini”.
Mentre i funzionari governativi sostengono che si tratti di un problema diffuso, alcuni attivisti insistono nel dire che la discriminazione di genere ha reso la situazione particolarmente difficile per le donne. “Se si tratta di scegliere tra un uomo e una donna, viene scelto l’uomo, specialmente per quanto riguarda le posizioni di rilievo” afferma la politica e attivista Maysoon al Damaluji. “Se ci fossero state quote di ingresso e la discriminazione di genere fosse stata illegale, probabilmente oggi meno donne sarebbero disoccupate”.

Condizioni umilianti
Molte donne si lamentano anche per il fatto che molti lavori possono essere degradanti, specialmente per chi possiede una laurea. “Ero costretta a fare cose che non avrei mai immaginato, come pulire il vomito o la pipì dei bambini”, racconta Hiba Jumeili, architetto 28enne che lavora come domestica. “E se mi fossi rifiutata, il mio datore di lavoro mi avrebbe cacciato. Così sono semplicemente rimasta zitta e l’ho fatto perché i miei bambini hanno bisogno di cibo”.
In alcuni casi, le donne dotate di istruzione superiore hanno reagito in maniera aggressiva quando il loro principale gli ha chiesto di fare qualcosa che è considerato umiliante. “Per loro è dura lavorare come governanti dopo anni di studio” dice Zuhair. “Qualche volta non riescono ad accettare di essere maltrattate”.
Secondo Jenan Mubarak, direttore dell’Iraqi Centre for Women’s Rehabilitation and Employment, “le discriminazioni e le molestie ” sono all’ordine del giorno per molte delle donne che hanno un lavoro come governanti.
A peggiorare le cose c’è il fatto che l’esperienza di fare un lavoro domestico è particolarmente penosa per le donne di un certo ceto, perché dagli altri viene tradizionalmente malvista. “Molti dei miei amici mi trattano in modo differente perché sto lavorando come domestica” racconta Jumeili. “Qualcuno ha smesso di venire a trovarmi, perché non faccio più parte del loro stesso grado sociale”.

(Traduzione di Carlo M. Miele)

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