di Nunzia Barzan
Molti aspetti della guerra in Iraq sono imprevedibili.
Ci sentiamo di dire soltanto una cosa certa:
la vulnerabilità della popolazione civile.
Circa il 60% della popolazione, cioè 16 milioni di persone, dipende completamente dal governo centrale per i bisogni di base e sopravvive soltanto grazie alle razioni di cibo fornite dalle autorità.
Dopo due guerre, decenni di cattiva amministrazione e dodici anni di sanzioni, il Paese è allo stremo; il presidente francese insiste perché gli ispettori proseguano il loro lavoro in Iraq; al Palazzo di Vetro, Washington spera nelle astensioni di Cina, Francia e Russia ed esorta di nuovo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad una decisione immediata per guidare, poi, una coalizione internazionale contro il regime iracheno che a loro dire non disarma.
La Corea del Nord ammonisce, invece, di voler risolvere pacificamente la crisi nucleare. Ma avverte: sono gli Stati Uniti ad aver rafforzato i dispositivi militari dichiarando, così, l’intenzione di una guerra.
Intanto, ma anche questo è noto, l’effetto dell’ultimatum di Bush all’Iraq fa salire alle stelle il petrolio mai così caro da due anni (con 32 dollari non è più possibile comprare un barile).
E mentre percorriamo le vie di Cosenza per manifestare contro la brutalità e l’ingiustizia della guerra, riflettiamo ad alta voce sul fatto che la Gran Bretagna abbia inviato 40 mila soldati nel Golfo; Il contingente impegnato nella guerra contro l’Iraq è più numeroso del previsto. Nel Golfo saranno inviati un centinaio di aerei e oltre 40 mila soldati.
Deve esistere un’alternativa alla guerra, all’utilizzo della forza come risoluzione, che possa rimettere in discussione il conflitto.
Non dobbiamo scegliere tra “allarme arancione” e disarmo effettivo delle armi letali di massa, o tra lotta contro il terrorismo e popolazione civile,ma vorremmo scegliere tra prevenzione dei conflitti e azioni congiunte in materia di disarmo, tra assistenza militare e cooperazione politica e giudiziaria, tra operazioni di stabilità per la fine dei conflitti e cooperazione più stretta fra gli Stati.
Lavoriamoci, come squadra, come donne
Nunzia Barzan
Castrolibero lì 8 febbraio ’03
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