Stefano Liberti, giornalista

afgh1601 1 - LA 
 BATTAGLIA DELLE DONNE AFGANE CONTRO I MATRIMONI FORZATI

Abida ha quattordici anni e un figlio neonato di cui non sa più nulla. Avvolta in un vestito ornato di lustrini, lo sguardo assente che ogni tanto si accende in lampi improvvisi, sembra vivere in un mondo tutto suo. Parla poco, e quando lo fa si perde in labirinti di frasi sconnesse. Riesce solo a dire, in un raro momento di lucidità riferendosi al figlio che ha dato alla luce: “Non sono in grado di occuparmi di me stessa, figuriamoci di qualcun altro”.
Abida è una sposa bambina. Consegnata dal padre a un signore di 50 anni più vecchio di lei quando aveva appena 11 anni, un anno e mezzo dopo è rimasta incinta. La gravidanza e il parto le hanno causato visibili danni psicologici: quasi a volersi riappropriare di quell’infanzia che le è stata sottratta, ha cominciato a comportarsi come una bimba piccola, agitandosi, strillando senza motivo, scalciando contro chiunque si avvicinasse.
Dopo il tracollo psicologico, il marito ha affidato il neonato a un’altra moglie, ha cacciato di casa Abida e l’ha rispedita dalla madre, che è andata a vivere a Herat nell’abitazione di un fratello. Oggi le due donne sono lì, senza mezzi di sostentamento, sopportate a malapena dal familiare. “Ci ha messo in una stanza e ci dà qualcosa da mangiare”, dice la signora. “Ma non permette ad Abida di interagire con il resto della famiglia”.

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