Le idee devono avere libera circolazione: è un nostro dirittodovere. La libertà di cui possiamo godere ci permette di seguire il nostro naturale impulso a condividere emozioni, sentimenti e a confrontare le nostre opinioni, per raggiungere insieme un traguardo che ci avvicini il più possibile a ciò che è più giusto e più buono. Gli scrittori hanno una grande responsabilità nel mettere in circolazione messaggi chiari, comprensibili e veritieri. Anche la ricerca letteraria, se si vuole, può essere condivisa col maggior numero di persone. Più si eleva il livello culturale degli esseri umani e più si auspica che il livello qualitativo della vita collettiva migliori. La circolazione delle idee, tuttavia, deve seguire regole ben precise; ci sono diritti sacrosanti che vanno rispettati. Nessuno è autorizzato ad appropriarsi degli scritti di un’altra persona e, comunque, esistono leggi che tutelano l’appartenenza di un’opera a chi l’ha prodotta.
Mi è recentemente capitato un episodio increscioso. La mia analisi dell’ultimo libro di Albert Camus, “Il primo uomo“, pubblicata in versione francese anche su questo sito nel mese di gennaio, è stata messa a disposizione del sito web specifico, dedicato all’autore algerino. Il mio saggio era tuttavia seguito dall’indicazione di una condizione che io ponevo, riguardante la sua utilizzazione. Dichiarai infatti che il mio scritto era interamente utilizzabile, purchè si menzionasse il mio nome. Ora succede che l’opera è apparsa su un sito diverso, dopo la chiusura del sito specifico, ma non risulta affatto l’indicazione del mio nome, in calce all’opera; come se non bastasse, la comunicazione che aveva preceduto la pubblicazione dell’articolo in linea è stata falcidiata in modo che risultano stralci di frasi, dialoghi dimezzati e, quel che è peggio, con un’ambiguità che potrebbe far attribuire l’opera ad un altro autore.
Non ho timore, perché la mia passione per questo autore credo di averla propagata ai quattro venti, da sempre, fin da quel lontano 1989, anno in cui cominciai ad occuparmi di Albert Camus su un piano critico, ufficialmente, ma anche prima, quando questo autore accompagnava le mie cogitazioni e sapeva dare risposte rasserenanti e luminose alle mie giovanili domande sulla vita. Desidero solamente condividere in questa sede una sensazione di malessere, che considero momentanea, e, comunque, non tale da farmi interrompere un percorso spirituale ed intellettuale, che nessuna nuvola plumbea arresterà.
Antonia Chimenti, Toronto 29 giugno 2006
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