Una mostra alle Terme di Diocleziano (fino al 17 gennaio 2017) celebra uno tra i maggiori protagonisti della storia dell’arte del XX secolo, esponente del movimento Dada di cui ricorre quest’anno il centenario della fondazione nel 1916.
di Mariasole Garacci
Le colline intorno a Verdun sono ancora oggi segnate dai crateri scavati dalle granate tedesche durante la Grande Guerra, nella spaventosa, infinita battaglia iniziata il 21 febbraio del 1916 e conclusa il 19 dicembre dello stesso anno. In primavera, quando gli alberi che vi sono stati piantati dopo la pace tornano verdi e sui campi cresce un’erba tenera, i crateri si riempiono di leggera acqua piovana e sembrano laghetti. Ma prima del rimboscamento e della bonifica, questo sembrava un paesaggio lunare o post-atomico. Per anni, i contadini che tentavano di tornare a coltivare quei terreni sono saltati in aria sulle mine inesplose, e la terra è rimasta infertile e avvelenata dal gas e dalle tonnellate di ferro scaricate dal cielo. In nove mesi di battaglia, morirono a Verdun circa settecentomila soldati francesi e tedeschi. Tra questi Franz Marc, artista tra i più rappresentativi dell’espressionismo europeo, che con Vasilij Kandinskij aveva fondato, nel 1911, Der Blaue Reiter, di cui fece parte Jean Arp.
E’ una memoria significativa perché, mentre quest’anno ricorre il centesimo anniversario della gigantesca carneficina (celebrato da Merkel e Hollande con una targa commemorativa), e Verdun diventa il set del nuovo gioco di Play Station 4, ricorre anche il centesimo anniversario della nascita di Dada, movimento fondato nel 1916 a Zurigo, dove nel pieno della guerra avevano trovato temporaneo rifugio molti artisti ed intellettuali europei tra cui Tristan Tzara, Marcel Janco, Richard Huelsenbeck, Hans Richter e lo stesso Jean Arp. Il 5 febbraio di quell’anno veniva inaugurato in questa città il leggendario Cabaret Voltaire, dove ebbe luogo la prima serata pubblica di Dada e Hugo Ball lesse il manifesto del movimento (nel 1918 riscritto da Tristan Tzara con alcune modifiche). A Zurigo Arp aveva conosciuto, l’anno precedente, Sophie Taeuber, adorata compagna di arte e di vita, che nelle folli serate del Cabinet Voltaire intervenne come scenografa, performer e marionettista, e che fu una figura fondamentale nella ricerca artistica del marito.
Hans (o Jean) Arp, alsaziano bilingue, partecipò a molte delle avanguardie artistiche europee che nel primo ventennio del secolo scorso, in rapida successione, presero vita e si esaurirono per dissidi interni o perché travolte dalla guerra e dai nascenti totalitarismi europei. Raggruppamenti e dichiarazioni di intenti effimeri nelle loro manifestazioni immediate, ma espressione di una ricerca estremamente vitale e di inesauribile portata fino a tutt’oggi, attraverso i quali Arp mantenne sempre una pacifica e coerente autonomia individuale, mai intaccata dalle appassionanti e talvolta violente polemiche che li caratterizzavano e opponevano. Amico di Max Ernst, Sonia e Robert Delaunay, Kurt Schwitters, Alberto Magnelli, Joan Mirò, Paul Klee, partecipò a Der Blaue Reiter a Monaco, al periodico Der Sturm, poi ai gruppi Dada di Zurigo e di Colonia, a Cercle et Carré, ad Abstraction-Création, e al surrealismo di André Breton nato all’inizio degli anni ‘20 dalle ceneri di Dada.
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