di Cristiana Bullita

cb05 - LA 
 BUONA SCUOLA E LE COLPE DEI DOCENTI

Tra il 1857 e il 1858 si ribellarono in India i sepoy, soldati reclutati dagli inglesi tra la popolazione locale, sia indù, sia musulmana. Quando venne loro imposto di mordere le cartucce delle nuove carabine Enfield per estrarle dal loro involucro prima d’inserirle nell’arma, essi si sollevarono con disgusto e rabbia: le cartucce erano infatti state impregnate di grasso bovino o suino e le consuetudini religiose dei due gruppi non consentivano di portarle alla bocca. Prescrivendo quella pratica i colonizzatori manifestavano un assoluto disprezzo per le culture e per le tradizioni locali.

Quando il PD ha varato la Buona Scuola il sentire diffuso tra i docenti era quello dei sepoy. Quasi tutti esprimevamo ripugnanza e stizza per quanto ci veniva imposto: una poltiglia di bisogni professionali, economici e formativi impunemente ignorati, di sfruttamento del lavoro e d’inquinamento pedagogico finalizzato al mercato, di svilimento della didattica curricolare, di abuso di potere di dirigenti e di burocrati ministeriali, di lotte tra poveri. Si avvertiva inoltre quanto chi c’imponeva quei cambiamenti, chiamati con evidente boria “riforma” (ma le riforme devono essere migliorative, sennò che riforme sono?), manifestasse una totale e offensiva estraneità alle reali problematiche del mondo della scuola e un’imperdonabile indifferenza ai princìpi ideali e deontologici dei docenti. Le analogie tra la grandiosa rivolta dei sepoy e quella degli insegnanti italiani alla Buona Scuola renziana si limitano purtroppo ai sentimenti innescati. Per essere precisi, l’opposizione della gran parte dei docenti è iniziata e si è conclusa il 5 maggio 2015, giornata memorabile di chiusura di tutte le scuole del Paese sull’onda di un dissenso trasversale a quella che poi è diventata la legge 107, imposta dal Governo con il ricatto della fiducia al Parlamento e a tutto il personale della scuola, agli alunni e alle famiglie, cioè a cittadini di uno Stato democratico forniti di diritto di voto (quanti gomiti piddini saranno stati tardivamente addentati il 4 marzo scorso…). Dopo quella gloriosa giornata di maggio però la protesta è mestamente rifluita e la gran parte dei docenti ha accettato le novità, non sempre a capo chino: c’è pure chi le ha cavalcate trionfalmente brigando per aggiudicarsi una quota sostanziale del bonus di merito. La maggior parte di quelli che pure il colpo l’hanno accusato continua il proprio lavoro come nulla fosse, anzi spesso anticipa e supera, con zelo da neofita, le direttive dirigenziali – non sempre legittime – tese all’applicazione della nuova legge. Le cartucce non sono state solo addentate ma addirittura ingoiate con tutto l’involucro e, come c’era da aspettarsi, risultano indigeste. Adesso una eruttazione prolungata e tonante agita la scuola italiana, che vacilla e trema per l’onda d’urto di lagnanze, mortificazioni, frustrazione, penosa resa. Lega e M5S avevano entrambi inserito nei rispettivi programmi una revisione della legge 107, ora banco di prova cruciale della sincerità delle loro intenzioni. Forse la complessità dello scenario politico attuale, con le probabili ma imprevedibili alleanze dei prossimi giorni o mesi, consentirà di fatto ad entrambe le forze politiche di addurre superiori impedimenti all’attuazione di questo punto dei rispettivi programmi. E noi continueremo, sconfortati e impotenti, ad assistere al triste spettacolo di una scuola snaturata e sempre più inutile.

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