John Stuart Mill, filosofo ed economista inglese (Londra 1806-Avignone 1873). Rigidamente educato dal padre, James, secondo i principi benthamiani e liberisti classici, è uno dei pensatori più rappresentativi del positivismo e dell’economia del sec. XIX. Dal 1823 al 1858 fu impiegato alla East India Company e fu eletto deputato al Parlamento per due legislature. In filosofia, influenzato da J. Bentham, si indirizzò verso l’utilitarismo e il radicalismo filosofico-politico. Conobbe, quindi, l’opera di Saint-Simon e Comte, da cui mutuò la concezione di un’alternanza di periodi critici e periodi organici nella società; rifiutò peraltro le estreme conseguenze del positivismo comtiano, che criticò nel suo August Comte and Positivism (1865). Gli elementi empiristici, utilitaristici e positivistici della filosofia di Mill emergono pienamente nel vasto System of Logic, Ratiocinative and Inductive (1843), in cui cercò di liberare l’empirismo dagli esiti scettici della tradizione humiana e di farne fondamento di un sistema conoscitivo adattabile alle esigenze della scienza. Dal riesame della logica, Mill trasse originali conclusioni circa il metodo delle scienze morali, alla cui arretratezza si può ovviare solo con l’uso dei metodi delle scienze fisiche. È a tal fine necessario impiantare la conoscenza del mondo morale su una rigorosa conoscenza dei moventi dell’uomo. Da qui il rilievo che assumono per Mill la psicologia, l’etnologia e la sociologia, scienze delle quali egli è tra i principali fondatori. L’etica utilitaristica di Mill si fonda sul principio della massima felicità. Continuatore anche in questo campo del Bentham, Mill pone alla base dell’etica la scala di valori fissata dall’individuo, la cui autonomia egli difende contro la minaccia della nascente civiltà di massa. Ineconomia, considerato tradizionalmente come l’ultimo grande economista della scuola classica, Mill, benché in essa educato e a essa intellettualmente legato, se ne allontanò in parte contaminandola con elementi socialisteggianti e soprattutto sansimoniani. Definito da Schumpeter un socialista riformista, egli sostiene l’esistenza di leggi naturali immutabili solo nel mondo della produzione, il fenomeno della distribuzione essendo regolato dalle istituzioni sociali, relative e pertanto modificabili. La sua opera fondamentale, Principles of Political Economy with Some of Their Applications to Social Philosophy (1848; Principi di economia politica con alcune applicazioni alla filosofia sociale), rimase per decenni il più autorevole testo delle università inglesi. Ricardiano nella teoria del valore e della rendita, aderì alla dottrina del fondo-salari e ritenne profitto e interesse il reddito del capitale. Fu anche fra i primi studiosi del ciclo economico e soprattutto contribuì in misura apprezzabile allo sviluppo della teoria del commercio internazionale. Altra opera di rilievo sono gli Essays on Some Unsettled Questions of Political Economy (1844; Saggi su alcune questioni controverse di economia politica), dove trattò della natura e del metodo dell’economia. In campo politico, Mill fu sostenitore di un liberalismo moderato dall’accettazione di alcuni principi delle nuove tendenze democratiche. Sostenne inoltre l’emancipazione della donna e la limitazione delle nascite. Tra i suoi saggi politici: On Liberty (1859), Considerations on Representative Government (1861; Considerazioni sul governo rappresentativo), Subjection of Women (1869; La soggezione delle donne).

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