(AGI) – CdV, 30 set. – Su 60 milioni di nostri connazionali che vivono all’estero sono poco meno di 4 milioni quelli che hannovoluto mantenere la cittadinanza e si sono iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’Estero, di essi il 54 per cento, pari a circa 2.013.000 persone, e’ costituita da giovani al di sotto dei 35 anni. Di questi, 3 su 10 sono minorenni, oltre 2 su 5 hanno un’eta’ compresa tra i 18 e i 24 anni e piu’ di un quarto appartiene alla fascia d’eta’ tra i 25 e i 34 anni. La maggior parte di questi giovani e’ concentrata in Europa(1,2 milioni, pari al 60,6 per cento del totale, all’incirca 3 su 5), un continente non solo piu’ vicino ma anche piu’ affine culturalmente: e’ qui che i giovani studiosi, i lavoratori e i professionisti trovano maggiori opportunita’ di formazione e di avviamento occupazionale, grazie anche al supporto di specifici programmi di ricerca e di scambio in ambito comunitario. I dati sono contenuti nella Rapporto “Italiani nel mondo” promosso da due organismi della Chiesa Italiana, la Fondazione Migrantes e la Caritas, e presentato oggi a Roma al Palazzo del
Lavoro. I numeri smentiscono l’idea che l’immigrazione italiana sia fatta prevalentemente di anziani, sebbene essi ne rappresentino una parte cospicua, quasi un quinto: sono 687.423 gli over 65 anni, dei quali 343.250 sono donne. Dal Rapporto emerge pero’ che a tutte le eta’ sono proprio le emigrate a pagare il prezzo piu’ alto alla loro condizione. Ad esempio, anche se “le donne italiane laureate che si recano all’estero sono tanto numerose quanto gli uomini la loro situazione e’ sensibilmente peggiore perche’ sono sottorappresentate a livello dirigenziale e percepiscono retribuzioni inferiori, anche se comunque piu’ soddisfacenti rispetto agli standard italiani”.
Non mancano ovviamente i casi di donne italiane che hanno avuto successo: il Rapporto cita Fiammetta Jahreiss-Montagnani che nel mese di maggio 2008 e’ stata eletta presidente del Consiglio comunale di Zurigo, divenendo cosi’ la prima immigrata non di madrelingua tedesca alla quale e’ stata conferita la carica cittadina piu’ alta. Ovviamente sono molti di piu’ gli emigrati che hanno conquistato posti di rilievo negli altri Paesi. “Ma in emigrazione – spiega il direttore della Fondazione MIgrantes, mons. Giorgio Saviola – bisogna far riferimento anche alla schiera di italiani che compiono onestamente e con impegno il loro lavoro, come possono attestare i patronati, le associazioni, Comites e i Consolati: gente comune della quale difficilmente si conoscera’ il nome. I due livelli non sono sconnessi perche’ i casi di successo nascono proprio in questo humus favorevole, che e’ per l’Italia un motivo di orgoglio”. In generale comunque sono riusciti a migliorare la loro situazione, hanno la casa di proprieta’ (e non pochi una seconda casa in Italia), trascorrono parte delle vacanze in Italia (o amerebbero farlo se non fossero d’ostacolo i costi elevati dei viaggi transoceanici), rimangono religiosi anche se man mano tendono a frequentare la chiesa locale piu’ della missione cattolica italiana. Tra i motivi di frustrazione il principale e’ per alcuni il distacco tra la realta’ che si e’ potuto costruire e le aspettative che si avevano. Inoltre, “l’ipotesi di un rientro diventa sempre meno probabile, sia per le donne che per gli uomini: a 5 anni dalla laurea sono 52 su 100 i laureati occupati all’estero che considerano molto improbabile il loro ritorno. Ritorna cosi’ il tema della ‘perdita dei cervelli’, dovuta al fatto che l’Italia, a seguito di carenze ben note, non e’ in grado di esercitare una forte attrattiva per il loro ritorno, ne’ di utilizzare a un livello piu’ elevato i laureati italiani e gli immigrati presenti sul suo territorio.
Il totale degli iscritti all’Aire per nascita (1.280.065) attesta che il fatto di essere legati all’Italia senza essere nati sul suo territorio e’ una condizione piuttosto diffusa che riguarda un italiano all’estero su 3 e comporta, percio’ stesso, una diversa maniera di intessere i rapporti tra madrepatria e diaspora, necessaria specialmente nel caso dei giovani. I connazionali all’estero leggono anche i giornali italiani, guardano i programmi della RAI e sentono l’Italia vicina, ma mai in misura uniforme e del tutto totalizzante. Presenza italiana all’estero significa, inoltre, anche corsi di lingua e cultura: ne sono stati promossi 34.689 dal Ministero degli Affari Esteri nell’anno scolastico 2006/2007, per un totale di poco meno di 650 mila iscritti, mentre la Societa’ Dante Alighieri concorre con 400 Comitati nazionali ed esteri, centri di assistenza culturale, biblioteche e sale di letture, trasmissioni radiotelevisive, superando da sola i 200.000 studenti. Un certo attaccamento al proprio paese e’ dimostrato anche dal grado di partecipazione alle ultime elezioni come anche dall’iscrizione all’Aire, personale o dei propri figli, tuttavia secondo livelli differenziati a seconda del luogo di inserimento e dell’anzianita’ migratoria. Gli italiani continuano ad essere un prolungamento della realta’ italiana, ma in maniera diversa rispetta al passato e questo vale soprattutto per gli italiani nati all’estero: in media 24 mila ogni anno (1 ogni 20 nascite registrate in Italia), per lo piu’ di origine meridionale da parte dei loro genitori (55 per cento): secondo Migrantes e Caritas per essi e’ indispensabile mettere a punto nuovi parametri di intervento, facendo fronte a una sfida molto impegnativa, come e’ stato avvertito con la programmazione di un’apposita Conferenza Mondiale (dicembre 2008).-
“La Chiesa – afferma il Rapporto – si occupa del settore non solo per garantire l’assistenza spirituale, da assicurare attraverso le Missioni cattoliche italiane e il collegamento con le strutture diocesane locali, ma anche per il significato stesso dell’emigrazione. Per questo motivo la Chiesa raccomanda un atteggiamento di disponibilita’ e solidarieta’ nei confronti di tutte le persone coinvolte nella mobilita’, non solo gli italiani che vanno all’estero ma anche gli stranieri che vengono in Italia. “Emigrazione e immigrazione – conclude il Rapporto – fanno parte dello stesso pacchetto e in entrambi i casi l’integrazione e’ un obiettivo irrinunciabile. Emigrazione e immigrazione sono anche un indispensabile supporto per il futuro dell’Italia in un mondo globalizzato. Gli italiani, che vivono direttamente nei paesi esteri, e gli immigrati, che hanno i loro parenti e le loro conoscenze nei paesi di origine, possono essere valorizzati come una vera e propria rete in grado di aiutare l’Italia sulle vie del progresso economico e del commercio mondiale.
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